venerdì 27 aprile 2012

EL GNUGN : RICORDO DI UN AMICO

 
 

Aldo Maturo



Mario Simoncelli

“ ‘El Gnugn” aveva la sua bottega lì, all’inizio del Corso, di fronte alla Chiesa di S.Filippo, porta a porta col negozio d’ “El Bach”,  di cui era  grande amico. Una vetrina anonima, senza insegne, conosciuta solo ai clienti, la sua vecchia bicicletta da donna, dal rosso incerto, appoggiata al muro come sempre.

 

Dentro, una stanza sobria, il banchetto di lavoro al centro del locale, due sedie davanti e due o tre lungo il muro, scatole di cinturini accatastate in maniera disordinata sulla parete di fondo e tutt’intorno tanti orologi che, con il loro ticchettio scoordinato, si contendevano il silenzio sovrapponendosi alla radiolina eternamente accesa a volume bassissimo, per non disturbare le lunghe conversazioni con tutti quelli che superavano la sua porta.



   Si, perché “El Gnugn” era Mario, Mario Simoncelli per l’anagrafe, “Mario l’ ‘oroluger” per i clienti, semplicemente Mario per tutti noi. 

     La sua bottega era il ritrovo del paese, il luogo dove ci si affacciava almeno una volta al giorno per scambiare due chiacchiere, corredate dal gossip locale, o ci soffermava la sera dopo il lavoro, come usa in un circolo sociale. Lui se ne stava seduto al suo banchetto, gli occhiali sulla punta del naso, la lampada a snodo curva su di lui, accesa a pochi centimetri dal piano di lavoro, l’occhio su un orologio aperto e senza più segreti. Accoglieva tutti con quella sua voce roca rotta da mille sigarette e dalle lunghe notti riccionesi. Nessuno entrava o usciva per parlargli solo di orologi. 

    Tutti si sentivano corteggiati, per tutti trovava un motivo di conversazione e alla fine ci si accorgeva che “l’orologio” era stato solo la scusa per fare due chiacchiere con questo personaggio, memoria vivente del paese, appassionato di storia, fonte inesauribile di notizie locali. Famoso il suo intercalare quando si arrabbiava, “’a l’è genièl” (come sei geniale), “è arrivat pensaci”(è arrivato pensaci) o alcuni suoi gesti ripetitivi, come quando si accalorava e si alzava dal banchetto continuando la conversazione in piedi, davanti alla vetrina, dopo aver acceso l’ennesima Marlboro.

   Storici gli scontri con Giorgio, amico del cuore e complice di mille avventure giù “alla marina” romagnola. Tra lui e Giorgio, “ ‘el filiol del ciavattin” (il figlio del ciabattino), c’era un rapporto di amore-odio. Erano amici da una vita e nel tempo libero dove era Mario era Giorgio, ma non c’era un solo argomento su cui andassero d’accordo. Le discussioni, soprattutto quelle politiche, finivano sempre in “cagnara” con uno scambio impetuoso di improperi in dialetto strettissimo che mi estrometteva da ogni tentativo di intervento. Ma dopo un pò gran paccate e “ va là, lascia gì, ‘gim a beva qualco’” (va bene, lascia andare,andiamo a bere qualcosa) e via al  Bar oltre la strada. 

     Mario, personaggio d’altri tempi, uomo leale e generoso. Grazie a lui e a Giorgio per me Fossombrone non ha avuto segreti. Insieme mi hanno fatto conoscere poco a poco gli abitanti di questo posto, accompagnandomi tra la gente semplice, laboriosa, la vera forza di questa comunità. 

    Poi Mario se n’è andato, in poco tempo. Si è arreso a una malattia che ha nascosto per anni anche a se stesso, accettandone in silenzio le conseguenze e rifiutandosi di condividerne le pene con gli amici più cari. 
 
da "Cronache e... dintorni" - Aldo Maturo - Ediz.Nous, 2014