Filippo Ceccarelli (Venerdi di Repubblica) punta il dito contro la megalomania del potere, spesso di sinistra, che insegue l'effetto a tutti i costi e si porta dietro la trafila di "impiccetti vari" che ne consegue. Il casco di Valentino Rossi a Pesaro con l'allora sindaco Matteo Ricci, per lui, ne è un esempio.
di Irene Natali
8 agosto 2025
Un enorme casco alto sei metri e
largo quattro, piazzato sul lungomare di Pesaro senza che nessuno abbia
espresso almeno una perplessità, una, sullo stile di comunicazione dell'opera
e, più in generale, delle opere che il sindaco di Pesaro Matteo Ricci lascerà
ai posteri.
Nella sua rubrica su Il Venerdì di Repubblica, Filippo Ceccarelli ha sbertucciato il cascone blu che campeggia a Pesaro
in omaggio alla gloria sportiva di Valentino Rossi.
Il giornalista infatti, osserva che ora che è tempo di elezioni regionali, nessuno abbia proferito parola né sospiro sull'opportunità di spendere “50 mila bombi” per una gigantesca scultura raffigurante il casco del campione di moto Valentino Rossi, “con l’aggravante del fac-simile in 3D, compresi gli occhioni del corridore dietro la mega visiera”. Un monumento, scrive Ceccarelli, “di spudorata idolatria circense”: una “roba blu luccicante”, un “mammozzone” che fa sorgere un sospetto, cioè quello di essere figlio di un certo andazzo.
All'inaugurazione, nell'estate
2022, Ricci lo presentava non solo come il casco più grande del mondo, ma come
destinato a diventare “la foto della nostra città e della nostra terra”.
Eppure, anche se forse chi lo vede ne rimane colpito, l'andazzo cui fa
riferimento Ceccarelli è il seguente: la tendenza delle amministrazioni, spesso
di sinistra, a dare potere e ad assecondare
la cultura della pubblicità. Cioè ingaggiare creativi
particolarmente “spericolati” che inseguono la sorpresa e l'effetto a tutti i
costi. È la megalomania estetica che diventa espressione del potere; un potere
a caccia di riconoscibilità e simboli, proprio come avviene col mega casco di Valentino
Rossi a Pesaro. È lo stesso principio per cui si va a caccia di “personaggi
per farne dei santi o degli idoli e raffigurarli in mediocri murales sulle facciate dei palazzi”.
Ha preso il comando, conclude Ceccarelli, una vera e propria cultura non solo
della pubblicità, ma dei parchi giochi. A cui si lega tutta la trafila
“inesorabile” di sponsor, rendering, merchandising e “impiccetti vari”. Fino a
quando, come appunto avvenuto a Pesaro col cascone di Valentino Rossi, questo sistema dell'appariscenza diviene talmente
vistoso, esagerato, da ribaltarsi su se stesso. E magari,
conclude Ceccarelli, chi pensa di trarne vantaggio elettorale è già pronto a
fare lo stesso e anche peggio.