Ora ha paura del
fallimento e scarica il barile sugli altri. Grillo in una lunga e ossequiosa intervista di
Marco Travaglio ingrana la marcia indietro: "Fosse dipeso da me, ci
saremmo fermati ai comuni e alle regioni. Ma ora come fai a deludere le
aspettative di tanta gente? Io sono un non leader..."
di Francesco Maria Del Vigo - "Il Giornale.it" - 14 giugno 2012
Grillo ha paura
di se stesso. Che nella road map a Cinque Stelle Parma dovesse essere solo una
tappa e non un traguardo, lo avevamo già detto. Troppo difficile per un neonato
movimento amministrare una città con una voragine di bilancio.
Infatti
Federico Pizzarotti è ancora lì: fermo in alto mare, sommerso da una valanga di
curriculum tra i quali non riesce neppure lui a raccapezzarsi. E Grillo tenta di smarcarsi. Oggi arriva
la conferma che il grande capo è terrorizzato dal successo elettorale (secondo
gli ultimi sondaggi diffusi da La 7 i pentastellati sono la seconda forza del
paese, attorno al venti per cento e a pochi passi dal Partito Democratico).
Il M5S non è in grado di gestire un
successo di queste dimensioni e se, per caso, dovesse diventare il primo
partito alla prova dei fatti si smonterebbe bullone per bullone tutta la
virtuale macchina da guerra di Grillo e Casaleggio. Il comico è un po' come il
bambino che si stupisce di aver fatto una marachella più grande del previsto.
Ha lanciato il sasso, nascosto la mano, e ora si trova davanti a una valanga. E
vorrebbe darsela a gambe.
Grillo
manifesta tutte le sue perplessità in una lunga e adorante intervista dedicatagli da Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano (forse aveva ragione
Luca Telese a denunciare, sbattendo la porta, la deriva grillina del giornale
di Padellaro?). "Se ne stanno
andando troppo in fretta. Io faccio di tutto per rallentare, mi invento anche
qualche cazzata per dargli un po’ di ossigeno, ma non c’è niente da fare, non
si riesce a stargli dietro. Devo darmi una calmata nell’attaccare i partiti,
anzi devo convincere la gente a fare politica, a impegnarsi, a partecipare. È
una fase nuova, dobbiamo cambiare un po’ tutti, anch’io. La liquefazione del
sistema è talmente veloce che domani rischiamo di svegliarci e non trovarli
più. E poi come si fa? Non siamo pronti a riempire un vuoto così grande",
confessa Grillo.
Travaglio gli chiede cosa accadrebbe se il M5S superasse anche il Pd e salisse sul
primo gradino del podio: "Non mi ci far pensare. Cinquestelle primo
partito, col premio di maggioranza della porcata Calderoli che non riescono a
cancellare, 300 deputati… Ma io mica mi candido". E non vuol sentire
neppure parlare di governare: "Io
no, non ci casco. L’ho detto e lo ripeto, io nel palazzo non ci entro: non mi
lascio ingabbiare. Preferisco restare un battitore libero, un franco tiratore.
Fosse dipeso da me, ci saremmo fermati ai comuni e alle regioni, il movimento è
nato dimensionato sulle realtà locali. Il Parlamento è fatto su misura dei
partiti. Ma ora come fai a deludere le aspettative di tanta gente? Ci
costringono a presentarci alle politiche". Che è un po' come dire:
belin ragazzi mi avete preso sul serio, io stavo solo scherzando...
Ma Travaglio,
prima di presentarsi nel buen retiro genovese del comico, ha pensato bene di
limarsi le unghie e non osa affondare la sua penna nel ventre molle del
nonpiùcomico. Nemmeno quando Grillo confessa di sentire più di sette volte al
giorno il suo guru Gianroberto
Casaleggio, da molti accusato di essere il reale manovratore di tutto il
Movimento, Travaglio decide di affondare il colpo. Solo sull'espulsione di
Tavolazzi osa, ma Grillo lo gela: "Non
voglio parlar male di Tavolazzi, lo conosco da una vita, l’ho sostenuto quando
presentò la sua lista a Ferrara e al Cinquestelle manco ci pensavo. È onesto e
competente. Ma fa politica da troppi anni, ha la testa a forma di partito:
faceva riunioni, parlava ai nostri ragazzi di votazioni, organismi interni,
cariche, strutture verticali".
Poi Grillo
continua a vestire i panni di Ponzio Pilato: "Se falliamo, ci appendono per i piedi: almeno quelli che si
ostinano a pensare che l’Italia la salva l’uomo della Provvidenza che mette le
cose a posto mentre loro delegano e si disinteressano. Ma dai, ragazzi, basta
coi leader e i guru, diventiamo adulti: a Parma Pizzarotti non l’ho mica messo io, ce l’han messo i parmigiani, e
tocca a loro aiutarlo a salvare Parma. Così per l’Italia. La gente si dia da
fare, partecipi, rompa i coglioni, s’impegni. E io sarei il nuovo Mussolini:
più democratico di così! Lo so benissimo che non posso salvare l’Italia: io
getto le basi, faccio il rompighiaccio, dissodo il terreno, propongo un metodo
e qualche strumento. Poi ogni cittadino deve camminare con le sue gambe. Io il
mio lavoro l’ho fatto. Ora tocca agli italiani". Insomma, ancora una
volta, sono tutti cazzi nostri.