Aldo Maturo
Si può diventare eroi anche così, appena dopo morti o il giorno
dopo, quando i telegiornali hanno completato i più raccapriccianti particolari.
Falcone lo è diventato alle 19,05 del 23 maggio 1992, quando è spirato in
ospedale fra le braccia di Borsellino. Alle 17,58 cinque quintali di tritolo
avevano fatto saltare in aria, come un lenzuolo al vento, un intero pezzo di
autostrada, allo svincolo di Capaci, travolgendo la sua croma blindata e
le altre due di scorta. Con lui avevano perso la vita nomi ormai noti, la
moglie Francesca Morvillo e tre agenti, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio
Montinaro.
Relitto dell'auto di Falcone |
E pensare che poco tempo prima una signora di
Palermo, disturbata dal passaggio delle scorte, aveva scritto al Giornale di
Sicilia che:
“.....regolarmente tutti i giorni (non c’è sabato o domenica
che tenga) al mattino, nel primissimo pomeriggio e alla sera (senza limiti di
orario) vengo letteralmente assillata da continue e assordanti sirene di auto
della polizia che scortano i vari giudici. Ora,mi domando, è mai possibile che
non si possa,eventualmente,riposare un poco nell’intervallo di lavoro e,quanto
meno,seguire un programma televisivo in pace, dato che,pure con le finestre
chiuse,il rumore delle sirene è molto forte?
Non è che questi egregi signori potrebbero
essere piazzati tutti insieme in villette alla periferia della città, in modo
tale che sia tutelata la tranquillità di noi cittadini-lavoratori e
l’incolumità di noi tutti,che nel caso di un attentato siamo regolarmente
coinvolti senza ragione?” (Attilio Bolzoni, "Uomini soli", 2012)
Era stata quasi preveggente la signora disturbata
dai giudici antimafia, se è vero che nell’estate 1988 Falcone, Borsellino e le
rispettive famiglie furono catapultati sull’isola dell’Asinara, il dismesso e
desolato supercarcere a nord della Sardegna, per scrivere la sentenza del
maxiprocesso. Avvisati dal Questore, che temeva li potessero uccidere prima che
scrivessero la sentenza, erano stati messi su un aereo lo stesso giorno,
direzione Sardegna. Con loro mogli e figli, esiliati su uno scoglio deserto, in
una manciata di ore passati dalla loro città alla banchina del porticciolo
sardo, lontani da casa, dagli affetti, dagli amici, dal lavoro, dalle cose più
care. La cosa straordinaria è che il Ministero della Giustizia, alla fine
del soggiorno, gli presentò il conto come se fossero stati in ferie in una
foresteria dello Stato.
La Cassazione – che nel 2004 ha condannato Totò
Riina ed altri a 26 anni di reclusione – ha stigmatizzato l’infame linciaggio
subito nella circostanza da Falcone, accusato di essere stato lui stesso
a organizzare il tutto per farsi pubblicità.
Nel 1991 il suo progetto di una Procura Nazionale
Antimafia fu fortemente osteggiato da tutti colleghi – che arrivarono ad uno
sciopero contro una tale proposta - perché la consideravano «una grave
lesione alle prerogative del Parlamento e all’indipendenza della magistratura».
In 60 firmarono una lettera al Ministro in cui dicevano che”…ci accomuna la
convinzione che lo strumento proposto sia inadeguato, pericoloso e
controproducente… fonte di inevitabili conflitti e incertezze”.
A Falcone non restava che lasciare Palermo, accettando
l’incarico di Direttore Generale degli Affari Penali propostogli dal Ministro
della Giustizia Martelli. Anche stavolta nessuno gli fece sconti e si
disse “Falcone si è venduto al potere politico”, “Falcone è un nemico
politico”. “Dovremo guardarci da due Cosa Nostra, quella che ha la Cupola a
Palermo e quella che sta per insediarsi a Roma” fino ad arrivare a “…Falcone è
stato preso da una febbre di presenzialismo. Sembra dominato da quell’impulso
irrefrenabile a parlare, quella smania di pronunciarsi, di sciorinare sentenze
sulle pagine dei giornali o negli studi televisivi, spingendoli a gareggiare
con i comici del sabato sera… Ecco quindi il magistrato Falcone, oggi a uno dei
posti di vertice del ministero di Grazia e Giustizia, divenuto uno dei più
loquaci e prolifici componenti del carrozzone pubblicistico… non si capisce
come mai il dr. Falcone, se proprio tiene tanto al suo nuovo ruolo, non ne
faccia la sua professione definita, abbandonando la magistratura” (Sandro
Viola, Repubblica, 9.1.1992)
Sempre la stessa Boccassini alla Repubblica aveva
dichiarato:”Né il Paese né la magistratura né il potere, quale ne sia il
segno politico, hanno saputo accettare le idee di Falcone, in vita, e più che
comprenderle, in morte se ne appropriano a piene mani, deformandole secondo la
convenienza del momento.[...] Non c'è stato uomo la cui fiducia e amicizia è
stata tradita con più determinazione e malignità. Eppure le cattedrali e i
convegni, anno dopo anno, sono sempre affollati di "amici" che
magari, con Falcone vivo, sono stati i burattinai o i burattini di qualche
indegna campagna di calunnie e insinuazioni che lo ha colpito”.
Ad un mese dalla morte, Falcone venne commemorato al
Congresso di Washington che aveva considerato la sua morte un delitto commesso
anche contro gli Stati Uniti d’America mentre l’FBI ha voluto onorarlo
con un suo busto in bronzo a ricordo di un eroe italiano.
Da "Cronache e...dintorni" di Aldo Maturo,
Ediz.Nous, marzo 2013