domenica 18 marzo 2012

TELESE, LA VECCHIA CAMERA D'ARIA




Aldo Maturo
7 luglio 2011
Lago di Telese

La camera d’aria nera, d’auto o di camion, era il salvagente più usato da chi frequentava il lago e non sapeva nuotare o comunque voleva solo divertirsi.
Nessuno, pur potendo, avrebbe osato presentarsi al lago con un vero salvagente o con un materassino. La ricerca della camera d’aria, a inizio estate, cominciava dai meccanici e dai gommisti. Noi del quadrivio passavamo a chiederla a don Amerigo Zotti, l’officina più fornita. Bastava aspettare che terminasse qualche lavoro urgente e poi andava a prenderne una nel mucchio di copertoni accatastati in un angolo.


La gonfiava al compressore e se scopriva che era bucata – quasi sempre – passava alla riparazione. Graffiava con la carta vetrata la parte dove c’era il foro , vi strizzava sopra uno schizzo di collante e lo spalmava con le dita ancora sporche di grasso. Copriva il foro con una pezza di gomma ritagliata da una camera d’aria più vecchia e tenendo premuta la pezza col pollice e l’indice metteva a cavalcioni la camera d’aria sotto la pressa per fare aderire bene le due parti tra di loro. La prova del fuoco era il passaggio nel vecchio bidone colmo d’acqua nerastra, dove la camera d’aria, opportunamente rigonfiata, veniva fatta scorrere fra le mani lasciando più a lungo sott’acqua la parte riparata. Se dal fondo partivano le bollicine partiva anche un’imprecazione e bisognava ripetere l’operazione.
Se invece tutto andava bene la si ritirava ancora gocciolante e poi via in bicicletta verso il lago, tenendola a tracolla come la bandoliera dei carabinieri.
Ogni tanto qualcuno stupiva tutti e si presentava al lago con una camera d’aria da camion che riusciva a sostenere anche tre o quattro persone, quando non si capovolgeva buttando tutti in acqua fra le risate generali.
La camera d’aria era per chi non sapeva nuotare o comunque voleva godersi un bagno diverso nell’acqua limpida del lago. Si entrava dove ancora si toccava sostenendola con le mani all’altezza della vita fino a galleggiare e poi ci si rilassava sguazzando con i piedi come i bambini, abbandonati e sospesi nell’acqua fresca e corroborante. Ci si roteava all’interno per godersi il lago tutto intorno, un occhio attento alla pezza appena messa nel timore che cominciasse a borbogliare.
II lago era anche il battesimo del fuoco per i nuotatori esperti. La traversata del lago senza pinne segnava il passaggio da “guagliuncello” a “omme” e se ne parlava davanti ai bar tronfi di orgoglio. Chi ancora non c’era riuscito o sapeva che mai ci sarebbe riuscito ascoltava in silenzio e con ammirazione.
Il lago. Era la piscina dei più bravi ma anche dei poveracci che non potevano permettersi di andare alle terme, o per soldi o per orario. In fondo il lago era sempre “aperto” e soprattutto era gratis anche se a volte chiedeva un prezzo salato a chi, incautamente, gli mancava di rispetto.

 (da Fotogrammi di memoria, Aldo Maturo, ediz.Nous, 2013)