Il Parlamento ha
approvato la nuova legge sulla Responsabilità civile dei Magistrati. Il Governo
ha esultato perché “finalmente giustizia è fatta”. Ma cosa è cambiato e quali
cambiamenti ci sono rispetto alla precedente legge
Vassalli? A margine dell'articolo, è riportato il parere dell'ex magistrato
Antonio Di Pietro.
Responsabilità indiretta
Resta fermo il principio per cui è
lo Stato che risarcisce direttamente i danni della “malagiustizia” potendo
solo in seconda battuta rifarsi sul magistrato. Il cittadino che ha patito un
danno ingiusto, in altri termini, potrà esercitare l’azione risarcitoria
esclusivamente nei confronti dello Stato.
Obbligo di rivalsa
L’azione di rivalsa dello Stato
diventa obbligatoria. Il risarcimento al magistrato dovrà essere chiesto entro
due anni dalla sentenza di condanna nel caso di diniego di giustizia o quando
la violazione è stata determinata da dolo o negligenza inescusabile. Quanto
all’entità della rivalsa, cresce la soglia attualmente fissata a un terzo: il
magistrato risponderà ora con lo stipendio netto annuo fino alla metà.
Se vi è dolo, l’azione risarcitoria è però totale.
Soppressione del filtro
Niente più controlli preliminari
di ammissibilità della domanda di risarcimento contro lo Stato. L’attività di
“filtro” (verifica dei presupposti e valutazione di manifesta infondatezza)
oggi affidata al tribunale distrettuale è cancellata.
Confini della colpa grave
Si ridefiniscono e integrano le
ipotesi di colpa grave. Oltre che per l’affermazione di un fatto inesistente o
la negazione di un fatto esistente, scatterà la colpa grave in caso di
violazione manifesta della legge e del diritto comunitario e in caso di
travisamento del fatto o delle prove. Colpa grave sarà anche l’emissione di un
provvedimento cautelare personale o reale al di fuori dei casi consentiti dalla
legge o senza motivazione.
Travisamento fatto o prove
I lavori parlamentari,
richiamandosi a un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma,
hanno chiarito come il “travisamento” rilevante ai fini della
responsabilità civile del magistrato sia unicamente quello macroscopico ed
evidente, tale da non richiedere alcun approfondimento di carattere interpretativo
o valutativo.
Clausola di salvaguardia
Viene ridelineata la portata della
“clausola di salvaguardia”: pur confermando che il magistrato non è chiamato a
rispondere dell’attività di interpretazione della legge e di valutazione del
fatto e delle prove, si escludono espressamente da tale ambito di
irresponsabilità i casi di dolo, di colpa grave e violazione manifesta della
legge e del diritto della Ue.
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IL COMMENTO DI ANTONIO DI PIETRO, EX
MAGISTRATO
La novità sta nel fatto che ora, lo Stato – qualora venisse condannato a risarcire il cittadino per una ingiustizia subita per colpa di un giudice – dovrà obbligatoriamente rivalersi nei confronti di costui che, a sua volta, dovrà farsi carico di pagare la metà del risarcimento pagato dallo Stato e non più solo un terzo.
Direte: e va beh! Dov’è l’inghippo. Tutto sommato è giusto che il magistrato che sbaglia, paghi. Già! Peccato, però, che la nuova legge ha eliminato anche il cosiddetto “filtro di ammissibilità” e, soprattutto, ha esteso i confini della “colpa” a seguito della quale il magistrato deve essere obbligatoriamente condannato a risarcire i danni a favore di chi l’ha denunciato.
Il filtro di ammissibilità
La nuova legge ha poi previsto la soppressione del “filtro di ammissibilità” nel senso che, d’ora in poi, non vi potranno più essere controlli preliminari di ammissibilità delle denunce (“filtro”, appunto) contro i magistrati e quindi tutti coloro che avranno a che fare con le aule giudiziarie, potranno – indistintamente e senza che sia in alcun modo verificata preliminarmente la bontà e serietà della loro richiesta di risarcimento – denunciare asserite ingiustizie subite, con la conseguenza che, per ogni processo che si farà ad un delinquente, potrà esserci un processo che il delinquente farà allo Stato allo scopo di fermare il suo giudice. E che dire delle cause civili, ove – per definizione – le parti processuali sono sempre almeno due (chi inizia una causa e chi viene citato a giudizio), con la conseguenza che il giudice – allorché prende una decisione – scontenterà sempre una delle due parti, la quale, a sua volta, si sentirà quasi sempre ingiustamente condannata!
La colpa del giudice
Ma quel che è più grave e che, con la nuova legge, sono stati ridefiniti i confini della “colpa del giudice” che dovrà sempre essere riconosciuta non solo allorché il giudice “affermi un fatto inesistente” ovvero “neghi un fatto esistente” (considerazioni condivisibili che già erano contenute nella vecchia legge Vassalli) ma anche quando vi sia da parte sua un “travisamento delle prove” ovvero allorché emetta un provvedimento cautelare senza sufficiente “motivazione”. Trattasi all’evidenza di norme cosiddette “valutative e di interpretazione”, per cui è difficile – se non impossibile, salvo per casi macroscopici – stabilire che una motivazione ritenuta insufficiente o una diversa interpretazione del fatto possa essere stato fatto per “colpa” e non in buona fede. Anche in questo caso le conseguenze sono evidenti: il giudice, per non sbagliare, potrebbe non prendersi la responsabilità di emettere provvedimenti giudiziari soprattutto se trattasi di personaggi potenti in grado di criminalizzare in ogni modo il suo operato, con il risultato che tutti possiamo immaginare.
Si badi bene: la responsabilità civile dei magistrati non deve essere scambiata con la responsabilità penale dello stesso. Anche costui, infatti, da sempre è responsabile se commette un reato, come qualsiasi altra persona e quindi non è mai stato, come invece l’hanno dipinto specie ultimamente, una persona che può commettere impunemente qualsiasi reato (peraltro a differenza di molti parlamentari che negli anni di Tangentopoli, sfruttando l’art. 68 della Costituzione, hanno conseguito non solo l’immunità ma anche l’impunità!).
http://www.antoniodipietro.it/2015/02/la-nuova-legge-sulla-responsabilita-civile-magistrati-ovvero-il-danno-e-la-beffa