mercoledì 13 giugno
2012
Gli amici più
furbi possono mettere alla prova la loro "abilità" seguendo il
filmato alla fine dell'articolo
Aldo
Maturo
Era il gioco dei giochi,
a Napoli, sui marciapiedi davanti alla stazione centrale, al Corso Garibaldi,
sotto la Galleria o dovunque c’era un passaggio di persone frettolose.
Era il gioco delle tre carte che mi affascinava quando, uscito
dall’università, mi avviavo frettoloso verso il treno, pronto a perderlo pur di
godermi quella favolosa sceneggiata. Mi fermavo a guardare, incantato non dalle
carte ma dall’organizzazione perfetta finalizzata a truffare il passante di
turno. Un panchetto pieghevole, tre carte da gioco e una “paranza”,
piccola banda di 5 o 6 persone, ciascuno con il suo compito, uniti a
crocchio intorno al "mastro di carte" che mischiava le tre carte e le
faceva roteare più volte sul ripiano del panchetto aperto come un piccolo
tavolo da gioco.
Vicino a lui due “compari-giocatori” facevano finta di
non conoscersi tra di loro e puntavano accanitamente fior di 10.000 lire sulla
carta "vincente", ma perdevano puntualmente perché sfilando i soldi
dalla tasca fingevano di dover abbassare gli occhi e questo consentiva al manipolatore
di spostare la carta vincente per farli perdere. Intorno altri “compari”
"assistenti" al gioco parteggiavano per i “giocatori” e a volte
puntavano anch'essi.
La
calorosa partecipazione creava un clima di favorevole connivenza che trascinava
i passanti. Chi si fermava a guardare prima o poi era spinto a
partecipare e lo stimolo a puntare diventava sempre più irrefrenabile.
A qualche metro il “palo” badava che non si avvistassero vigili,
poliziotti o carabinieri. In tal caso partiva un fischio, il mastro di
carte chiudeva a libretto il panchetto e sparivano nella
folla.
Un’organizzazione perfetta, con ruoli precisi e degni di una affiatata banda
inserita nella cornice di un’estemporanea sceneggiata napoletana. “La
carta vince”, “la carta perde”. I due “compari-giocatori” a volte perdevano ma
a volte vincevano perché la vincita doveva stimolare “i passanti” fermatisi ad
osservare. La scena era sempre la stessa. “Il pollo” si fermava, guardava con
aria disinteressata come a dire “a me non mi fanno fesso”, poi piano piano,
incoraggiato da quelli che vincevano (non sapendo che erano complici) e
confidando sulla sua presunta furbizia, si faceva largo, sempre più
vicino al panchetto, soldi in mano e “zac” partiva la puntata sulla carta che credeva
di aver seguito in tutti i suoi spostamenti.
A
questo punto il gioco diventava psicologico. La “paranza” studiava in un
attimo il soggetto per capire se bastava farlo perdere una volta sola o se era
meglio incentivarlo con qualche vincita per spingerlo a puntare più volte con
la voglia di rifarsi ma col risultato di perdere tutto. Una vincita, una
perdita e così via. Al momento opportuno un'occhiata d'intesa e un urlo:
“ …’a polizia…’a polizia”…”. Non era vero ma, come per incanto, le carte
sparivano, il panchetto si ripiegava a libretto e tutti i compari sparivano
dissolvendosi tra la folla come in una rosa dei venti. Sul posto restava
il truffato, ma ormai era troppo tardi per capirlo.
Si
allontanava a testa bassa con un magone in gola, il portafoglio più leggero e
il dramma di doverlo raccontare a casa. Ho visto in quegli anni persone perdere
anche 2 o 300.000 mila lire. Poi i napoletani hanno capito che a Napoli non
c’era più spazio, che il gioco era “bruciato” e si doveva emigrare in altre città
per cercare clientela più vergine. Hanno colonizzato le varie piazze
d’Italia e il gioco si è anche evoluto, con paranze che oltre alle tre
carte usano i bicchieri o le campanelline sotto cui nascondono il cecio
o la pallina da scoprire. Cambia la location ma la sceneggiata è la stessa e
alla fine c’è sempre un truffato che resta e dei truffatori che fuggono.
Ora per la prima volta in
Italia il gioco dal reato di truffa semplice è stato "promosso"
ad associazione a delinquere finalizzata alla truffa. Ci ha pensato il
Tribunale di Torino che con le prove offerte dalle telecamere dei carabinieri
ha condannato 17 persone a tre anni di carcere. Quella paranza non
guadagnerà più oltre 3.000 euro al giorno ma di certo c’è già quella di riserva
che aspettava solo di entrare “in gioco”.