Il filo
spinato corre intorno alla recinzione, interrotta da una rampa abbandonata dove
si intravede uno spettrale binario ferroviario che porta all’interno del
terrificante lager diventato il simbolo assoluto e più potente dell’Olocausto. Nel
campo di concentramento polacco di Auschwitz-Birkenau, a 60 chilometri da
Cracovia, solo la neve ammanta il dolore, quasi ininterrotto, di chi vi è
entrato e il rumore lontano, ma ancora assordante, del cancello che si
spalanca.
Come
settant’anni fa quando il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche arrivarono nella
città polacca di Oświęcim e liberarono i pochissimi ancora vivi – appena 7mila
rispetto ai 4 milioni imprigionati - dal ventre dell’inferno, dal più grande e
tristemente famoso lager nazista della storia.
Il 27 gennaio, da 15 anni dichiarato “Giorno della memoria” per
commemorare le vittime dei campi di concentramento, una solenne cerimonia
celebrerà i 70 anni dalla liberazione del lager.
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