È una
sensazione eccitante: accendi un fumogeno, ti cambi d’abito nella nuvola di
gas, metti a ferro e a fuoco la città, e sfili indisturbato fra due ali di
folla, di polizia, di cameramen e di fotografi professionisti e dilettanti:
nessuno ti tocca, neppure una pieghina sulla tuta, bello lindo e liscio come
l’olio. Meglio di Mosè tra le acque del Mar Rosso.
da Il Fatto Quotidiano - 3 maggio 2015
Marco Travaglio
Salve, sono un black bloc. Vengo da fuori, ma non vi dico da dove, tanto lo
sapete benissimo (mi riferisco all’intelligence italiana, che è sempre molto
intelligente).
E niente, vorrei parlarvi un po’ del mio lavoro, che mi dà tante
soddisfazioni, soprattutto in Italia.
È un bell’impiego, non c’è che dire, specie
con questi chiari di luna. Ben pagato, anche. Io peraltro sono una vocazione
precoce: sognavo di spaccare tutto fin da piccolo.
I miei matusa, ingenui, mi
dicevano: “Così non vai da nessuna parte, devi smetterla di sfasciare ogni cosa
che vedi, fatti una posizione”. Ho fregato anche loro: mi son fatto una
posizione sfasciando tutto.
Sono richiestissimo, indosso una divisa strafica (il nero della tuta mi
slancia e acchiappo un casino), giro il mondo. Prima, ai tempi del G8 di
Genova, avevo un contratto Co.Co.Co (acronimo di Cosa Colpire a Cottimo), poi
trasformato in Co.Co.Pro (Cosa Colpire a Progetto). Ora invece, grazie al Jobs
Act, mi han fatto un tempo indeterminato a tutele crescenti: più vetrine
sfascio, più macchine incendio, più negozi devasto, più poliziotti meno, più le
autorità italiane mi proteggono. Avete mai visto un black bloc manganellato o
arrestato in Italia? Io mai (parlo di noi col marchio Doc, diffidate dalle
imitazioni e dai franchising). È una sensazione eccitante: accendi un fumogeno,
ti cambi d’abito nella nuvola di gas, metti a ferro e a fuoco la città, e sfili
indisturbato fra due ali di folla, di polizia, di cameramen e di fotografi
professionisti e dilettanti: nessuno ti tocca, neppure una pieghina sulla tuta,
bello lindo e liscio come l’olio. Meglio di Mosè tra le acque del Mar Rosso.
Nel 2001, quando ho debuttato a Genova, non ci volevo credere. I miei
istruttori mi avevano detto: “Andiamo là, sfasciamo tutto, non ci fanno niente
e torniamo a casa”. Parlavano anche di un contratto nero su bianco, ma io
quando vidi tutta quella polizia in tenuta antisommossa pensai a una frottola
per convincermi a partire. Invece avevano ragione loro: la polizia menava i
ragazzini, i vecchietti, persino qualche suora, ma a noi non ha torto un capello.
Non per nulla avevamo la divisa: per farci riconoscere. Alcuni dei nostri
entravano e uscivano dalla Questura e fuori le solite zecche coi telefonini
filmavano la scena. Ho detto: “Siamo fritti”. Invece poi le zecche sono andate
a dormire alla Diaz e la polizia ha distrutto tutto: crani, nasi, ossa,
cartilagini, braccia, gambe, toraci, e naturalmente cellulari e filmati. Un
lavoro da manuale, roba che mi son sentito un dilettante: però ho imparato
molto. Da allora, con un po’ di amici, abbiamo messo su un’agenzia, la GEPI:
Grandi Eventi Pronto Intervento. Siamo richiestissimi.
In Italia facciamo sempre comodo a qualcuno per sputtanare quelli che nei
movimenti antagonisti si battono pacificamente (pensa quanto sono coglioni)
contro le mafie e le bande nascoste dietro le sigle Tav Torino-Lione, Expo
Milano 2015, Mose, ecc. Appena si muovono, arriviamo noi e sfasciamo tutto.
All’inizio era un secondo lavoro, ora è diventato il primo: abbiamo proprio una
tessera-coupon con lo strappino da staccare di volta in volta.
E i capi dei No-Qualcosa ci lasciano fare. Un po’ perché non hanno ancora
capito che a noi non frega una beneamata cippa del Tav, di Expo, del Mose
(veniamo da Belgio, Germania, di qua e di là e manco sappiamo che roba è,
quella). Un po’ perché non hanno ancora capito che noi lavoriamo contro di
loro. O, se l’hanno capito, fanno pippa perché hanno paura di noi, o perché gli
facciamo comodo, li facciamo sentire importanti e temuti, con tutti quei titoli
sui tg e i giornali. Se sfilassero pacificamente, non se li filerebbe nessuno.
E la stampa parlerebbe d’altro: dei disoccupati che aumentano, delle bugie del
governo sulla crescita, dell’Expo tutto calcinacci e cartongesso per nascondere
i cantieri mai finiti, degli inquisiti candidati alle Regionali.
Noi siamo l’offerta a una domanda di mercato: facciamo comodo a tutti, al
governo e agli antagonisti. Non c’è neppure bisogno che ci chiamino: lo
sappiamo noi quando serviamo, partiamo da soli senz’avvertire nessuno. Tanto lo
sanno tutti che arriviamo: gli antagonisti come il governo. Scusate, ma che
altro han mai fatto i servizi segreti italiani dagli anni 60 a oggi se non
infiltrare i gruppi antigovernativi di destra e di sinistra?
Nel 1969 sapevano che i fascisti avrebbero piazzato la bomba in piazza Fontana,
e gliela lasciarono piazzare. Nel 1978 sapevano che le Br avrebbero rapito
Moro, e glielo lasciarono rapire. Nel 2001 sapevano che avremmo distrutto
Genova, e ce la lasciarono distruggere. È una tecnica vecchia come l’Italia: si
chiama “destabilizzare per stabilizzare”. E funziona ancora: dopo 50 anni, la
“pista anarchica è un evergreen. L’altroieri lo sapevano benissimo che avremmo
fatto quei danni a Milano, e ce li hanno lasciati fare.
Non parlo dei poveri e ignari poliziotti da strada, mandati allo sbaraglio
con l’ordine di non caricare (tant’è che sono riuscito a incendiarne uno così,
en passant). Parlo di chi, dietro e sopra di loro, sapeva da mesi del nostro
arrivo, e l’ha pure fatto scrivere dai giornali e dire dai tg per fare bella
figura, poi ci ha spianato la strada come sempre. Con la differenza che con
Berlusconi l’ordine era di menare qualcuno purchessia, a caso (esclusi noi, ci
mancherebbe). Ora invece, dopo la sentenza di Strasburgo sulle torture alla
Diaz, la consegna è non menare più nessuno: prenderle e basta. Così poi le
vostre solite teste di Twitter possono dare la colpa a Fedez (un rapper
mandante nostro? Uahahahahah). E quel genio di Alfano può dire che “abbiamo
evitato il peggio”. Ma come si permette di svilire così il nostro onesto
lavoro? Che si aspettava, i bombardamenti di Dresda? Comunque, messaggio
recepito: al prossimo grande evento, faremo meglio.