lunedì 31 marzo 2014

NAPOLETANI : ERAVAMO LAZZARI FELICI

 
I lazzari (o anche lazzaroni) erano giovani della classe popolare della Napoli del XVII-XIX secolo.Il termine lazzarone ha origine dallo spagnolo lazzaros (con riferimento al Lazzaro evangelico e agli stracci di cui era avvolto).  Goethe aveva ragione nel rigettare la leggenda del «lazzaronismo» organico dei napoletani e nel notare che essi invece sono molto attivi e industriosi. 

 
(da Storia del falso Risorgimento,pagina FB "Un popolo distrutto" - 26.3.2014)
 
"E`vero, qui non si può fare qualche passo senza che ci si imbatta in individui mal vestiti, o vestiti persino solo di stracci, ma non per questo loro sono perdigiorno e fannulloni! Anzi, paradossalmente oserei dire che a Napoli il lavoro maggiore viene svolto dalle persone dei ceti bassi."(Goethe)
I lazzari (o anche lazzaroni) erano giovani della classe popolare della Napoli del XVII-XIX secolo. Particolarmente famoso fu il ruolo da loro svolto nella difesa della città contro la Repubblica napoletana nel 1799 sostenuta dalla Francia. 

mercoledì 26 marzo 2014

DIFFAMAZIONE A MEZZO FACEBOOK



 Con sentenza del 24 marzo 2014, n. 13604 la Corte di cassazione ha stabilito che la pubblicazione e diffusione su Facebook di contenuti che offendono l’onore e la reputazione di un utente integrano responsabilità da fatto illecito, da cui deriva l’obbligo di risarcimento economico del conseguente danno morale.




Scritto da  rob-crime, nel Blog Criminologia e Diritto, 26.3.2014

Avevamo affrontato, in un precedente post (consultabile cliccando qui), il tema della diffamazione a mezzo Internet, affrontando, in quella sede, proprio la questione della diffamazione operata sul Social Network più popolare in assoluto: Facebook. A distanza di 20 giorni dalla pubblicazione di questo nostro post, la Corte di Cassazione torna sull’argomento, sancendo come offendere la reputazione su facebook è da considerarsi reato di diffamazione.

NECK NOMINATION: MORIRE PER SCOMMESSA



Neck Nomination. Si chiama così l’ultima folle moda che si sta diffondendo tra i teenagers di tutto il mondo. Nata in Australia si è diffusa velocemente negli Stati Uniti, Inghilterra e centro Europa, portando con sè una catena di morte e distruzione. I ragazzi di tutte le età vengono ripresi mentre ingeriscono quantitativi di alcool pericolosissimi sfidando poi tre amici a fare di meglio entro 24 ore, pena essere derisi, caricando in seguito i vari video sul web e sui social networks. Proprio dal collo delle bottiglie che i partecipanti a questo nuovo drinking game si scolano deriva il nome Neck Nomination.

 Roberto Loizzo - Criminologo Forense - 10.3.2014, Il Corriere delle Puglie

Iniziato come un banale gioco tra amici è diventato qualcosa di più. La voglia di vincere la sfida fa sì che questa assurda catena diventi sempre più lunga e dannosa. La Neck Nomination è un fenomeno in 4 atti. Atto primo: ci si attacca al collo della bottiglia a contenuto alcolico o superalcolico. Atto secondo: si compie una bravata da ubriachi. Atto terzo: si posta il tutto in rete. Atto quarto: si nomina qualcuno che entro 24 ore deve fare lo stesso. 

sabato 22 marzo 2014

UNO TSUNAMI DI DISPERATI



Arrivano stasera a Pesaro, ospitati momentaneamente all'Hotel Astoria in viale Trieste, 40 profughi africani e altri ne arriveranno perchè a Siracusa ne sono arrivati tremila in 2 giorni.


 Aldo Maturo
 




 
Ma davvero possiamo immaginare di poter arginare con le espulsioni l’invasione di immigrati in  Italia  e in Europa quando di 6 miliardi e mezzo di abitanti sul pianeta  solo  960 milioni risiedono nei Paesi sviluppati?

Uno studio delle Nazioni Unite ha fatto delle proiezioni demografiche calcolando che al ritmo di nascite attuali nel 2050 la popolazione della Terra sarà di 8,9 miliardi di persone. La Terra riuscirà ad alimentare nove miliardi di persone?

domenica 16 marzo 2014

16 MARZO 1978: IL GIORNO DELLA PAURA



Sono passati 39 anni da quel terribile giorno, ma non si possono dimenticare le prime ore del sequestro di Aldo Moro, vissute nel supercarcere di Fossombrone faccia a faccia con i capi delle Brigate Rosse. Mi vennero in mente i western della mia gioventù, quando il Forte sperduto nella periferia si preparava all’attacco finale degli indiani.



 Aldo Maturo

Il 16 marzo del 1978, con il sequestro Moro, iniziarono i 55 giorni più misteriosi dell’intera storia dell’Italia repubblicana. Le Brigate Rosse sterminarono la sua scorta, colpendo al cuore dello Stato, termini che per noi erano familiari perché  li leggevamo tutti i giorni nei comunicati che i brigatisti ci consegnavano.
L’Italia si fermò. Nelle strade, nelle case, negli uffici, nelle fabbriche gli occhi erano incollati davanti alle tv che mandavano in diretta le immagini in bianco e nero degli uomini di scorta di Aldo Moro. Erano corpi straziati, bagnati di sangue, stesi sull’asfalto o scomposti nelle auto crivellate di colpi. La morte li aveva colti con le pistole in pugno, inadeguate di fronte allo sbarramento di fuoco che aveva devastato l’auto di Moro e le due di scorta.
Nel carcere di Fossombrone la notizia mi arrivò per telefono da un amico, si divulgò in un attimo come un fulmine tra gli agenti e tra gli stessi detenuti. Di certo alcuni di loro già sapevano, perchè erano tra i capi delle Brigate Rosse. 


martedì 11 marzo 2014

CRISTO NON AVEVA LA PARTITA IVA


Ieri ho fatto la spesa per i giorni di Natale, non la facevo per bene da due o tre settimane. Anche perché pure cercando tutte le offerte nei discount, come ho sempre fatto, spendi 50 euro e non compri quasi nulla: ti ritrovi con due buste piene, le svuoti sul tavolo di casa. Ti rendi conto che durerà davvero poco.

 Il momento peggiore ogni volta è alla cassa: il terrore che la mia carta (non di credito, per carità, e chi me la concederebbe) venga respinta. E pensare che non prelevo al bancomat prima di entrare al supermercato proprio perché il pensiero di togliere altri soldi dal conto mi fa stare male.

 

domenica 9 marzo 2014

RIFIUTI, ISTRUZIONI PER L'USO

Dove va buttato il cartone sporco della pizza? E gli scontrini? La carta oleata e le lampadine? Quanti dubbi ci pone la raccolta differenziata! Il video aiuta a risolverli.

martedì 4 marzo 2014

CALIPARI, UN UOMO PER BENE


Il 4.3.2005, 9 anni fa,  Nicola Calipari, dirigente dei nostri Servizi Segreti, corre verso l’aeroporto di Baghdad dove un aereo lo attende sulla pista con i motori accesi. Deve riportare in Italia la giornalista Giuliana Sgrena, che ha appena fatto rilasciare dai terroristi iracheni dopo lunghe trattative. La Toyota Corolla corre nella notte sulla Irish Route quando viene illuminata dai fari di un chek-point americano. Non si ferma, seguono attimi di esitazione, troppi, dal blindato parte una pioggia di proiettili che centra l’auto. Cala un interminabile silenzio e ai soldati che si avvicinano con le armi spianate appare uno spettacolo di morte. A bordo non ci sono terroristi ma tre italiani. C’è Giuliana Sgrena, ferita insieme all’autista. Accanto a lei, ferito a morte, Nicola Calipari.  L’inchiesta accerterà che dal chek-point che sbarrava la strada per l’aeroporto aveva sparato Mario Lozano, 36 anni, soldato italo americano originario del Bronx, New York. L’auto di Calipari, secondo la versione americana, non si era fermata alle segnalazioni luminose fatte dai soldati, che quindi l’avevano scambiata per un’auto di terroristi-kamikaze. Incriminato in Italia per omicidio volontario, Lozano non è mai stato processato perché gli Stati Uniti hanno respinto la richiesta di estradizione.

 Aldo Maturo


Soldato Ryan,

scusami se ti chiamo così, ma non conosco il tuo nome ed ho pensato di dartene uno, uno diventato famoso in quell’altro mattatoio della storia chiamato Normandia.
Forse hai perso il conto, ma sono due anni che sei lì, anche se qualcuno ti aveva assicurato che sarebbe stata una guerra lampo. Quante volte a bordo del tuo gigantesco tank, sferragliando in quel truce teatro di distruzione e di morte, ti sono tornate in mente le tue verdi e sconfinate praterie o quelle squallide ma amichevoli periferie dove sei cresciuto? 


Quante volte hai ripensato al giorno in cui hai accettato di arruolarti, ammaliato dal mito della “lotta al terrorismo internazionale”, della nobile missione di “esportare la democrazia”, mentre in cuor tuo pensavi solo a quel mucchio di dollari che nel tuo paese mai avresti messo insieme in tempi così brevi?
Ora sei lì, da 735 interminabili giorni, impantanato in una lurida guerra senza fine, perennemente in allerta, con il dito sul grilletto in ogni ora del giorno e pochi secondi per pensare se premerlo o no. Se ti va bene, puoi vivere e guadagnarti una medaglia al valore, la Purple Heart, quella che Washington dà ai feriti. Se ti va male, torni a casa avvolto in una bandiera, com’è già successo ai tuoi amici Walter, John, Vanessa, Genevieve, Michael e mille altri ancora.
Ed è così che spari a qualunque cosa tu pensi possa esploderti addosso. Ti hanno detto di farlo, ti hanno detto che è un tuo diritto sparare ogni volta che ti senti minacciato, ogni volta che senti la tua vita in pericolo. Le “regole d’ ingaggio”, le chiamano.

E spari, spari, chissà quanti uomini sono morti e quanti altri ne moriranno, e quante altre donne, quanti bambini innocenti piangeranno i loro cari, colpevoli solo di essere nati in quella terra dove vissero i Sumeri - tra il Tigri e l’Eufrate - culla, mille e mille anni fa, della prima civiltà.
Hai sparato anche qualche giorno fa, ricordi sì, era il 4 marzo? Eri lì da ore, l’occhio nel mirino, il dito sul grilletto come sempre, in quel check-point sulla Irish Route, la maledetta strada dell’aeroporto. Hai sentito da lontano il rumore di un’auto, l’hai sentita avvicinarsi, hai visto i fari ingrandirsi poco a poco nel buio della notte e puntare verso di te. Questi mi fanno saltare in aria, hai pensato. Hai avuto paura, ti sei irrigidito e hai sparato, sparato, sparato, finché non hai visto l’auto fermarsi. Pochi secondi e nel silenzio di morte che è calato tra te e loro ti è venuto il dubbio che potevi aver sbagliato. E avevi sbagliato, perché avevi ucciso un innocente, un italiano per bene, e ferito chi era con lui, tutti colpevoli solo di voler scappare al più presto da quell’inferno.


Prima o poi qualcuno ci dirà perché è successo, forse ti processeranno, forse riconfermeranno che è stato un “cortocircuito informativo” tra noi e voi, ma la cosa non cambia.
È la guerra, la tua sporca guerra, soldato Ryan, una guerra costata finora, solo al tuo Paese, 160 miliardi di dollari. Sono tanti, sai, sono 4 miliardi di dollari al mese, 177 milioni di dollari al giorno, 122.820 dollari al minuto, più di 2000 dollari al secondo. Il tuo stipendio ogni due o tre secondi. Quello di un italiano medio, ogni secondo.
Una montagna di dollari destinati alla morte e sottratti alla vita.
Ora ti lascio, Ryan, qui da noi è Pasqua, giorno di pace, ma per te sarà un’altra Pasqua di guerra. Forse in queste ore sei di pattuglia, forse ti muovi “a grappolo”, “a copertura totale”, e non sai se arriverai vivo fino a stasera.
Però almeno oggi non sparare. Lo so, capisco il tuo dramma, dipende dalla fortuna. E allora buona fortuna e buona Pasqua anche a te.