QUELLO SPECIALE PER LE TERME
Aldo Maturo
27 marzo
2011
Arrivava
tutte le mattine verso le 9 lo “speciale” per le terme. Era il treno dei
bagnanti che partiva dalla stazione e, dopo circa un chilometro, si fermava
davanti alle terme, dove sostava per qualche ora coprendo con i suoi vagoni il
giardino del Ristorante Pagliarella. Dalla stazione al quadrivio i binari
seguivano un percorso interno che costeggiava le vecchie palazzine ferrovieri,
passava dietro la casa di Tommaso Fasano, superava la Seneta, proseguiva
lambendo il retro della casa di Riccardo Affinito e attraversava il quadrivio a
raso. Poi sotto casa mia, quella di Vallone e giù giù fino alle terme,
pronto a ripartire dopo il tempo necessario per assicurare un bagno in vasca
o un aerosol.
Come ogni
treno che si rispetta aveva la sua locomotiva, i vagoni di 3^ classe con
i sedili in legno, le traversine piene di erbacce e i passaggi a livello. Negli
ultimi 400 metri ce ne era uno al quadrivio, uno davanti casa mia ed uno
davanti a casa Vallone. Si chiudevano o riaprivano dopo il tradizionale din din
din che preavvertiva i pedoni e le poche auto. I binari dal quadrivio
alle terme correvano paralleli al vecchio viale Minieri i cui platani, d’estate,
creavano un lungo e riposante tunnel di verde dalla stazione alle terme, quasi
un omaggio al turista che arrivava o ripartiva, icona storica delle cartoline
del tempo. Al di là dei platani secolari, avanzava, traversina dopo traversina,
“lo speciale”, pieno di umanità scamiciata e sudata. Ancor prima che il treno
si fermasse alle barriere davanti al bar Orfitelli e proprio perché avanzava
lentamente nel suo viaggio in centro abitato, si assisteva al rito giornaliero
della corsa dei bagnanti, momento di massimo divertimento per i bambini del
circondario, già incantati da questo mostro che invadeva i loro spazi.
C’era sempre qualche uomo più frettoloso che apriva le porte e scendeva al
volo, subito imitato da altri. Pochi passi per riprendersi dall’incertezza
della repentina discesa e poi la corsa ridicola verso il cancello
delle terme. Una mini maratona giornaliera di donne, uomini, bambini, borsoni e
seni ondeggianti, tutti desiderosi di assicurarsi per primi l’accesso ai
camerini impregnati di zolfo. Si, perché i “bagnanti” pendolari erano quasi
tutti clienti dei “bagni caldi”, dove bagnini storici li aspettavano per
riempire e svuotare le vasche da bagno. Ci si restava immersi circa 20 minuti
in un’acqua di 37 e più gradi riscaldata da soffioni che ribollivano l’acqua
attraversandone il fondo con una scia azzurra. Dopo il bagno c’era
l’attesa della ripartenza dello “speciale”. Una passeggiata nel parco, una
sosta sulle panchine con il fazzoletto attorno al collo sudato, una bottiglia
riempita alla fonte, qualche taralluccio e molto più spesso la colazione
portata da casa. All’una tutti sul treno verso la via del ritorno, segnato
dall’immancabile fischio prolungato. Era il mondo dei bagnanti pendolari, gente
semplice che da giugno a settembre riempiva le terme. Li si aspettava con ansia
tutti gli anni anche se ai telesini lasciavano solo qualche cartaccia a segno
del loro passaggio. Alla fine degli anni ’50 l’asfalto ha cancellato
inesorabilmente traversine e riti.
(da
Fotogrammi di memoria, Aldo Maturo, Ediz.Nous 2013)