Nicolò Amato è stato
magistrato alla Procura della Repubblica di Roma, dove ha seguito le più
importanti inchieste tra gli anni 70 e 80. In quegli anni è titolare delle inchieste
sui Nap, sull'attentato a Papa Giovanni Paolo II e per l'omicidio Aldo
Moro.
E' stato dal
1982 al giugno 1993 (quando fu rimosso) direttore della "Direzione Generale degli Istituti di Prevenzione e Pena" del Ministero della
Giustizia poi divenuto Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria).
Nicolò Amato |
di Lorenzo Lamperti -
Affaritaliani.it - 12.7.2012
"Nel febbraio del
1993 Scalfaro ha ricevuto dalla mafia una lettera dove si chiedeva il mio
allontanamento. Fatto sta che dopo qualche mese fui cacciato".
Nicolò Amato,
direttore del Dap dal 1982 al 1993, parla della stagione
più nera per le istituzioni italiane in una lunga intervista ad
Affaritaliani.it: "Il Presidente della Repubblica decise la mia
destituzione nonostante la cosa non fosse di sua competenza. Perché fui mandato
via? Sapevano che avrei proseguito sulla strada del carcere duro".
Si può parlare di
trattativa?
"E' un fatto
che le richieste della mafia siano state accolte". E sulla versione
dell'ex ministro della Giustizia Conso: "E' impossibile che abbia deciso
da solo la revoca del 41 bis. E al Dap più che Capriotti, comandava il suo
vice, Di Maggio". Chi cede non è perseguibile, ma secondo Amato "non
si sarebbe mai dovuto cedere alle pressioni di Cosa Nostra". E sulla
Commissione Antimafia che ha deciso di non riconvocarlo: "Ora so molte
cose in più di quando sono ascoltato. Se c'è voglia di arrivare alla verità?
Bisognerebbe chiederlo a chi la cerca".
Professor Amato,
sono passati 20 anni dall'inizio della politica stragista di Cosa Nostra e
ancora non sappiamo la verità su quella drammatica stagione. Di chi è la colpa?
"E' una verità
difficile. E' molto complicato scoprire quello che è successo davvero. Però
credo che siamo sulla strada giusta per scoprirla"
Recentemente è stata
resa pubblica una lettera inviata da parenti di mafiosi all'allora Presidente
della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.
http://palermo.repubblica.it/cronaca/2011/11/17/foto/la_lettera_ultimatum_dei_boss_revocate_il_carcere_duro-25186023/1/
Quanto è importante per capire quello che è successo?
http://palermo.repubblica.it/cronaca/2011/11/17/foto/la_lettera_ultimatum_dei_boss_revocate_il_carcere_duro-25186023/1/
Quanto è importante per capire quello che è successo?
"E' una lettera
molto importante ai fini di scoprire la verità di cui stiamo parlando. E'
arrivata a Scalfaro nel febbraio del 1993 quando io ero ancora a capo del Dap.
La cosa inquietante è che nessuno mi ha mai parlato di questa lettera ed è
istituzionalmente inspiegabile perché la competenza a occuparsene era mia.
Sarebbe stato un dovere mettermi a conoscenza di questa lettera, anche perché
conteneva minacce nei miei confronti."
Quando ha
scoperto l'esistenza di questa lettera?
"Ne sono venuto
a conoscenza solo qualche mese fa e ho potuto vedere che vi si chiedeva
espressamente il mio allontanamento dal Dap, addebitandomi la “responsabilità”
del cosiddetto "carcere duro" nei confronti della criminalità
organizzata"
E in effetti
lei fu cacciato dal Dap...
"Grazie a una
testimonianza acquisita attraverso un cappellano carcerario, don Fabio Fabbri,
ho scoperto che pochi giorni dopo l'arrivo della lettera Scalfaro convocò al
Quirinale l'allora capo dei cappellani carcerari, monsignor Cesare Curioni. Il
Presidente comunicò a don Curioni, persona tra l'altro degnissima, che il mio
tempo al Dap era finito. E lo invitava a mettersi in contatto con l'allora
ministro della Giustizia Conso al fine di trovare il mio sostituto.
"
Oscar Luigi Scalfaro |
Una decisione presa
da Scalfaro, quindi...
"Io racconto
semplicemente i fatti, non accuso nessuno. Tantomeno Scalfaro, verso il quale
ho sempre nutrito stima. Però quando sono venuto a conoscenza di questa
circostanza mi sono chiesto che cosa c'entrasse la presidenza della Repubblica
con la decisione di cambiare il capo del Dap.
"
Fu un'invasione di
campo da parte di Scalfaro?
"La decisione
sarebbe dovuta rientrare nella competenza del governo e in particolare del
ministro della Giustizia. Invece questa scelta fu comunicata per primo al capo
dei cappellani carcerari che non aveva alcuna competenza istituzionale per
occuparsi dell'argomento. Conso non ne sapeva niente, tanto che don Fabbri
riporta come il ministro, appresa la notizia, si fosse messo le mani nei
capelli dicendo: "E adesso che cosa facciamo?" Tra l'altro c'è un
altro fatto inquietante...
"
Quale?
"Don Cesare
Curioni era la stessa persona che ai tempi del sequestro Moro, su incarico del
pontefice del tempo Paolo VI, aveva tentato attraverso contatti con i
brigatisti rossi in carcere di liberarlo. Credo siano fatti abbastanza
eloquenti."
In che senso? Che
cosa è successo veramente?
"La mafia ha
chiesto attraverso questa lettera anonima la mia destituzione. Sta di fatto che
questa richiesta è stata accolta. Qualche mese dopo l'arrivo della lettera sono
stato mandato via senza una parola di spiegazione o di chiarimento. A conferma
che la ragione vera non poteva essere confessata."
Quindi si può dire
che la famosa trattativa Stato-mafia ci sia stata davvero?
"Bisogna
mettersi d'accordo sulle parole. Se per trattativa si intende che si sono
seduti a un tavolo boss della mafia e rappresentanti di settori deviati dello
Stato non c'è una prova che questo sia effettivamente successo. Però sta di
fatto che la mafia ha esercitato sullo Stato e sulle istituzioni una pressione
illecita sostenuta dalle stragi. E di fatto quello che la mafia chiedeva è
stato concesso."
Dopo la sua
destituzione che cosa è cambiato?
"E' stata
ribaltata la politica penitenziaria. Fino al 4 giugno 1993 la politica
carceraria nei confronti della mafia è stata inflessibile e durissima. Quando
sono stato mandato via la linea è diventata sin da subito molto più morbida. Io
ho lasciato oltre 1300 detenuti di mafia sottoposti al 41 bis, che in pochi
mesi si sono ridotti a circa 400.
"
E' possibile che
l'ex ministro Conso abbia deciso da solo, come lui ha dichiarato alla
magistratura, la mancata proroga dei 41 bis?
"No,
sinceramente non ci credo. Il ministro della Giustizia non è in grado di
prendere da solo decisioni di questo tipo, ma agisce sulla base di proposte del
Dap. Ci sono degli appunti che dimostrano come le mancate revoche siano state
proposte dal Dap ed essi smentiscono quanto ha detto Conso.
"
Che rapporto ha
avuto con i suoi successori, Capriotti e Di Maggio?
"Con loro non
ho avuto nessun rapporto. Sono stato mandato via in maniera improvvisa e
brutale. Ogni mio rapporto con il Dap e le istituzioni quel giorno è finito.
Totalmente."
Tra Capriotti e Di
Maggio, che era il suo vice, chi comandava davvero?
"Di Maggio era
la personalità “forte” alla direzione del Dap. Formalmente era subordinato a
Capriotti, perché era vicedirettore generale, ma chi ha conosciuto le persone
non ha difficoltà a capire che tra i due chi contava di più era certamente Di
Maggio.
"
Lei descrive come
"buono" il suo rapporto con l'ex ministro Martelli. Poi però tra di
voi c'è stata qualche polemica. Che cosa è cambiato?
"Ho avuto modo
di parlare recentemente con Martelli e abbiamo chiarito. Martelli ha fatto
polemiche sulla base di informazioni inesatte che gli sono state fornite da
alcuni suoi collaboratori del tempo ma in realtà lui ha riconosciuto che le
nostre politiche di durezza nei confronti della mafia coincidevano
totalmente.
"
Nel suo libro lei
però scrive che in alcuni frangenti Martelli non accolse le sue richieste per
un trattamento più severo a carico dei detenuti mafiosi.
"E’ vero, ma
sono convinto che le divergenze con Martelli siano dipese da interventi di
uffici diversi che hanno ostacolato la chiarezza dei nostri rapporti.
"
Il 41 bis era
abbastanza duro?
"In un
documento del 6 marzo del 1993 proponevo al ministro Conso due modifiche alla
legislazione per combattere davvero la mafia: primo, l'ascolto e la
registrazione dei colloqui tra i detenuti di mafia e i congiunti; secondo, la
fine del turismo giudiziario. Ovvero collegare audiovisivamente le aule di
udienza con il carcere dove erano detenuti i mafiosi. Questo per isolarli
totalmente. Nel 2001 e nel 2002 sono state fatte due leggi che hanno accolto
queste proposte che io ho fatto per primo, 18-19 anni prima.
"
I pm di Palermo
hanno chiarito che nell'ambito dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia è
perseguibile chi ha esercitato pressioni sulle istituzioni e non invece chi ha
ceduto alle richieste della mafia, anche perché non esiste un reato di
trattativa. Al di là dell'azione penale, lei crede che cedere alle richieste di
Cosa Nostra rappresenti una colpa?
"Non è
accettabile, non è consentito e non è eticamente condivisibile il fatto di
cedere in qualsiasi punto o in qualsiasi modo alle pressioni della criminalità
organizzata. Alla mafia si sarebbe dovuto contrapporre un no totale e deciso.
Sempre.
"
Come mai una volta
via dal Dap ha deciso di difendere, in veste di avvocato, Ciancimino?
"Quando sono
stato cacciato non mi è stata offerta nessuna possibilità di lavoro. Ho fatto
l'unica cosa che potevo fare, cioè l'avvocato. E come avvocato ho difeso chi mi
ha chiesto di essere difeso. Ciancimino l'ho difeso nel 1994 quando tutta la
vicenda della trattativa era già, come poi abbiamo visto, definitivamente
chiusa.
"
Diversi mesi fa lei
è stato ascoltato dalla Commissione Antimafia. Nel frattempo lei è venuto a
conoscenza di nuovi elementi e ha anche prodotto un memoriale. Sarà sentito
nuovamente?
"Non c'è
l'intenzione di risentirmi. Ritengono esaustivo il mio memoriale, ma è molto
diverso dalle audizioni precedenti perché è basato su fatti e documenti che non
conoscevo quando sono stato ascoltato dall'Antimafia."
Quindi sarebbe
necessaria una nuova audizione?
E' necessario
arrivare alla verità.
Ma lei vede la
voglia di arrivarci?
"Bisognerebbe
chiederlo a chi la cerca. Quel che è certo è che ormai gran parte della verità
è nota. Ed è una verità sconvolgente, agghiacciante. Nella quale è stata
sacrificata alla mafia la testa di chi aveva lottato per anni contro la
criminalità organizzata del terrorismo politico e della mafia stessa."