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C’è sicuramente qualcosa che manca nella storia tragica di Piermario Morosini, qualcosa che non sappiamo, forse un errore umano, forse una tara genetica, ma ci sono anche moltissime cose di cui è giusto essere sicuri. I soccorsi sono stati immediati. C’erano ben due defribillatori sul campo e sono stati usati subito dopo il massaggio cardiaco, come prevedono le regole del pronto soccorso professionale. C’erano due medici ad assisterlo, in due-tre minuti è arrivato dalle tribune perfino il primario di unità coronarica che lo avrebbe poi assistito in Rianimazione. Ha tardato qualche minuto l’ambulanza, ma nel frattempo Piermario era soccorso. Nè si può dimenticare che anche un defribillatore serve quando il cuore è vivo, quando batte ancora. Se non c’è battito, è inutile. Piermario è morto quando si è lasciato cadere sul campo dopo pochi secondi di agonia. Ha avuto soccorsi e cure che la maggioro parte di noi non avrà mai dovesse un giorno avere il suo stesso problema. Ma non è servito a niente.
E’ stata questa la straordinaria diversità del ragazzo, la cosa che ha commosso il mondo: l’evoluzione normale di una morte quasi impossibile. Siamo tutti un po’ morti con lui perchè siamo tornatai a capire in quel momento che siamo uguali, per sempre fragili, niente può davvero salvarci, nè la scienza nè la giovinezza. Non siamo noi i più forti.
E’ stata questa la straordinaria diversità del ragazzo, la cosa che ha commosso il mondo: l’evoluzione normale di una morte quasi impossibile. Siamo tutti un po’ morti con lui perchè siamo tornatai a capire in quel momento che siamo uguali, per sempre fragili, niente può davvero salvarci, nè la scienza nè la giovinezza. Non siamo noi i più forti.