martedì 17 febbraio 2015

L'ISIS IN 12 PUNTI


Da dove viene l'ISIS, perché pubblica video così violenti e che cosa vuole: una breve guida per chi si è perso in una delle storie più importanti degli ultimi mesi, dalla Siria alla Libia. I sostenitori dello Stato islamico hanno pubblicato su twitter una mappa (che vedete)che indica i territori che i terroristi vogliono conquistare entro cinque anni per estendere i domini del neonato califfato.


Il testo che segue è tratto da IL POST - 16.2.2015

 
L’ISIS, cioè l’organizzazione terroristica nota come “Stato Islamico” (e per questo chiamato anche IS, acronimo di “Islamic State”), continua a essere da mesi uno dei temi più discussi dai media e dai governi internazionali. Negli ultimi giorni le notizie della sua espansione, tramite gruppi di miliziani affiliati all’ISIS, in Libia e la pubblicazione di un video in cui 21 prigionieri egiziani vengono decapitati ha portato a nuove e ulteriori preoccupazioni sulle capacità e le potenzialità del gruppo islamista. Abbiamo aggiornato le 12 domande e altrettante risposte da cui partire per chiarire e capire cose in più dell’ISIS, e per non occuparsene solo con l’indignazione di chi ha visto un video terribile di 21 prigionieri uccisi sgozzati o di una persona bruciata viva in una gabbia.


1. Quando è nato?
Lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS) – il nome del gruppo prima che decidesse di chiamarsi “Stato Islamico” (IS o ISIS) – è nato nell’aprile del 2013. Prima si chiamava al Qaida in Iraq (AQI), nome che indicava due cose: la sua alleanza con al Qaida e il fatto che agisse solo in Iraq.

2. Da dove arriva l’ISIS?
Nei primi anni Duemila era la divisione irachena di al Qaida. Abu Musab al-Zarqawi, fondatore del gruppo, voleva creare un califfato provocando una guerra civile in Iraq. Lo Stato Islamico ha cominciato a combattere anche in Siria nell’aprile del 2013: oggi è il più forte avversario del regime di Assad.

3. Chi è il capo?
Si chiama Abu Bakr al Baghdadi, è nato nel 1971 nella città irachena di Samarra. Negli anni Duemila ha combattuto i soldati americani in Iraq: è diventato capo dell’ISIS alla morte del suo predecessore, Abu Omar al Baghdadi, nell’aprile del 2010.

4. Perché viene chiamato con tanti acronomi diversi?
L’acronimo IS (che viene da “Islamic State”, “Stato Islamico”) è dovuto al fatto che il gruppo si fa chiamare così dal giugno 2014, quando ha proclamato il Califfato. Il governo americano usa ISIL (“Stato Islamico dell’Iraq e del Levante”, dove Levante è un’ampia regione che va dalla Turchia all’Egitto), perché ritiene che usando IS si dia legittimità al Califfato. Altre testate internazionali usano ISIS (“Stato Islamico dell’Iraq e della Siria”), che è praticamente uguale a ISIL (il nome arabo di Levante è al-Sham, da qui l’equivalenza nell’usare ISIS e ISIL). Ogni tanto si sente anche Daesh, l’acronimo arabo di ISIS.

5. Da quanti miliziani è formato l’ISIS?
Non si sa il numero con precisione, ma potrebbero essere tra i 15mila e i 30mila. Il governo americano ha detto che dall’inizio degli attacchi aerei sono stati uccisi 6mila miliziani. L’intelligence dice che circa 4mila stranieri si sono uniti all’IS da settembre. Sembra che l’ISIS in Libia sia formato invece da libici tornati dalla guerra in Siria: secondo alcuni conta circa un migliaio di miliziani. Semplificando: il numero dei combattenti nel complesso non sta diminuendo.

6. Dove opera?
Lo Stato Islamico controlla circa metà della Siria (mappa) e un terzo dell’Iraq (mappa). Altri territori risultano occupati in Libia, da miliziani che dicono di essere affiliati all’ISIS. I confini del Califfato sono flessibili, a seconda delle vittorie e delle sconfitte militari. Ci sono anche delle “province”, o gruppi affiliati: nel Sinai, in Algeria, in Libia, in Arabia Saudita e in Yemen.

7. Cosa vuole ottenere l’ISIS?
Un Califfato Islamico che venga governato sulla base di un’interpretazione molto rigida della sharia. L’ISIS non ha l’interesse prioritario a fare attentati in Occidente, a meno che questo sia funzionale ad alzare il livello dello scontro e reclutare nuovi miliziani.
8. Cosa c’entra col resto del terrorismo jihadista?

È nato come divisione di al Qaida in Iraq. Quando ha cominciato a combattere in Siria, l’ISIS si è alleato con il Fronte al Nusra, divisione siriana di al Qaida. Poi si è divisa del tutto da al Qaida, e i due gruppi sono diventati nemici: oggi competono per la supremazia nel mondo jihadista.

9. Perché le azioni dei suoi miliziani sono così brutali?
Il clima di contrapposizione totale con i nemici rende possibili alleanze con alcuni gruppi sunniti iracheni (contro gli sciiti per esempio) ed è funzionale alla creazione di un Califfato che, come lo immaginava Zarqawi, dovrebbe portare alla purificazione del mondo musulmano». Inoltre la guerra totale dell’ISIS è fatta per “superare a destra” al Qaida, principale avversario nel mondo jihadista.

10. Ha degli amici?
Nessuno stato al mondo si è finora alleato con l’ISIS: i suoi benefattori sono privati cittadini, soprattutto da Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Qatar e Kuwait, che per diverso tempo hanno sostenuto i gruppi che combattevano contro Assad, tra cui proprio lo Stato Islamico.

11. Come si mantiene?
Con un vasto sistema di tasse ed estorsioni, con la vendita di petrolio estratto soprattutto nella Siria orientale e in misura minore con i riscatti e le donazioni di privati. Buona parte dei traffici illeciti dell’ISIS avviene attraverso il confine con la Turchia. E no: non ci sono gli Stati Uniti dietro all’ISIS.

12. Sta vincendo?
L’ISIS ha subito di recente delle sconfitte militari importanti, per esempio a Kobane e nella provincia orientale irachena di Diyala. Il suo modello di stato sembra essere entrato in crisi. Non sembra però che i suoi nemici abbiano trovato una strategia per sconfiggerlo, né in Siria né in Iraq, mentre in Libia la situazione è ancora piuttosto incerta. Quindi no, non sta vincendo. Ma è difficile pensare che possa perdere nel breve periodo.
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Il reporter di VICE News Medyan Dairieh ha passato tre settimane tra i combattenti dello Stato Islamico a Raqqa, in Siria. Dairieh è un corrispondente di guerra ed è il primo giornalista di una testata occidentale a realizzare un reportage sullo Stato Islamico.
Il documentario è diviso in cinque parti: la diffusione del Califfato, il reclutamento dei bambini per il jihad, il rafforzamento della sharia, il trattamento dei cristiani rimasti in città e lo stato in cui si trova il confine tra Siria e Iraq.
Il video mette in luce come funziona il nuovo Stato: leggi, tribunali, tasse e reclutamento, mentre i soldati combattono al fronte.
                                  Il trailer di 1 minuto


In collaborazione con Dario Sabaghi, Giulia Alfieri e gli altri membri della redazione di The Post Internazionale.