I lazzari (o anche
lazzaroni) erano giovani della classe popolare della Napoli del XVII-XIX secolo.Il
termine lazzarone ha origine dallo spagnolo lazzaros (con riferimento al
Lazzaro evangelico e agli stracci di cui era avvolto). Goethe aveva
ragione nel rigettare la leggenda del «lazzaronismo» organico dei napoletani e
nel notare che essi invece sono molto attivi e industriosi.
(da Storia del falso
Risorgimento,pagina FB "Un popolo distrutto" - 26.3.2014)
"E`vero, qui
non si può fare qualche passo senza che ci si imbatta in individui mal vestiti,
o vestiti persino solo di stracci, ma non per questo loro sono perdigiorno e
fannulloni! Anzi, paradossalmente oserei dire che a Napoli il lavoro
maggiore viene svolto dalle persone dei ceti bassi."(Goethe)
I lazzari (o anche
lazzaroni) erano giovani della classe popolare della Napoli del XVII-XIX
secolo. Particolarmente famoso fu il ruolo da loro svolto nella difesa della
città contro la Repubblica napoletana nel 1799 sostenuta dalla Francia.
Grazie alle
favorevoli condizioni climatiche e al rapporto privilegiato con la campagna
circostante, benché miseri, riuscivano a sopravvivere senza doversi preoccupare
eccessivamente per questioni di cibo e vestiario.
Soventemente
sfaccendati, si adattavano a compiere qualsiasi mestiere che si presentasse
loro occasionalmente, non disdegnando talvolta di compiere qualche piccolo
furto o raggiro e, più spesso, mendicando. Per questo motivo il termine
lazzarone, che ha origine dallo spagnolo lazzaros (con riferimento al Lazzaro
evangelico e agli stracci di cui era avvolto).
Secondo alcuni, i
"lazzari" costituivano una società nella società del tempo e
rispondevano a un loro codice di gruppo. È documentato che nella loro società
si era sviluppata una vera e propria gerarchia che prevedeva anche l'elezione
di un capo, ufficialmente riconosciuto e accolto alla corte reale.
I capi lazzaro si
differenziavano dai gregari per una particolare foggia di abbigliamento e
taglio di capelli: berretto bianco, giacca corta e capelli rasati fin sopra le
orecchie (e la fronte). Il loro quartiere generale era posto a Piazza Luigi
Capuana. In particolari occasioni furono incaricati del mantenimento
dell'ordine pubblico dal re Ferdinando IV di Napoli.
Per questo essi sono
talvolta associati alle corti dei miracoli delle grandi capitali europee. C'è
chi ritiene che i gruppi come quelli dei "lazzari" fossero
espressione di forme di auto-organizzazione e mutuo soccorso, avallando
così l'opinione che, grazie ad una certa creatività, i ceti più poveri
riuscissero talvolta a sviluppare una civiltà gerarchica praticamente parallela
a quella stabilita dalle norme.
Chi tuttavia
interpretasse i "lazzari" come un gruppo rivoluzionario ante
litteram, rischierebbe di formulare un giudizio affrettato. In occasione
dell'attacco francese al Regno di Napoli (gennaio 1799), infatti, essi
combatterono contro l'esercito napoleonico, percepito come giacobino, in nome
della tradizione cattolica, e difesero Ferdinando IV, quale legittimo re.
I lazzari si batterono per
tre giorni ininterrottamente, il 21, 22 e 23 gennaio 1799 sulle mura di Napoli.
Le forze francesi li soverchiarono; morirono in diecimila per difendere la
città. In seguito, i lazzari si allearono alle truppe sanfediste che riconquistarono
Napoli tra giugno e luglio dello stesso anno, ponendo termine all'effimera
Repubblica Napoletana.
Tuttavia alcuni capi
lazzaro, quali Antonio D'Avella detto “Pagliucchella” e Michele Marino, detto
“o pazzo”, per opportunità economica o per ideali, aderirono alla causa
repubblicana e furono impiccati in piazza Mercato il 29 agosto del 1799.
Goethe aveva ragione
nel rigettare la leggenda del «lazzaronismo» organico dei napoletani e nel
notare che essi invece sono molto attivi e industriosi.
Napoli è una città
dove i proprietari terrieri del Mezzogiorno spendono la rendita agraria:
intorno a decine di migliaia di queste famiglie di proprietari, di più o meno
importanza economica, con la loro corte di servi e di lacchè immediati, si
costituisce una buona parte della città, con le sue industrie artigiane, i suoi
mestieri ambulanti, lo sminuzzamento incredibile dell’offerta immediata di
merci o servizi agli sfaccendati che circolano nelle strade.
Questa struttura di
Napoli spiega molta parte della storia di Napoli città. Il fatto di Napoli si
ripete per Palermo e per tutta una serie di città medie e anche piccole, non
solo del Mezzogiorno e delle isole, ma anche dell’Italia centrale (Toscana,
Umbria, Roma) e persino di quella settentrionale (Bologna, in parte, Parma,
Ferrara ecc.). (Quando un cavallo caca, cento passeri fanno il pasto).
Media e piccola
proprietà terriera in mano non a contadini coltivatori, ma a borghesi della
cittaduzza o del borgo che la danno a mezzadria primitiva (cioè affitto in
natura) o in enfiteusi. Questo volume enorme di piccola o media borghesia di
«pensionati» e «redditieri» ha creato nella letteratura economica italiana la
figura mostruosa del «produttore di risparmio» così detto, cioè di una classe
numerosa di «usurai» che dal lavoro primitivo di un numero determinato di
contadini trae non solo il proprio sostentamento, ma riesce anche a
risparmiare!