venerdì 1 marzo 2013

ROCCA COSTANZA : E SONO 24



 
 
Aldo Maturo

Direttore Casa Circondariale

Villa Fastiggi  - Pesaro


(da il Resto del Carlino, 1.3.2013)

E sono 24. Tanti gli anni trascorsi dal 1° marzo 1989, anno di riconsegna di Rocca Costanza alla città, dopo che gli ultimi detenuti a bordo dei furgoni cellulari avevano attraversato la città a sirene spiegate con direzione Villa Fastiggi, sotto la spinta emotiva di una città che sbuffava per  sgomberare la fortezza da un inquilino scomodo. Nessuno aveva fatto sconti e nessuno aveva voluto capire per quale motivo un carcere nuovo alle porte della città restasse inutilizzato. 






Resto del Carlino 1.3.2013

Gli articoli di stampa si susseguivano quasi giornalmente e i titoli scandivano i mesi con un assillante countdown: “La Rocca prigioniera” , “Un mistero tra quattro mura”, “La Rocca a primavera”, “Forse libera tra due mesi”, “Il carcere arenato”, “Via dalla Rocca”, etc.
Il Direttore Generale del tempo, Nicolò Amato – sotto una tale pressione -  mi invitò ad aprire con urgenza prospettandomi il trasferimento se avessi ancora ritardato.
La mia colpa era quella di  rifiutarmi di portare i detenuti in quella struttura ma io sapevo che, al di là delle poderose apparenze esterne, quel posto era assolutamente inidoneo a svolgere la sua funzione. Gli stessi progettisti  ne avevano rinnegato la paternità per le infinite trasformazioni subite in corso d’opera, all’insegna del “risparmio”, tanto per usare un eufemismo.
Le operazioni di consegna tecnica del carcere c’erano state nell’estate dell’88. Si erano svolte in maniera  del tutto informali.  Dopo il giro di routine, alla firma del verbale i tecnici mi avevano dato un mazzo di chiavi, più “castellane” che penitenziarie, e una montagna di planimetrie. “Tanti auguri, ne avrà bisogno” mi avevano detto  con un sorriso di compassione prima di risalire in macchina.
 Avevo accettato con fiducia il trasferimento in un istituto considerato da tutti all’avanguardia e l’avevo scoperto  protagonista della stagione delle carceri d’oro.
Mi era bastato poco per capire che quello, senza urgenti interventi riparatori, era l’ultimo posto dove portare i detenuti di Rocca Costanza. Nella vecchia sede mi salivano sui tetti, qui li avrei potuti trovare sui terrazzi o per strada. Non esitai a trasmettere corposi dossier alla magistratura e alla Corte dei Conti, mentre il ministero approvava uno dietro l’altro gli interventi correttivi richiesti in una corsa contro il tempo e contro la pubblica opinione.
La città non sapeva che ero la prima persona interessata ad aprire l’istituto, perché, con la mia famiglia  ero l’unico abitante di quel perimetro desolato di 4 ettari, privo di qualunque supporto armato, impossibilitato a  sguarnire il già disastrato organico di Rocca Costanza per poter presidiare almeno parzialmente Villa Fastiggi. Solo con moglie e figli in una struttura  incustodita e già oggetto di un clamoroso attentato da parte delle Brigate Rosse. Notti da incubo, nel silenzio ovattato delle nebbie che avvolgono la zona.
Ma la città queste cose non le sapeva e aspettava fremente la “liberazione” di Rocca Costanza. E quel giorno venne.
 “Il giorno più lungo” titolò finalmente il Resto del Carlino il 1.3.1989. Rocca Costanza era stata "scarcerata" e i pesaresi pensarono di poter riappropriarsi di  quel luogo che dalla fine del 1400 custodisce tanti misteri, non ultimi quelli carcerari. Ma era un’illusione e bisognerà ancora attendere per vedere Rocca Costanza protagonista della vita culturale della città.
Con amara preveggenza un redattore del Carlino così aveva chiuso l’articolo “Libera e bella”, uscito a 4 colonne il 26.2.89: “Speriamo che la liberazione di Rocca Costanza non scateni ora in negativo tutti quei meccanismi perversi burocratici-politici-amministrativi che sotto il nome di “competenze” affossano progetti,iniziative e realizzazioni, e che ogni persona che conta lavori nella consapevolezza che la città di Pesaro potrà ricevere, proprio dall’utilizzo intelligente di una simile struttura, un vero e reale rilancio nel campo sociale e culturale.”