Dopo la sentenza del TAR del Lazio, che annullava le cartelle di
Equitalia non redatte o firmate da un dirigente, altre due sentenze degli Ermellini
annullano quasi tutte le cartelle di Equitalia presentate dopo giugno 2008.
LavoroFisco.it - 22.11.2013
Dopo la sentenza del TAR del Lazio, che annullava le cartelle di
Equitalia non redatte o firmate da un dirigente, altre due sentenze degli Ermellini
annullano quasi tutte le cartelle di Equitalia presentate dopo giugno 2008.
Con la prima sentenza
n. 4516 del 21 marzo 2012 la Cassazione Civile Tributaria ha
stabilito che la cartella di pagamento non può limitarsi a riportare la cifra
globale degli interessi dovuti. Al contrario, in essa deve essere indicato come
si è arrivati ad un dato calcolo, specificando le singole aliquote a base delle
annualità prese in considerazione. L’operato di Equitalia non deve risultare
ricostruibile soltanto attraverso difficili indagini che non competono al
contribuente, perché se così fosse, risulterebbe violato il diritto di difesa
del destinatario dell’atto.
La Cassazione ha precisato dunque che sono illegittimi tutti gli atti di riscossione notificati dopo giugno 2008, se privi dell’indicazione della base di calcolo degli interessi: quindi sono tutte illegittime le cartelle Equitalia notificate dopo giugno 2008.
La Cassazione ha precisato dunque che sono illegittimi tutti gli atti di riscossione notificati dopo giugno 2008, se privi dell’indicazione della base di calcolo degli interessi: quindi sono tutte illegittime le cartelle Equitalia notificate dopo giugno 2008.
Con la seconda sentenza n. 92 del 1° ottobre 2012 la Commissione Tributaria
Regionale del Piemonte ha statuito che l’atto di riscossione deve indicare
tutti quegli elementi che consentano al contribuente di verificare la
correttezza dei calcoli effettuati dal concessionario. Una cartella esattoriale
compilata in modo incompleto o con difetti di forma non è valida. Ad esempio,
se non è indicato chiaramente il metodo di calcolo degli interessi. In
particolare, in linea con quanto affermato dalla giurisprudenza tributaria di
merito e dalla Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 92/36/12 la
Commissione Tributaria Regionale del Piemonte ha chiarito che la trasparenza
della cartella esattoriale costituisce un elemento essenziale per la
legittimità dell’atto di riscossione, poiché il contribuente deve essere messo
in condizione di verificare la correttezza dei calcoli effettuati dall’agenzia
deputato alla riscossione, il più delle volte la famigerata Equitalia.
Quindi, se dall’esame della cartella esattoriale il cittadino non può
comprendere chiaramente il tasso degli interessi imposto piuttosto che il
metodo di calcolo applicato (ad esempio, se viene applicata la capitalizzazione
semplice degli interessi o quella composta – o, qualora si applichi
quest’ultima, qual è il periodo di riferimento) in virtù della sentenza citata,
la cartella esattoriale è da considerarsi nulla. Insomma, non va pagata. Questo
perché, detto in altre parole, riportare solo la cifra globale degli interessi
dovuti senza indicare le specifiche modalità di calcolo degli interessi non è
sufficiente per scongiurare pratiche non in linea con la legislazione vigente
e, alla fine, pretendere un pagamento dell’imposta gravato da mora.
La Commissione piemontese non ha certo sconvolto l’ordinamento
giurisprudenziale in merito, ma ha soltanto confermato l’orientamento ormai
consolidato della Corte di Cassazione che con la sentenza n. 4516/2012 ha affermato
che tutte le cartelle di pagamento notificate dopo giugno 2008 prive
dell’indicazione della base di calcolo degli interessi, dovranno considerarsi
illegittime, sia a prescindere dalla circostanza che l’accertamento si sia
concluso e che il cittadino ne sia già stato messo a conoscenza.