Chi ha subito un
danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un
provvedimento giudiziario posto in essere da un magistrato con dolo
intenzionale o colpa grave può ottenere il risarcimento dei danni.
I danni subiti possono essere: patrimoniali, come quelli derivanti da
dichiarazione di fallimento, da interdizione o dall’impedimento a esercitare
attività professionale o non patrimoniali come i danni morali.
L’interessato propone azione nei confronti del Presidente del Consiglio dei
Ministri, presso il tribunale, individuato secondo quanto prevede l’art. 11 del
codice di procedura penale che stabilisce la competenza per i procedimenti
riguardanti i magistrati.
La Presidenza del
Consiglio chiede al ministero - la competenza specifica è dell’Ufficio
contenzioso del dipartimento degli Affari di giustizia - di redigere un rapporto
sui fatti oggetto della causa. Il ministero nella causa sarà rappresentato
dall’Avvocatura di Stato.
Se il ricorso é accettato, la Presidenza del Consiglio dei Ministri promuove
azione di rivalsa nei confronti del magistrato, presso lo stesso tribunale in
cui l’interessato ha fatto ricorso per ottenere il risarcimento e di
conseguenza, il magistrato é citato in giudizio.
Al termine del procedimento una copia della sentenza che accerta la
responsabilità del magistrato è trasmessa al reparto disciplina della Direzione
generale magistrati del dipartimento dell’organizzazione giudiziaria per
l’azione disciplinare. Resta ferma la facoltà del ministro di grazia e giustizia
di cui al secondo comma dell'articolo 107 della Costituzione.
(www.giustizia.it)