Da dove viene l'ISIS,
perché pubblica video così violenti e che cosa vuole: una breve guida per chi
si è perso in una delle storie più importanti degli ultimi mesi, dalla Siria
alla Libia. I sostenitori dello Stato islamico hanno pubblicato su twitter una mappa (che vedete)che indica i territori che i terroristi vogliono conquistare entro cinque anni per estendere i domini del neonato califfato.
Il testo che segue è tratto da IL POST - 16.2.2015
L’ISIS, cioè
l’organizzazione terroristica nota come “Stato Islamico” (e per questo chiamato
anche IS, acronimo di “Islamic State”), continua a essere da mesi uno dei temi
più discussi dai media e dai governi internazionali. Negli ultimi giorni le
notizie della sua espansione, tramite gruppi di miliziani affiliati all’ISIS,
in Libia e la
pubblicazione di un video in cui 21 prigionieri egiziani vengono decapitati ha
portato a nuove e ulteriori preoccupazioni sulle capacità e le potenzialità del
gruppo islamista. Abbiamo aggiornato le 12 domande e altrettante risposte da cui partire per
chiarire e capire cose in più dell’ISIS, e per non occuparsene solo con
l’indignazione di chi ha visto un video terribile di 21 prigionieri uccisi sgozzati
o di una persona bruciata viva in una gabbia.
1. Quando è nato?
Lo Stato Islamico
dell’Iraq e del Levante (ISIS) – il nome del gruppo prima che decidesse di
chiamarsi “Stato Islamico” (IS o ISIS) – è nato nell’aprile del 2013. Prima
si chiamava al Qaida in Iraq (AQI), nome che indicava due cose: la sua alleanza
con al Qaida e il fatto che agisse solo in Iraq.
2. Da dove arriva l’ISIS?
Nei primi anni Duemila
era la divisione irachena di al Qaida. Abu Musab al-Zarqawi, fondatore del
gruppo, voleva creare un califfato provocando una guerra civile in Iraq. Lo
Stato Islamico ha cominciato a combattere anche in Siria nell’aprile del 2013:
oggi è il più forte avversario del regime di Assad.
3. Chi è il capo?
Si chiama Abu Bakr al Baghdadi, è nato nel
1971 nella città irachena di Samarra. Negli anni Duemila ha combattuto i
soldati americani in Iraq: è diventato capo dell’ISIS alla morte del suo
predecessore, Abu Omar al Baghdadi, nell’aprile del 2010.
4. Perché viene
chiamato con tanti acronomi diversi?
L’acronimo IS (che
viene da “Islamic State”, “Stato Islamico”) è dovuto al fatto che il gruppo si fa chiamare
così dal giugno 2014, quando ha proclamato il Califfato.
Il governo americano usa ISIL (“Stato Islamico dell’Iraq e del Levante”, dove
Levante è un’ampia regione che va dalla Turchia all’Egitto), perché ritiene che
usando IS si dia legittimità al Califfato. Altre testate internazionali usano
ISIS (“Stato Islamico dell’Iraq e della Siria”), che è praticamente uguale a
ISIL (il nome arabo di Levante è al-Sham, da qui l’equivalenza nell’usare ISIS
e ISIL). Ogni tanto si sente anche Daesh, l’acronimo arabo di ISIS.
5. Da quanti miliziani
è formato l’ISIS?
Non si sa il numero
con precisione, ma potrebbero essere
tra i 15mila e i 30mila. Il governo americano ha detto che
dall’inizio degli attacchi aerei sono stati uccisi 6mila miliziani.
L’intelligence dice che circa 4mila stranieri si sono uniti all’IS da
settembre. Sembra che l’ISIS in Libia sia
formato invece da libici tornati dalla guerra in Siria: secondo alcuni conta
circa un migliaio di miliziani. Semplificando: il numero dei combattenti nel
complesso non sta diminuendo.
6. Dove opera?
Lo Stato Islamico
controlla circa metà della Siria (mappa) e un terzo
dell’Iraq (mappa). Altri
territori risultano occupati in Libia,
da miliziani che dicono di essere affiliati all’ISIS. I confini del Califfato
sono flessibili, a seconda delle vittorie e delle sconfitte militari. Ci sono
anche delle “province”, o gruppi affiliati: nel Sinai, in Algeria,
in Libia, in Arabia Saudita e in Yemen.
7. Cosa vuole ottenere
l’ISIS?
Un Califfato Islamico
che venga governato sulla base di un’interpretazione molto rigida della sharia.
L’ISIS non ha l’interesse prioritario a fare attentati in Occidente, a meno che
questo sia funzionale ad alzare il livello dello scontro e reclutare nuovi
miliziani.
8. Cosa c’entra col
resto del terrorismo jihadista?
È nato come divisione
di al Qaida in Iraq. Quando ha cominciato a combattere in Siria, l’ISIS si è
alleato con il Fronte al Nusra,
divisione siriana di al Qaida. Poi si è divisa del tutto da al Qaida, e i due
gruppi sono diventati nemici: oggi competono per la supremazia nel
mondo jihadista.
9. Perché le azioni
dei suoi miliziani sono così brutali?
Il clima di
contrapposizione totale con i nemici rende possibili alleanze con alcuni gruppi
sunniti iracheni (contro gli sciiti per esempio) ed è funzionale alla creazione
di un Califfato che, come lo immaginava Zarqawi,
dovrebbe portare alla purificazione del mondo musulmano». Inoltre la guerra
totale dell’ISIS è fatta per “superare a destra” al Qaida, principale
avversario nel mondo jihadista.
10. Ha degli amici?
Nessuno stato al mondo
si è finora alleato con l’ISIS: i suoi benefattori sono privati cittadini,
soprattutto da Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Qatar e Kuwait, che per
diverso tempo hanno sostenuto i gruppi che combattevano contro Assad, tra cui
proprio lo Stato Islamico.
11. Come si mantiene?
Con un vasto sistema
di tasse ed estorsioni, con la vendita di petrolio estratto soprattutto nella
Siria orientale e in misura minore con i riscatti e le donazioni di privati.
Buona parte dei traffici illeciti dell’ISIS avviene attraverso il confine con
la Turchia. E no: non ci sono gli Stati Uniti dietro
all’ISIS.
12. Sta vincendo?
L’ISIS ha subito di recente delle sconfitte
militari importanti, per esempio a Kobane e nella
provincia orientale irachena di Diyala. Il suo modello di stato sembra essere entrato in crisi.
Non sembra però che i suoi nemici abbiano trovato una strategia per
sconfiggerlo, né in Siria né in Iraq, mentre in Libia la situazione è ancora
piuttosto incerta. Quindi no, non sta vincendo. Ma è difficile pensare che
possa perdere nel breve periodo.
_____________________________________
Il reporter di VICE News Medyan Dairieh ha passato tre settimane
tra i combattenti dello Stato Islamico a Raqqa, in Siria. Dairieh è un
corrispondente di guerra ed è il primo giornalista di una testata occidentale a
realizzare un reportage sullo Stato Islamico.
Il documentario è diviso in cinque parti: la diffusione del
Califfato, il reclutamento dei bambini per il jihad, il rafforzamento della
sharia, il trattamento dei cristiani rimasti in città e lo stato in cui si
trova il confine tra Siria e Iraq.
Il video mette in luce come funziona il nuovo Stato: leggi,
tribunali, tasse e reclutamento, mentre i soldati combattono al fronte.
Il trailer di 1 minuto
In
collaborazione con Dario Sabaghi, Giulia Alfieri e gli altri membri della
redazione di The Post Internazionale.