“Noi
rumeni siamo come cavalli che sono stati per anni chiusi in una stalla al buio.
Poi hanno aperto le porte della stalla e il sole, la luce, l’aria, la libertà
ci hanno intontito e turbato”
“Noi rumeni sappiamo
che nel vostro Paese non si va mai in galera”. Nel mio lavoro l’avevo già sentito
più volte ma a ripeterlo è stato Dumitru Iliaca, leader del Partito degli
Immigrati, durante l’intervista rilasciata ai giornali il giorno dopo della
morte della signora Reggiani, a Tor di Quinto. Le cose
non stanno esattamente così, a vedere lo stato di affollamento delle carceri,
ma è un fatto che dal 1° gennaio 2007, con l’entrata della Romania in Europa,
un gran numero di loro si è riversato nel nostro Paese.
Non lo hanno fatto
di certo i migliori, se è vero che nel primo semestre 2007 in Romania – come ha
detto il loro capo della polizia - c’è stato un calo del 26% per i reati
di furto, scippo, taccheggio ed aggressioni per strada.
Nel
2004 e 2005 l’Italia ne aveva espulsi 58.000 ma da gennaio 2007 a migliaia
hanno superato nuovamente i nostri confini, impettiti, passaporto alla mano
perché ormai cittadini d’Europa. Lo hanno fatto in tanti, integrandosi e
lavorando onestamente. Tantissimi altri, molti, troppi, hanno scelto la strada
più facile per vivere, quella che da loro non paga: la via del crimine che
dalle baracche di cartone e lamiere porta ogni giorno nelle ricche città.
Prendendo spunto
dalla morte della signora Reggiani, ho voluto fare qualche tempo fa una ricerca
sul contributo che gli stranieri danno al fenomeno della criminalità in Italia,
consapevole che la responsabilità penale è personale e che a nessuno è
consentito criminalizzare intere etnie. La Caritas ha calcolato che i cittadini
stranieri che soggiornano regolarmente in Italia, tra comunitari ed
extraeuropei, sono 3milioni e 700mila, il 6,2% della popolazione italiana.
Siamo al terzo posto
dopo Germania e Spagna, con un incremento – dicono - di circa 700.000 unità
l’anno. Su 10 immigrati 5 vengono dai Paesi europei. Un quinto degli immigrati
vive tra Roma e Milano, sei su dieci sono al nord, ma anche il sud non sta a guardare.
Questi numeri riguardano solo i regolari perché il numero dei clandestini è
incontrollabile.
Lo stesso Ministero
degli Interni, dopo aver precisato che la torta della criminalità è suddivisa
equamente tra italiani e stranieri, ha ammesso che “negli ultimi anni è molto
aumentata la quota di reati commessa da stranieri e, tra gli stranieri, i
rumeni sono ai primi posti”. Nel primo semestre 2007 sono entrati in carcere
45.810 persone e di queste il 48% era straniera (23.922 italiani e 21.888
stranieri). Naturalmente sono entrati ma ne sono usciti dopo qualche giorno,
perché altrimenti avremmo già assistito all’esplosione delle carceri.
Significativo
il dato di Roma dove nel solo 2006 su 8846 arrestati, 5269 erano italiani e
3577 erano stranieri e di questi 2.689 erano rumeni. Nei soli primi nove mesi
del 2007, i carabinieri hanno arrestato a Roma 4.700 rumeni.
E’
interessante notare che gli arresti avvengono per lo più nelle regioni c.d.
ricche (forse perchè il 60% di stranieri vive al Nord)
I reati prevalenti
commessi dai soggetti stranieri sono quelli contro il patrimonio (29%) e la
persona (16%). Seguono legge armi (16%) e spaccio di droga (15%)
Su tre persone
denunciate per omicidio in Italia, una è straniera e di solito è irregolare.
Nella classifica del Ministero degli Interni gli immigrati irregolari
primeggiano nei reati che suscitano maggiore allarme sociale, come i borseggi
(70% dei denunciati), rapina o furto in abitazione (51%), rapina in strada
(45%), estorsioni (19%).
I rumeni spiccano per
gli omicidi volontari (76 omicidi tra gennaio 2006 e giugno 2007), le violenze
sessuali, i furti d'auto, le rapine nei negozi. I marocchini per le lesioni
dolose, per i furti con strappo ed estorsioni. Gli albanesi per i furti in casa
e sfruttamento della prostituzione.
La realtà
criminale multietnica è sempre più grave, specialmente poi se la si inquadra
alla luce di quanto ha detto Nichita, il capo della tribù delle grotte, a Ponte
Mammolo di Roma.
“Noi rumeni
siamo come cavalli che sono stati per anni chiusi in una stalla al buio. Poi
hanno aperto le porte della stalla e il sole, la luce, l’aria, la libertà ci
hanno intontito e turbato. C’è chi quella libertà vuole respirarla a pieni
polmoni e corre, corre, approfittando degli spazi liberi, pensando che la vita
che vuole regalare ai figli deve essere diversa da quella che lo ha
imprigionato per anni e ci sono altri che non sanno che farsene di quella
libertà. Quella libertà non li rende felici. Al contrario li riempie di
rancore, li fa rabbiosi e pazzi come cani e mordono chiunque li avvicini”
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Giovanna Reggiani, 47 anni, il 30 ottobre 2007
scende dal treno a Tor di Quinto (Roma) e si avvia
verso casa. All’improvviso viene aggredita, trascinata in una baracca, forse
violentata e gettata in una scarpata. Morirà due giorni dopo. Responsabile è un
rumeno di 24 anni, Nicolae Mailat, che abita in un accampamento vicino. Nel
2006 un tribunale di Sibiu (Romania) lo aveva condannato a tre anni di
reclusione per furto. Graziato nello stesso anno era subito partito per
l’Italia.