Il
fenomeno degli incidenti stradali causati da investimenti di animali selvatici
è allarmante: solo nei primi mesi del 2015 ci sono stati 148 incidenti e 18 automobilisti
morti.
Avv. Aldo Maturo
Un
fenomeno allarmante
Sono 251 mila i chilometri di strade che
attraversano le pianure, le valli, i monti o scorrono lungo le coste del nostro Paese,
tutte percorse da milioni di auto ogni anno. Ai dati statistici collegati alla
fisiologica infortunistica stradale va aggiunto il rischio, pari al 3%, di
investire un animale. Sono 18 gli automobilisti morti nei soli primi mesi del
2015 in 148 incidenti stradali causati da investimenti di animali selvatici. 150 le
vittime nel decennio 1995-2005 oltre a centinaia di feriti e centinaia di
migliaia di euro di danni alle auto. Ma non c’è da meravigliarsi, se si pensa che abbiamo
solo 6.900 cani registrati all’anagrafe canina sui 20/30 milioni presenti in
Italia (fonte Legambiente 2014).
Investirne uno è l’ipotesi più ricorrente ma non mancano, a
secondo delle zone, anche le collisioni con lupi, volpi, cinghiali (secondo la
Coldiretti in Italia sarebbero circa un milione) asini e cavalli. Nelle strade
alpine è alta la presenza di animali selvatici. Nel solo anno 2016 sulle strade
del bellunese sono stati investiti 148 caprioli e 144 cervi.
Obbligo
dell’automobilista
E’ da chiarire subito che l’art.189/9bis del C.d.S.
prevede l’obbligo per l’automobilista di fermarsi, in caso di incidenti, per
prestare soccorso all’animale ferito (sperando che non si sia ferito anche
l’automobilista o altro passeggero). Nel dubbio sull’ente chiamato ad
intervenire, è meglio telefonare al 1515, Corpo Forestale dello Stato, tenendo presente
che tale Corpo tra pochi giorni (1 gennaio 2017) sarà assorbito dall’Arma dei
Carabinieri, e in tal caso il numero probabilmente sarà unificato nel 112.
Responsabilità dei proprietari e degli Enti
Se l’animale investito è
un animale domestico, la responsabilità ricade sui proprietari (art.2052 c.c.) a meno che il proprietario non possa dimostrare in modo
inequivocabile di aver messo in atto tutte le misure di custodia possibili e
che la fuga/smarrimento sia stata
determinata da un caso fortuito. Per i cani, l’obbligo di microchip consente di
risalire al proprietario e se non ha il microchip la responsabilità risale al
Comune, perché a tale Ente fanno capo i cani randagi.
Vedasi a
tal proposito la recente sentenza
della Cassazione Civile (III civile n.2741/15 del 12.2.2015) che ha ribadito il
principio di responsabilità dell’Ente gestore delle strade ritenendo responsabile
il Comune e l’Azienda sanitaria per lo scontro stradale fra un cane randagio ed
un motociclista. Per i giudici, quel cane non doveva vagare per strada e il
Comune avrebbe dovuto svolgere attività di prevenzione.
Naturalmente
è più difficile risalire al proprietario dei gatti, salvo a chiedere
improbabili informazioni alle case vicine.
Per
gli animali selvatici le cose si complicano notevolmente. Anche se le leggi (
N.968/77 e 152/92) considerano la fauna selvatica patrimonio indisponibile
dello Stato, è altrettanto vero che per l’art.117 della Costituzione
la
tutela della fauna selvatica e della caccia è
di competenza delle Regioni (che l’avevano delegata alle Province ma
queste sono state abolite). In base quindi all’art.2043 c.c. le Regioni devono
adottare tutte le misure di competenza per evitare che la fauna selvatica
arrechi danni a cose o persone.
Nuovi sistemi di protezione
Una
tale responsabilità trova comunque un limite se l’Ente ha provveduto ad
installare ai bordi della carreggiata, in numero sufficiente e visibile, i
cartelli segnaletici di pericolo (triangolo bianco con bordo rosso che
raffigura un capriolo che salta). E’ da dire che in molte regioni sono stati
attivati dei piani di protezione, utili sia per tutelare gli animali che gli
automobilisti. Tenendo conto che la maggioranza degli incidenti avviene nelle
ore notturne, in molte regioni si stanno installando i segnalatori ottici o i
semafori dotati di fotocellula che si attivano al passaggio della fauna. Molto
diffusi sono anche i dissuasori ottici riflettenti (catadiottri) che disincentivano
l’attraversamento della strada solo quanto transitano i veicoli. I dissuasori
vengono installati sul guard-rail o su appositi sostegni ad altezza variabile
in base alla fauna della zona. I fari dell’auto illuminano i dispositivi
rifrangenti, la luce viene riflessa nelle aree adiacenti e genera una barriera
ottica di protezione per la fauna presente nelle vicinanze della strada.
L’animale, allarmato dall’improvviso bagliore, si immobilizza o si allontana
dalla barriera ottica. Altri sistemi sonori utilizzano ultrasuoni sensibili
agli animali ma non all’uomo.
Un
tale sforzo organizzativo non esonera la magistratura, nei casi più fortunati,
ad individuare i responsabili negli enti gestori delle strade.
La richiesta dei danni
La
Cassazione Civile (Sez.III, n.60 dell’8.1.2010) ha stabilito, ad esempio, che “La responsabilità aquiliana per i
danni provocati da animali selvatici alla circolazione dei veicoli deve essere
imputata all'Ente, sia esso Regione, Provincia, Ente Parco, Federazione o
Associazione, ecc., a cui siano stati concretamente affidati, nel singolo caso,
i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi
insediata”.
Per le autostrade, la richiesta sembra essere più
semplice, sia perché sono tutte recintate e sia perché l’automobilista paga un
pedaggio e quindi l’autostrada deve garantire la massima sicurezza. In tal caso
non sarà l’automobilista a dover dimostrare la responsabilità della società
Autostrade ma sarà quest’ultima a dover dimostrare di aver adottate tutte le
cautele idonee a sventare l’evento.
In questa gimkana di competenze, resta
all’automobilista la speranza di restare indenne da simili infortuni con la
possibilità remota di adire il Giudice di Pace per danni da sinistro stradale
non superiori ad euro 50.000,00 (nuovo limite di competenza) o il Tribunale
civile per danni superiori.