A settembre 2017 quasi 600 parlamentari
maturerebbero il beneficio previsto. Secondo il regolamento approvato dal
governo Monti chi è alla prima legislatura ha diritto all'assegno solo se
raggiunge il limite dei 4 anni, 6 mesi e 1 giorno. Ma ci sono altri privilegi : il Parlamento
regala ad ogni senatore della Repubblica un plafond supplementare da 1.500 euro
l'anno per "depressoterapia intermittente".
di Gabriella
Lax –
Voto anticipato: il no dei parlamentari per non perdere
le pensioni
(www.StudioCataldi.it)
(www.StudioCataldi.it)
I
parlamentari vogliono maturare le pensioni e, per questo motivo, non vogliono
che si vada al voto. E' questa la polemica che sta accendendo gli animi dentro
il palazzo e fuori.
Le pensioni
"d'oro" arriverebbero, infatti, solo a settembre 2017, e se si
andasse alle urne prima i parlamentari perderebbero i loro privilegi. Lo
spettro delle elezioni anticipate avrebbe quindi un grande peso per molti
parlamentari, circa 600, che, dal punto di vista economico, perderebbero il
vitalizio, maturato dopo 4 anni, 6 mesi e 1 giorno.
Aldilà delle
polemiche, vediamo di fare chiarezza.
Nella XVII
Legislatura sono stati 580 i neo-eletti su un totale di 945 parlamentari
(dunque 410 alla Camera e 170 al Senato). I novellini del seggio hanno
rappresentato circa il 60% dei parlamentari che, prima di marzo 2013, non
avevano mai varcato la soglia di Montecitorio e Palazzo Madama. Nel 2012, si
ricorda, le norme per l'accesso al vitalizio sono state modificate. Secondo il
regolamento approvato dal governo Monti chi è alla prima legislatura ha diritto
all'assegno solo se raggiunge il limite dei 4 anni, 6 mesi e 1 giorno.
Cos'è il vitalizio
parlamentare
Il vitalizio
parlamentare è la rendita concessa al termine del mandato parlamentare e che si
protrae a vita al conseguimento di alcuni requisiti di anzianità di permanenza
nelle funzioni elettive. In realtà è errato, dopo la riforma Fornero del 2011,
parlare di "vitalizio", si dovrebbe parlare di
"pensione" di senatori e di deputati perché di una sorta di pensione
si tratta. Un istituto però che risulta giuridicamente distinto dal vero
istituto giuridico della pensione, essendo l'attività politica non un'attività
lavorativa che, dunque, non ricade nel diritto del lavoro. I versamenti dei
parlamentari sono trattati come gestione separata e non si possono né
ricongiungere ad altri profili previdenziali né riscattare, per cui se non si
maturano i requisiti stabiliti dal governo Monti andranno irrimediabilmente perduti.
Il diritto a ricevere il trattamento pensionistico si matura solo al
conseguimento di un duplice requisito, anagrafico e contributivo.
Con
deliberazioni del 14 dicembre 2011 e 30 gennaio 2012 l'Ufficio di Presidenza
della Camera ha operato una profonda trasformazione del regime previdenziale
dei deputati con il superamento dell'istituto dell'assegno vitalizio - vigente
fin dalla prima legislatura del Parlamento repubblicano - e l'introduzione, con
decorrenza dal 1° gennaio 2012, di un trattamento pensionistico basato sul
sistema di calcolo contributivo, sostanzialmente analogo a quello vigente per i
pubblici dipendenti.
Ai deputati
serve versare un contributo pari all'8,8% della loro indennità parlamentare
lorda, tenuto conto che percepiscono un'indennità netta pari a circa 5.000 euro
(pari a 10.400 circa lordi). Sul sito della Camera si legge che "I
deputati cessati dal mandato, indipendentemente dall'inizio del mandato
medesimo, conseguono il diritto alla pensione al compimento dei 65 anni di età e
a seguito dell'esercizio del mandato parlamentare per almeno 5 anni
effettivi".
Questi 5
anni, in virtù del regolamento Monti, diventano quattro anni, sei mesi e un
giorno di esercizio di mandato (cioè il momento dal quale l'intera legislatura
sarà acquisita ai fini pensionistici).
I seicento
"a rischio" appartengono a tutte le forze politiche, ma sono
soprattutto ex Grillini appartenenti al Gruppo misto e 209 del Partito
democratico.
Gli altri privilegi
della "casta"
"Non
mi schiodo e non che non mi schiodo" cantava il pupazzo di Andreotti
nel programma Gommapiuma negli anni 1990. E l'ironia sull'attaccamento
alla poltrona per i parlamentari, del resto, è ben motivata. I privilegi
infatti non si esauriscono solo con le pensioni. Come segnala una recente
inchiesta de L'espresso, infatti, nonostante i vari annunci dei tagli dei costi
della politica, i vantaggi della "casta" continuano ad essere
notevoli. Basta pensare che, secondo il tariffario datato 2015, il Parlamento
regala ad ogni senatore della Repubblica un plafond supplementare da 1.500 euro
l'anno per "depressoterapia intermittente". Tuttavia, la somma può
essere spesa anche per "idrochinesiterapia" (quella che si fa in
piscine termali) e per "drenaggio linfatico manuale". Previste anche
sedute individuali di "training per dislessici" e risarcimenti di
quasi mille euro al mese per pagare un infermiere in caso di bisogno (il
servizio si può estendere anche ai genitori del senatore). Ai senatori è
concesso presentare anche fattura per un paio di scarpe ortopediche da 600 euro
e, in caso di attacchi d'ansia, può spendere 5 mila euro l'anno per sedute dal
terapista.