sabato 16 maggio 2015

CARCERE : SI, NO, FORSE, PERO'

Aldo Maturo

Viene il dubbio che la riforma sia stata fatta per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri nella maniera più semplice: evitiamo il sovraffollamento limitando le possibilità di andare in carcere. Al sistema delle “porte girevoli” (si entrava in carcere e, in molti casi, dopo massimo 5 giorni si poteva essere rimessi in libertà) è subentrato il sistema delle “porte chiuse”. Tecnicamente si dice deflazionare i carichi di giustizia. In che modo? Escludendo la punibilità di un bel numero di reati, quelli più ricorrenti, quelli che nell’ambiente dei tribunali si chiamano “bagatellari”. Chissà se le vittime di tali reati (i più frequenti) condividono tale giudizio.

Mi riferisco al decreto legislativo n.28/2015 che ha introdotto nel codice penale l’art.131 bis che prevede la non punibilità per i reati per i quali è prevista “la pena detentiva non superiore nel massimo a 5 anni ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta, laddove l’offesa, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art.133/1, sia di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.”
I presupposti sono quindi tre:  pena prevista non superiore a 5 anni, l’offesa deve essere ritenuta tenue e il comportamento del soggetto che lo ha commesso non deve essere abituale. I reati interessati sono 112 ( http://aldomaturo.blogspot.it/2014/12/governo-renzi-follia-di-stato-e-licenza.html). Qualche esempio? Abuso d’ufficio, oltraggio a pubblico ufficiale, atti osceni, ingiuria, percosse, diffamazione, violazione di domicilio, furto semplice, lesioni colpose, rissa, etc..
Di certo non sono ritenuti “tenui” (anche se rientrano nei 5 anni di pena) alcuni reati, quali maltrattamenti in famiglia, violazione degli obblighi di assistenza familiare, abuso di mezzi di correzione, atti persecutori (Stalking), furto in abitazione, scippo, maltrattamento di animali.
Il “beneficio” non è applicabile a chi ha precedenti penali o è recidivo. Infatti l’archiviazione non esclude l’iscrizione nel casellario giudiziario, per cui per 10 anni il reato costituirà comunque un “precedente”.
Sarà compito del giudice valutare la scarsa gravità dell’offesa e la non abitualità del comportamento. Insomma dovrà valutare non solo il comportamento di chi ha commesso il reato, ma anche il pericolo che ha procurato ad altri, il grado di colpa o dolo, la capacità a delinquere desunta dai motivi, dai precedenti, dalle condizioni di vita familiare e personale.
Una tale valutazione potrà essere fatta già dal pubblico ministero a chiusura delle indagini o dal giudice, in fase successiva.
Ma alla sostanziale non punibilità di circa 112 reati, il Governo ha ritenuto di aggiungere altri paletti al rischio di finire in carcere. In che modo?  Con la riforma delle misure cautelari, entrata in vigore l’8 maggio scorso.
La custodia cautelare in carcere deve essere l’ultima soluzione da adottare e può essere disposta soltanto quando appaiono inadeguate altre misure coercitive ed interdittive (Es. divieto di esercitare una professione, ritiro del passaporto, obbligo di dimora)
La custodia cautelare era adottata, prima della riforma, quando il giudice riteneva che, lasciando in libertà chi aveva commesso il reato, ci poteva essere concreto pericolo di fuga, rischio di inquinamento delle prove o pericolo che il soggetto potesse reiterare il reato. Con la nuova riforma questi presupposti non sono più sufficienti o legati solo alla gravità del reato. E’ necessario valutare caso per caso che il pericolo sia non solo “concreto” ma anche “attuale”. Oltre alla gravità ed alle modalità del delitto si dovranno prendere in considerazione anche altri parametri quali i precedenti, i comportamenti, la personalità dell'imputato, etc. Ed ancora, il giudice non potrà motivare l'applicazione della misura cautelare per relationem, cioè riportandosi agli atti del pubblico ministero, ma dovrà corredare la sua decisione con una adeguata, autonoma ed approfondita motivazione che dovrà tenere in dovuta considerazione anche gli argomenti dei difensori dell’imputato. Dovrà cioè spiegare perché, disponendo la custodia cautelare, non ha accolto i motivi della difesa.
Per fortuna, rimangono esclusi da queste limitazioni i reati particolarmente gravi quali i delitti di mafia, di associazione terroristica (anche internazionale) ed associazione sovversiva.  Per questi reati rimane la presunzione di assoluta idoneità della custodia cautelare in carcere. Per altri importanti reati (ad es. omicidio, violenza sessuale e sequestro di persona a scopo di estorsione) la misura della custodia cautelare non trova applicazione qualora si riesca a dimostrare che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con il ricorso ad altre misure.
E’ stata modificata anche la normativa relativa agli arresti domiciliari. Prima chi violava le prescrizioni allontanandosi dall’abitazione sapeva che automaticamente ritornava in carcere. Adesso il giudice può decidere di continuare ad applicare gli arresti domiciliari se la violazione è stata da lui considerata di lieve entità.
Non dimentichiamo che nemmeno un anno fa la legge 117/2014 ha previsto il diritto per un detenuto ad ottenere la riduzione di un giorno di pena per ogni dieci espiati in violazione del suo diritto a uno spazio e a condizioni adeguate (almeno 3 metri quadri a persona). Per i detenuti già usciti in libertà, invece, è stato previsto un risarcimento di otto euro per ciascun giorno di carcere espiato in stato di sovraffollamento.
Dopo le riforme che abbiamo riportato brevemente, di certo la Corte di Giustizia Europea  non potrà più farci rimproveri e diffide. Per i risvolti della nuova normativa sull’ordine pubblico, invece, dovremo aspettare le prossime statistiche del crimine.