Aldo Maturo
Mario Simoncelli |
“ ‘El Gnugn” aveva la sua bottega lì, all’inizio del Corso, di fronte alla Chiesa di S.Filippo, porta a porta col negozio d’ “El Bach”, di cui era grande amico. Una vetrina anonima, senza insegne, conosciuta solo ai clienti, la sua vecchia bicicletta da donna, dal rosso incerto, appoggiata al muro come sempre.
Si, perché
“El Gnugn” era Mario, Mario Simoncelli per l’anagrafe, “Mario l’ ‘oroluger” per
i clienti, semplicemente Mario per tutti noi.
La sua bottega era il ritrovo del paese, il luogo dove ci si affacciava almeno
una volta al giorno per scambiare due chiacchiere, corredate dal gossip locale,
o ci soffermava la sera dopo il lavoro, come usa in un circolo sociale. Lui se
ne stava seduto al suo banchetto, gli occhiali sulla punta del naso, la lampada
a snodo curva su di lui, accesa a pochi centimetri dal piano di lavoro,
l’occhio su un orologio aperto e senza più segreti. Accoglieva tutti con quella
sua voce roca rotta da mille sigarette e dalle lunghe notti riccionesi. Nessuno
entrava o usciva per parlargli solo di orologi.
Tutti
si sentivano corteggiati, per tutti trovava un motivo di conversazione e alla
fine ci si accorgeva che “l’orologio” era stato solo la scusa per fare due
chiacchiere con questo personaggio, memoria vivente del paese, appassionato di
storia, fonte inesauribile di notizie locali. Famoso il suo intercalare quando
si arrabbiava, “’a l’è genièl” (come sei geniale), “è arrivat pensaci”(è
arrivato pensaci) o alcuni suoi gesti ripetitivi, come quando si accalorava e
si alzava dal banchetto continuando la conversazione in piedi, davanti alla
vetrina, dopo aver acceso l’ennesima Marlboro.
Storici gli
scontri con Giorgio, amico del cuore e complice di mille avventure giù “alla
marina” romagnola. Tra lui e Giorgio, “ ‘el filiol del ciavattin” (il figlio
del ciabattino), c’era un rapporto di amore-odio. Erano amici da una vita e nel
tempo libero dove era Mario era Giorgio, ma non c’era un solo argomento su cui
andassero d’accordo. Le discussioni, soprattutto quelle politiche, finivano
sempre in “cagnara” con uno scambio impetuoso di improperi in dialetto
strettissimo che mi estrometteva da ogni tentativo di intervento. Ma dopo un pò
gran paccate e “ va là, lascia gì, ‘gim a beva qualco’” (va bene, lascia
andare,andiamo a bere qualcosa) e via al Bar oltre la strada.
Mario, personaggio d’altri tempi, uomo leale e generoso. Grazie a lui e a
Giorgio per me Fossombrone non ha avuto segreti. Insieme mi hanno fatto conoscere
poco a poco gli abitanti di questo posto, accompagnandomi tra la gente
semplice, laboriosa, la vera forza di questa comunità.
Poi
Mario se n’è andato, in poco tempo. Si è arreso a una malattia che ha nascosto
per anni anche a se stesso, accettandone in silenzio le conseguenze e
rifiutandosi di condividerne le pene con gli amici più cari.
da "Cronache e... dintorni" - Aldo Maturo - Ediz.Nous, 2014