Antonio Socci – dal quotidiano “Libero”
– 13 maggio 2012
Tutti abbiamo detto un gran male
della Germania e della Signora Merkel per come sta imponendo a tutta l’Europa
una rigidissima disciplina di bilancio.
Si ritiene che sia una strategia
controproducente. E la maggioranza degli osservatori giudicano pure che sia
stata la miopia del governo tedesco a impedire il salvataggio della Grecia
quando si era ancora in tempo.
Tutte queste critiche sono più che
fondate e molte altre se ne potrebbero fare (a ragione, per esempio, si ricorda
che sono state Germania e Francia per prime a trasgredire i parametri europei).
Se ne parla da mesi sui giornali.
Tuttavia c’è un fatto su cui si riflette poco o per nulla: proprio il caso
Germania, o anche il “miracolo economico” tedesco.
Tutta l’Europa è in recessione e i
tedeschi invece segnano un aumento del Pil del 3 per cento annuo. La loro
economia cresce. Le loro imprese macinano profitti.
Gli stipendi e i salari sono di
gran lunga superiori ai nostri (per fare qualche esempio: lo stipendio netto
annuo di un autista di autobus è 28 mila euro, di un muratore 30 mila, di un
caporeparto 40 mila, di un maestro elementare 38 mila).
La loro inflazione è sotto
controllo, al 2 per cento. Il debito pubblico all’80 per cento. La loro
tecnologia è all’avanguardia e vince ed esporta in tutto il mondo. Sono un
paese libero e civile.
I servizi sono efficienti e la
pressione fiscale (attorno al 35 per cento) è ben più bassa della nostra (che
sta attorno al 43-44 per cento).
Sembra la smentita categorica di
tutti quei nuovi scenari mondiali che oggi si disegnano, che – per esempio –
l’ex ministro Tremonti traccia nei suoi libri e di cui io stesso sono convinto
da tempo.
Io credo che quegli scenari siano
veri. Ma bisogna prendere atto che il caso tedesco di fatto li contraddice
clamorosamente.
Si parla di fine della sovranità
nazionale e del primato della politica, a vantaggio dei mercati, e lì non è
così. Si parla della finanziarizzazione dell’economia che distrugge l’economia
reale e lì non è così.
Si parla di tramonto dell’industria
manifatturiera in Europa e di delocalizzazione e lì non è così (la
disoccupazione è ai minimi storici da vent’anni a questa parte).
Si parla di impoverimento
progressivo e inevitabile dei nostri paesi e di cancellazione dello “stato
sociale” e lì avviene il contrario (fra l’altro le garanzie per i lavoratori
sono alte e i sindacati sono molto potenti: siedono addirittura nei consigli di
amministrazione delle grandi aziende).
Si parla di conflitto fra
mercatismo e democrazia, che porta alla tecnocrazia, e lì abbiamo invece un
sistema economico formidabile governato addirittura dalla compagine politica
del Novecento: cioè democristiani da una parte e socialdemocratici dall’altra
con il concorso di liberali e verdi (la fase decisiva della ristrutturazione
recente, tra 2005 e 2009, è stata gestita insieme da socialdemocratici e
democristiani).
Si può addirittura notare nella
classe politica tedesca una certa goffa normalità, una difficoltà a proporsi
sulla scena mondiale. Ma dopotutto è un bene che abbiano accantonato le
ubriacature dello “spirito germanico”, per il quale già Hegel proclamava: “Lo
Spirito Germanico è lo Spirito del nuovo Mondo, il cui fine è la realizzazione
della Verità assoluta”.
La classe dirigente tedesca si è
ritirata in una “banale” (ma per noi fantastica) dimensione di buona
amministrazione ed efficienza.
E, in effetti, lì il benessere
economico è addirittura in aumento, mentre è in rapida regressione nel resto
dell’Europa: pur essendo gli stipendi dei tedeschi già ai vertici della
classifica mondiale, in questi giorni si parla di cospicui aumenti salariali e
addirittura il ministro delle finanze Wolfgang Schauble li esige (i sindacati
dei metalmeccanici chiedono un incremento del 6,5 per cento e gli imprenditori
propongono il 3 per cento).
Saranno fatti anche con l’obiettivo
di allargare i consumi per trascinare alla crescita pure il resto d’Europa.
Si dirà: ma loro non hanno un
enorme problema storico come è per noi il nostro Mezzogiorno. Nient’affatto. La
Germania ovest vent’anni fa ha inglobato la Germania est, che era stata ridotta
dal comunismo ben peggio del nostro Sud.
L’ha letteralmente ricostruita e
assimilata facendole recuperare il ritardo di decenni in pochi anni. Si dirà
che l’ha fatto anche grazie a tutto il resto d’Europa e ora si mostra ingrata.
Questo in parte è vero. Ma anche
noi abbiamo avuto a disposizione dall’Europa grandi risorse: se l’Italia è il
Paese più incapace di spendere i fondi europei è colpa dei tedeschi? O dobbiamo
prendercela solo con noi stessi?
Il “grande spreco” dei soldi
europei buttati al vento è perfino peggiorato dagli anni Novanta ad oggi e, di
riflesso, le regioni meno sviluppate del nostro Sud sono scese ancor più nella
graduatoria europea delle zone depresse, mentre la ricchezza media pro capite
nelle regioni meridionali è diminuita gravemente dal 2001 ad oggi (ma
anche altri fondi restano inutilizzati e non solo al Sud).
Dovremmo prendere di petto il
disastro della pubblica amministrazione italiana fino a chiederci se non si
dovrebbero commissariare certe regioni meridionali.
Meditando sul “caso Germania”
riconosco che – contrariamente a ciò che pensavo mesi fa – un po’ di
“germanizzazione” ci farebbe molto bene.
La classe politica tedesca non
sembra fatta di superman e geni, eppure si dimostra all’altezza della sfida di
questi anni. I nostri politici dovrebbero severamente esaminarsi (o comunque lo
faranno gli elettori) e riconoscere la differenza.
E così pure i nostri sindacati e la
nostra classe imprenditoriale.
Ma anche noi stessi, come
cittadini. Non abbiamo nulla di meno dei tedeschi. In un recente passato
abbiamo fatto un miracolo economico che non ha niente da invidiare a quello
tedesco.
Non ci manca né la creatività, né
il gusto del lavoro. Viviamo in un Paese meraviglioso e pieno di tesori di arte
e di cultura. Abbiamo un’ossatura industriale che in Europa se la gioca con la
Francia ed è seconda solo alla Germania.
Allora, invece di lamentarci del
cinismo tedesco o aspettarsi dall’esterno la salvezza, tiriamo fuori le nostre
capacità, il nostro impegno e il nostro ingegno. Sentiamoci un paese unito e
solidale, dove ognuno fa il suo dovere.
Cerchiamo classi dirigenti
all’altezza del momento storico. Accettiamo di cambiare tante cose.
Un’Europa virtuosa potrà ricordare
ai tedeschi che essi hanno un dovere in più verso gli altri popoli della
comunità, avendo devastato il continente con la barbarie disumana del nazismo.
Perché dopo il 1945 le potenze
vincitrici avrebbero potuto annientare la Germania per duecento anni. Invece
gli Stati Uniti finanziarono il “Piano Marshall” e la fecero ricostruire.
Dunque facciano memoria di questa magnanimità che fu usata con loro.
Tuttavia non sarà l’Italia che
potrà ammonire la Germania con questo argomento storico. Perché a proposito di
Seconda guerra mondiale non abbiamo le carte in regola.
Il nostro argomento vincente dunque
potrà e dovrà essere solo il presente, il nostro impegno, la nostra capacità di
costruire e la nostra serietà.