domenica 4 marzo 2012

IL GRANO E IL LOGLIO

Aldo Maturo
1.9.2010


Non mi è piaciuta l’intervista di Mons. De Rosa, Vescovo di Telese-Cerreto-S.Agata, e, a dire il vero, non condivido neppure il comportamento del giovane universitario che ha scritto al vescovo una lettera aperta – coraggiosa per il contesto in cui vive – ma che ora sta trasformando la sua denunzia in una campagna personale che rischia di vanificare il valore apprezzabile del primo intervento.
Io non credo che il giovane si aspetti veramente una risposta da Mons. De Rosa – sarebbe ingenuo -  per cui la scelta di riproporre la sua lettera fa sospettare la voglia di riaccendere i riflettori ben sapendo che gli spettatori hanno lasciato la sala.
Le parole di Mons. De Rosa non potevano che creare uno scossone visto il ruolo che ricopre ma invero trovo grave il suo pensiero sulla pedofilia quanto quello sugli ebrei: “ho scoperto che ogni cosa che si tocca con loro e’ terribile. Capisco che abbiano sofferto con l’olocausto, ma non possono farne una bandiera, potrebbero essere più umili.”
Tutto parte dall’omelia che
Mons.Raniero Cantalamessa, frate cappuccino, ha fatto il venerdi santo di Pasqua in S.Pietro, un’omelia che ha scatenato un mare di polemiche incrinando il dialogo tra ebrei e cristiani. E’ lo stesso Cantalamessa a precisarlo.
“Approfittando del fatto che quest’anno la Pasqua ebraica cadeva nella stessa settimana della Pasqua cristiana, avevo deciso di far giungere agli ebrei un saluto da parte dei cristiani, proprio dal contesto del Venerdì Santo che è stato sempre, per loro, occasione di comprensibile sofferenza. Tanto più che il tema centrale della predica era contro la violenza e, di essa, il popolo ebraico ha molta esperienza lungo i secoli”.
Pochi giorni prima di Pasqua a padre Cantalamessa giunge una lettera da un amico ebreo che paragonava le persecuzioni contro gli ebrei, l’antisemitismo,  ai continui attacchi alla Chiesa e al Papa per i crimini dei preti pedofili. Antisemitismo inteso come atteggiamento culturale come quello che fa ricadere su tutto il popolo ebraico, anche attuale, la responsabilità della morte di Cristo. E’ la degenerazione del passaggio dalla responsabilità individuale a quella collettiva, un comportamento stereotipato, come quello in atto circa il fenomeno della pedofilia del clero. Cantalamessa decide bene (?!?) di citare questo concetto nella sua omelia pasquale senza prevedere cosa avrebbe scatenato.
A dire il vero il problema della generalizzazione  esiste ed anche
il “Corriere della sera” ha denunciato il diffondersi, nella cultura
moderna, di un vero e proprio “anticristianesimo”. “Sono molti, del resto, a pensare che più che da amore e pietà per le vittime della pedofilia, la campagna dei media sia mossa da volontà di mettere in ginocchio la Chiesa”
L’ex sindaco di New York ha scritto su un giornale di Gerusalemme: “Credo che i continui attacchi da parte dei media alla Chiesa Cattolica e a Papa Benedetto XVI siano diventate manifestazioni di anti-cattolicesimo. La sequela di articoli sugli stessi eventi non ha più, a mio parere, lo scopo di informare, ma semplicemente di punire.”
Dello stesso avviso il rabbino Alon Goshen Gottstein sul più diffuso quotidiano di Israele “The Jerusalem Post” (11.04.2010) in un articolo dal titolo “Siamo dei cattivi ascoltatori”. Afferma che a suo parere gli opinionisti ebrei che hanno criticato l’omelia di padre Cantalamessa non l’hanno né sentita né letta. Probabilmente intervistati da un giornalista che chiedeva un commento su una frase del predicatore hanno dato una risposta su quella frase. I giornalisti, estrapolando la risposta dall’intero testo, hanno creato la scintilla, gli intervistati hanno risposto, rettificato ed è stato il caos.
Questa  stessa scintilla ha coinvolto, forse, il vescovo De Rosa che comunque – se le frasi riportate rispondono al suo pensiero -  ha sorpreso sia per quanto ha detto sugli ebrei sia  sui preti pedofili. E comunque, diversamente da padre Cantalamessa che ha chiesto pubblicamente scusa, non ha ritenuto di far conoscere il suo pensiero.
Quale Presidente diocesano della FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) ho girato nel palazzo vescovile di Cerreto per anni né mai mi ha abbandonato, successivamente, l’interesse per certe problematiche vicine alla Chiesa.
Sappiamo anche noi laici che ogni volta che un Vescovo ha  notizia – almeno verosimile -  di un delitto grave, svolge una sua prima indagine e trasmette gli atti alla Congregazione per la Dottrina della Fede che, se non avoca a se l’indagine, ordina al Vescovo di procedere.
Quello della pedofilia è un delitto grave riservato alla competenza della Congregazione per la Dottrina della Fede ed è previsto dall’art.6 comma 1 del “De gravioribus delicti” che punisce: 1° il delitto contro il sesto comandamento (non commettere atti impuri) commesso da un chierico con un minore di diciotto anni (=pedofilia); viene equiparata al minore la persona che abitualmente ha un uso imperfetto della ragione;
2° l’acquisizione o la detenzione o la divulgazione, a fine di libidine, di immagini pornografiche di minori sotto i quattordici anni da parte di un chierico, in qualunque modo e con qualunque strumento.
Per questi delitti si instaura un formale processo e il prete che li compie è punito anche con la dimissione o la deposizione. La prescrizione per questi delitti è di 10 anni ma per quelli commessi da un chierico a danno di minore la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il minore ha compiuto il 18° anno di età.
Secondo il Card. Bagnasco, Presidente della CEI (Conferenza episcopale Italiana) – il massimo organo dei vescovi italiani -   “…la Chiesa ha sempre perseguito e dato indicazioni di massima trasparenza e fermezza nell’affrontare la pedofilia….omissis…. È sotto gli occhi di tutti il fatto che diversi vescovi di varie nazioni, una volta trovati responsabili di non essere prontamente intervenuti contro alcuni preti e avere nascosto i fatti, si sono dimessi.”
Per la legge italiana ( 6 febbraio 2006, n. 38) la pedofilia ed i reati sessuali sono puniti in forma gravissima, con la reclusione in qualche caso fino a 12 anni.
E’ un brutto momento per la Chiesa ed  è’ necessario fare una pausa. Evitiamo che per strappare loglio estirpiamo anche le spighe di grano che da millenni alimentano spiritualmente e materialmente milioni e milioni di fedeli.