E’ vero,
la legge n.59/2006 sulla legittima difesa ha creato molti equivoci e c’è chi,
pensando di aver ragione, ha avuto invece seri problemi con la giustizia. Il
legislatore ha voluto stabilire in maniera assoluta il principio che il
domicilio e la proprietà privata sono inviolabili e quindi se un ladro entra in un appartamento, o fa una rapina in
un negozio, deve mettere in conto che il proprietario potrà anche sparargli
senza correre il rischio di finire in carcere. Ma la cosa non è semplice come
sembra perché vanno valutate tutta una serie di circostanze. Non è che la legge
ci consente di difenderci in uno scenario da Far West, con proiettili che
fischiano da tutte le parti e “i nostri” che arrivano a sirene spiegate ed a
volte a cose finite.
Non si può pensare, quindi, che ci
si può mettere a sparare liberamente a chiunque si introduca nella nostra
proprietà per rubare o rapinare. La legge prevede una serie di “paletti” se non
si vuole essere processati, com’è successo, per lesioni gravi, tentato omicidio
o addirittura omicidio.
Perché possa applicarsi la nuova
legge è necessario che:
1) la persona che si difende sia
“legittimamente presente” nel luogo dove il fatto avviene (e questo in genere è
quasi ovvio, perché l’ipotesi più ricorrente è quella del padrone di casa, del
padrone del negozio, del titolare dell’azienda e simili)
2) che l’arma usata dall’aggredito
sia legittimamente detenuta (non può essere quindi utilizzata un’arma detenuta
illegalmente);
3) che sia a rischio la propria o
l’altrui incolumità (quella dei familiari o altre persone presenti).
Se la reazione è stata finalizzata
per difendere non la vita ma i propri beni o quelli altrui, la difesa sarà
considerata legittima se vi è stato pericolo di aggressione fisica e se il
malvivente non ha desistito, cioè non ha rinunciato ai suoi propositi. Ad
esempio, nel caso di un furto, il ladro non è scappato all’arrivo del
proprietario o addirittura ha tentato di aggredirlo.
A guardar bene le cose, le
condizioni richieste sono forse maggiori che nella legge precedente.
Intanto prima non si poneva il
problema della legittima presenza dell’aggredito sul posto del delitto né il
giudice si chiedeva se il possesso dell’arma utilizzata era legittimo o meno.
Ci si chiedeva invece se era stata
proporzionata la reazione tra offesa e difesa. Chi doveva difendere i suoi beni
non poteva certo – come non può oggi - uccidere un ladro sorpreso in casa o in
fuga.
Oggi il giudice deve accertare la
presenza di tutte le condizioni previste, valutando ad esempio - in presenza di
difesa di soli beni - se dalla ricostruzione dell’evento si può dedurre che il
ladro era pronto a desistere (rinunciare, scappare, uscire dalla casa) o se non
aveva dato alcun motivo al derubato per fargli temere un’aggressione da parte
sua e il proprietario nonostante tutto gli ha sparato. Si pensi, ad esempio,
all’ipotesi di una rapina in un negozio in cui il rapinatore, vista la reazione
del proprietario (che urla, prende una pistola, un bastone,etc..) rinuncia,
esce e scappa via. E’ chiaro
che il proprietario non può inseguirlo e sparargli.
Ma la nuova legge offre lo spazio
anche ad innumerevoli incognite che saranno sicuramente oggetto di valutazione
giurisprudenziale, quale è quella, ad esempio, della detenzione legittima
dell’arma: se il proprietario della casa o il proprietario del negozio detiene
l’arma illegalmente ci deve pensare prima di utilizzarla per difendersi.
Può anche succedere che un ladro
bastonato o ferito o i suoi familiari (se lui è stato addirittura ucciso)
richieda i danni al proprietario. La
Cassazione, con sentenza n.4492 del 25.2.2009, ha stabilito che è esclusa la
reazione punitiva dello Stato, …perché chi si è difeso nel rispetto delle condizioni previste dalla legge
è da considerare persona non punibile e, ai fini di una eventuale richiesta di
risarcimento da parte del “delinquente”, civilmente non è responsabile e quindi
non gli può essere richiesto alcun risarcimento.