sabato 15 agosto 2015

14 AGOSTO 1861 : STRAGE DI PONTELANDOLFO E CASALDUNI. DONNE E BAMBINI ARSI VIVI

Il Gen.Enrico Cialdini – cui purtroppo è intestata una delle più importanti strade di Pesaro – ordinò: “Di Pontelandolfo e Casalduni non rimanga pietra su pietra". Al termine del massacro, il colonnello Negri gli telegrafò: " Ieri mattina all'alba giustizia fu fatta contro Pontelandolfo e Casalduni. Essi bruciano ancora". Un pezzo di sanguinosa storia dimenticato.  Gramsci scrisse “Lo stato italiano era una feroce dittatura che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori salariati tentarono di infamare con il marchio di briganti”  Rosanna Gaviglia - 14 agosto 2015 - da Vesuvio Live


Il monumento ai Caduti
 

Il 14 agosto del 1861 nelle città di Pontelandolfo e Casalduni, in provincia di Benevento, si diede vita ad una strage di rappresaglia militare che registrò un numero imprecisato di morti, un centinaio secondo la storiografia ufficiale, secondo altre stime invece circa 400 o 900, forse oltre mille.



Un vero e proprio massacro che venne scatenato per rivendicare l’attacco dell’11 agosto dello stesso anno in cui furono uccisi da briganti e contadini del posto 45 militari dell’esercito unitario arrivati in città per ristabilire l’ordine pubblico e porre fine alle ribellioni popolari.

Quello del 14 agosto fu un brutale eccidio ordinato dal generale Enrico Cialdini al colonnello Negri il quale all’alba scatenò l’inferno: Li voglio tutti morti! Sono tutti contadini e nemici dei Savoia, nemici del Piemonte, dei bersaglieri e del mondo. Morte ai cafoni, morte a questi terroni figli di puttana, non voglio testimoni, diremo che sono stati i briganti”.

Alcuni inquietanti particolari si possono leggere nel racconto del bersagliere Carlo Margolfo: “Al mattino del giorno 14 riceviamo l’ordine superiore di entrare a Pontelandolfo, fucilare gli abitanti, meno le donne e gli infermi ed incendiarlo. Entrammo nel paese, subito abbiamo incominciato a fucilare i preti e gli uomini, quanti capitava; indi il soldato saccheggiava, ed infine ne abbiamo dato l’incendio al paese. Non si poteva stare d’intorno per il gran calore, e quale rumore facevano quei poveri diavoli cui la sorte era di morire abbrustoliti o sotto le rovine delle case. Noi invece durante l’incendio avevamo di tutto: pollastri, pane, vino e capponi, niente mancava…Casalduni fu l’obiettivo del maggiore Melegari. I pochi che erano rimasti si chiusero in casa, ed i bersaglieri corsero per vie e vicoli, sfondarono le porte. Chi usciva di casa veniva colpito con le baionette, chi scappava veniva preso a fucilate. Furono tre ore di fuoco, dalle case venivano portate fuori le cose migliori, i bersaglieri ne riempivano gli zaini, il fuoco crepitava”.

La rappresaglia, a differenza del racconto appena letto, non risparmiò però donne e bambini, a quali toccò la stessa sorte di essere arsi vivi, oltre allo stupro. Una strage di vite umane, una vendetta che rase completamente al suolo le due città e che fu annunciata attraverso un telegramma: “Ieri all’alba giustizia fu fatta contro Pontelandolfo e Casalduni. Essi bruciano ancora”.

 

L’unico ricordo delle vittime dell’eccidio sono un monumento in bronzo ed una pizza dedicata a Concetta Biondi, 16enne che come tante altre donne venne violentata ed uccisa dai soldati piemontesi davanti gli occhi increduli dei familiari. Gli stessi che vennero poi premiati con medaglie ed onori.

Questo rappresenta un pezzo di sanguinosa storia forse dimenticato ma che merita di essere commemorato per ricordare che, come scrisse Gramsci: “Lo stato italiano era una feroce dittatura che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori salariati tentarono di infamare con il marchio di briganti”.