Foto dal sito della Protezione Civile |
Ricerca di Aldo Maturo
La legge della Regione Campania che voleva favorire la delocalizzazione degli abitanti dell’area vesuviana a rischio è stata un fallimento totale. Molti con i soldi pubblici si sono costruiti una casa in zona sicura e hanno affittato quella nella zona rossa e così il numero delle persone da evacuare è rimasto invariato.
Secondo un articolo pubblicato sulla rivista Nature e ripreso da National Geographic il Vesuvio è considerato“la bomba ad orologeria d'Europa”, benché sia in stato di quiete dal 1944.
Anche il Journal of Geophysics Research ha pubblicato una ricerca della Dr.ssa Lucia
Pappalardo e del Dr. Giuseppe Mastrolorenzo, dell’Osservatorio Vesuviano di
Napoli, che non escludono la possibilità, per il Vesuvio, di un eruzione di
tipo “pliniano” (quella del 79 d.C., descritta da Plinio, che distrusse Pompei
ed Ercolano) ma ancora più estesa, con possibilità quindi di colpire gli abitanti anche al di là della
cosiddetta "zona rossa", l'area abitata che sarebbe evacuata
immediatamente qualora il vulcano dovesse dare segnali evidenti di un'eruzione
imminente. Se la tesi dei due studiosi venisse accolta, la zona rossa dovrebbe
essere estesa e in caso di eruzione ci sarebbero da evacuare tre milioni di persone invece delle 600
mila attualmente previste. Gente nel panico su milioni di macchine, migliaia di
pullman presumibilmente intasati in un groviglio di strade e in un contesto
urbanistico con la più alta densità abitativa d’Europa.
Gli studi dei due tecnici dell’Osservatorio napoletano si rifanno all’eruzione del Vesuvio avvenuta circa 4000 anni fa, (quindi duemila anni prima di quella di Pompei, avvenuta nel 79 d.C.) che secondo gli storici del settore fu catastrofica perché interessò l’intera area occupata oggi dalla città di Napoli. A loro avviso non si può prevedere con certezza che certamente la prossima eruzione del Vesuvio sia distruttiva come quella, ma non si può neppure escludere che lo sia e non potendosi escludere, è opportuno prepararsi a difendersi da un evento estremo.
A loro avviso bisogna preparare un piano di evacuazione che
preveda la difesa da un evento massimo che potrebbe verificarsi, anche se non è
detto che succeda, perché in presenza di un evento massimo non sarebbe sufficiente l'evacuazione della
sola zona rossa.
La zona rossa è l'area immediatamente circostante il vulcano, naturalmente la
più pericolosa, interessata dall'invasione di miscele di gas e materiale solido
ad elevata temperatura che, ad eruzione avvenuta, scorrerebbe lungo le pendici
del vulcano ad alta velocità distruggendo qualunque ostacolo si trovasse davanti. Non essendo
possibile conoscere preventivamente quali saranno le
zone effettivamente interessate dai flussi a causa della loro rapidità (centinaia
di km orari) e potenza distruttiva, non si può attendere l'inizio dell'eruzione
per mettere in atto le misure preventive ed è per questo che per la zona rossa
è prevista la completa evacuazione prima dell'inizio dell'eruzione.
L’attuale zona rossa, prevista nel Piano di Evacuazione,
comprende 18 Comuni per un totale di circa 200 kmq di estensione e poco meno di
600 mila abitanti, quelli che si trovano in un raggio di 10 km dal vulcano. Se
invece l’eruzione fosse estrema, come ipotizzato dai due studiosi, la zona
rossa dovrebbe essere estesa ai 20 km dal vulcano, comprendendo Napoli da una
parte e Castellammare di Stabia, dall’altra.
Si passerebbe da
600.000 a 3 milioni di persone da evacuare!
Può confortare l’idea che il Vesuvio è monitorato 24 ore al giorno
dall' Osservatorio Vesuviano e che prima dell'eruzione ci si augura esserci come sempre dei
segnali premonitori come terremoti, deformazioni del suolo, variazioni di
temperatura o del chimismo delle fumarole. Il monitoraggio potrebbe evidenziare
dei segnali premonitori che dovrebbero fare scattare il piano di emergenza. La
verità è che questi segnali avvertono che qualcosa sta cambiando e che il
vulcano sta entrando in eruzione, ma non indicano il tipo di eruzione. Possono
dire che avverrà un'eruzione, ma non di che tipo né quando succederà. Un Piano
di emergenza studiato per l’ipotesi peggiore e più devastante automaticamente
tutelerebbe anche dalle ipotesi di eruzioni minori.
Secondo Bertolaso, ex Capo della
Protezione Civile, l’esplosione del vulcano provocherebbe una colonna di fumo e
lapilli alta fino a 20 chilometri e la caduta di cenere interesserebbe un’area
compresa tra Salerno e i confini del Lazio. La nuova eruzione verrebbe
preceduta da terremoti «con conseguenze paragonabili a ciò che è accaduto
all’Aquila». Per evacuare le persone «ci sarebbe al massimo una settimana di
tempo, più probabilmente appena 3-4 giorni», prima della catastrofe. Non è
allarmismo ma solo sana prevenzione. Durissimo Bertolaso nei confronti dei soliti napoletani furbi
e della legge della Regione Campania che voleva favorire la delocalizzazione
degli abitanti dell’area vesuviana a rischio: «La legge è stata un fallimento
totale. È finita che molti con i soldi pubblici si sono costruiti una casa in
zona sicura e hanno affittato quella nella zona rossa». Contro l’abusivismo,
perciò, oggi esiste un’unica soluzione: «Quello che c’è, c’è. Ma tutto ciò che
di nuovo viene tirato su, va demolito».