Telese Terme - Il Quadrivio |
Aldo Maturo
25 aprile 2011
Il Bar Sport al
Quadrivio era il locale pubblico più frequentato di Telese. Credo non abbia mai
conosciuto un periodo di crisi e in quei locali hanno trascorso parte della loro
vita molti telesini, impegnati in infinite partite a scopa e tressette mentre i
più giovani si alternavano in interminabili tornei di bigliardo, dalla Bazzica
al 48.
Sempre pieno di
fumo, che aleggiava come nebbia azzurrina sotto i lampioni verdi a picco sul
bigliardo, il locale alternava il vociare e i commenti più coloriti ad un
improvviso religioso silenzio quando c’era un colpo decisivo. Il giocatore,
ruotata la stecca nel gessetto, si chinava in avanti e la faceva scivolare più
volte tra pollice e indice prima del tocco che faceva schizzare la palla in
geometriche evoluzioni con un susseguirsi di sponde, palle e rimpalli. Solo
allora riprendeva il brusio anche per commentare l’esito.
Da sx: Filippiello, Tonino Di Mezza, Ciccio 'O Forestiero, Clemente Romano |
Le sedie davanti al
bar erano presidiate sempre dalle stesse persone, le sentinelle del quadrivio.
La loro presenza era tanto radicata he faceva parte dell’arredo urbano e non se
ne mettevano più a fuoco neanche i visi. Il pensiero corre a loro quando
Luciano De Crescenzo parla del sostituto portiere di Via Petrarca, “figura
mitologica avente la parte superiore umana e la parte inferiore costituita da
una sedia” (Così parlò Bellavista).
IL BAR DI SANTELLA
Il “Bar ‘e
Santella”, per i neon “Bar Vassallo”, era poco più avanti, lato stazione, e
aveva l’ingresso principale sul viale mentre l’ ingresso per il bigliardino era
di fianco, nel vicolo Macolino più noto come “ ‘int ‘u vicolo ‘e Santella”. Era
il punto di ritrovo di noi ragazzini non ancora ammessi a giocare al Bar Sport,
dove eravamo tollerati al massimo come spettatori silenziosi a braccia
conserte, in estasi davanti ai colpi di bravura dei “grandi”.
Da Santella si
passava quasi ogni pomeriggio, come per un rito. Chini sulle stecche, ci
buttavamo in tornei pieni di urla, di sudore e spesso di fazzoletti messi nelle
buche delle porte per riciclare a tempo indeterminato l’ultima pallina. I
gettoni, infatti, costavano 20 lire ed erano l’alternativa a tre sigarette che
mia zia Elenuccia, nel vicino tabacchino, vendeva anche sfuse, riservando la
consegna in bustina di carta solo ai forestieri.
Il trucco del
fazzoletto non sempre riusciva e spesso ci sorprendeva Santella o il marito,
Don Arcangelo. Insospettiti da partite interminabili non compatibili con
l’acquisto dei gettoni che avevamo comprato, irrompevano dopo aver calcolato
che il rumore delle stecche non si alternava ogni tanto con il tonfo cupo delle
10 palline che precipitano giù ad ogni gettone. Sgridate, fuga disordinata
verso l’uscita sul vicolo lasciando spesso nel bigliardino la cartaccia o i
fazzoletti non recuperati in tempo e di fronte ai quali, vero corpo del reato,
non avevamo alcun alibi. Si ritornava come se nulla fosse e la buona Santella,
con lo sguardo truce, faceva finta di aver dimenticato i “fetienti” del giorno
prima. Passato qualche anno avemmo la copertura di Fulvio, il figlio più
piccolo di Santella, che intanto era cresciuto ed era dei nostri.
IL BAR CENTRALE
Il Bar Centrale, di
fronte al Bar Sport, era piccolo, ad angolo, privilegiato dai forestieri che
con le buste della spesa attendevano lì davanti la fermata delle “corriere” per
i paesi vicini. Penalizzato dal continuo alternarsi di gestori cambiava spesso
nome, poteva contare su due o tre tavolini e chi vi entrava lo faceva solo per
una consumazione frettolosa. D’estate i tavolini dilagavano a ventaglio sul
marciapiede e per tre mesi chi voleva passare di lì doveva dribblarli.
Poco più avanti,
verso la Chiesa, c’era il Bar di Cleonice. Di fronte aveva il Circolo
ACLI di Stanzione dove si giocava anche a bocce. Con quello di Scialone “’ncopp
‘a chiesa” era il pallaio di Telese, regno del “padrone e sotto”, rito
collettivo nato per svuotare fino alla nausea intere casse di birra.
Cleonice un bel
giorno spiazzò tutti mettendo nel locale un bellissimo bigliardo, dove potevano
giocare anche i ragazzi smollicando senza molti rimproveri le sue fette di pane
e mortadella innaffiate col chinotto. La novità andò avanti per un pò ma una
clientela volubile si ridivise tra altri locali.
IL BAR ORFITELLI
D’estate ci si
spostava tutti verso le Terme ed allora uno dei passaggi obbligati era la sosta
o il gelato al Bar di Geppino Orfitelli, davanti alle Terme. Lavorava alle
Poste ma aveva aperto con il padre “zi Lisandro” un grazioso locale di pochi
metri quadri. Intorno tanti tavolini da dove si teneva sotto controllo il
piazzale, delimitato da quattro giganteschi platani messi poi di contorno
all’aiuola della Madonnina e finiti, tanti anni dopo, in una discarica di
periferia. Dal Bar di Geppino c’era un osservatorio privilegiato per
controllare il cancello pedonale delle terme e vedere chi entrava e chi usciva.
Il Bar di Geppino verrà utilizzato anche come quartiere generale delle Giurie
ogni volta che – rubando il tempo all’università – organizzavamo le animate
Caccia al Tesoro automobilistiche in giro per i paesi della provincia.
Immagini un po’
sfocate di una Telese tratta dal cassetto dei ricordi che abbiamo vissuto
mitigando studio o lavoro con locali senza pretese e la mente proiettata
verso un futuro che si fantasticava come sempre migliore.
(da "Fotogrammi di memoria", Aldo Maturo, Ediz.Nous, 2013)