Al processo al Generale Mario Mori parla don Fabio Fabbri, ex vice-capo dei cappellani delle carceri, e testimone della gestione, ai più alti livelli, del 41 bis negli anni della trattativa mafia-Stato (Silvia Bellotti)
Che la figura del Capo
DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) sia una carica politica è ormai chiaro a tutti. Non è un caso che dopo
Nicolò Amato i Capi DAP sono rimasti non più di tre anni: prima di tutto c’è da
spartirsi un bel bottino (543.954,42 euro l’anno quale compenso da Capo DAP e Capo
Polizia Penitenziaria) che evidentemente fa gola a molti e poi…
Polizia Penitenziaria?
Sovraffollamento? Trattamento teso al recupero del condannato? Argomenti da
sindacalisti o al massimo da politici romantici. Al DAP ci sono ben altre
storie da seguire e di cui occuparsi. Altro che articolo 27 della Costituzione!
Al DAP, ma in generale
nelle carceri italiane e soprattutto in alcune di esse, è passata la storia
d’Italia, ma non quella che si legge sui libri di scuola.
Si tratta di una
storia che forse non conosceremo mai perché i protagonisti “sono passati a
miglior vita” oppure perché verrà opposto il segreto di Stato.
E’ una storia che si
può solo intravedere dalle dichiarazioni dei testimoni che stanno parlando in
un’aula di Palermo dove si sta svolgendo il processo agli ufficiali del
Ros Mario Mori e Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento alla
mafia per la mancata cattura del boss Bernardo Provenzano.
Tra le ultime
testimonianze spicca quella di monsignor Fabio Fabbri, ex vice-capo
dei cappellani delle carceri, e testimone della gestione, ai più alti livelli,
del 41 bis negli anni della trattativa mafia-Stato. Fabio Fabbri è stato il
“vice” dello storico Ispettore generale dei cappellani, Cesare Curioni
(che nel frattempo è deceduto), buon amico dell’ex presidente della Repubblica,
Oscar Luigi Scalfaro (che aveva la sua abitazione privata a 200 metri
dalla sede del DAP). Guarda il video all'inizio di
questo articolo.
Monsignor Cesare
Curioni, una sorta di eminenza grigia del mondo carcerario, è l’uomo a
cui il capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro, nel giugno del ’93, chiese
consiglio per scegliere il successore di Nicolò Amato, silurato dalla
guida del DAP per far spazio (così hanno dichiarato altri testimoni) a Francesco
Di Maggio un dirigente che alcuni hanno definito più ‘’morbido’’ sulla
questione del carcere duro.
Secondo il teste
“Curioni aveva in mano la politica nazionale, ha fatto e disfatto governi”.
Parlando dei rapporti fra l’ex Ispettore generale dei cappellani delle carceri
e Scafaro, Fabbri ha sostenuto che i due si conoscevano da tempo“da quando il
presidente era magistrato a Voghera e lui era cappellano a San Vittore”.
E il carcere di San
Vittore è proprio una di quelle carceri in cui è passata la storia d’Italia…
soprattutto quella degli ultimi venti anni. Ma ce ne sono altri e a spiegarcelo
è sempre Fabio Fabbri in una dichiarazione
rilasciata al Fatto Quotidiano subito dopo l’udienza del
processo: Mike Bongiorno? ‘’Cominciò grazie al nostro aiuto. Nel
dopoguerra, fu Curioni a chiamarlo a fare i primi spettacolini nel carcere di
San Vittore’’. Dario Fo? ‘’Chiedetegli quanto deve a monsignor
Curioni’’. ‘’Dovete sapere che il carcere milanese di San Vittore, insieme a
Rebibbia, l’Ucciardone e Secondigliano, è uno dei principali istituti di pena
italiani, frequentato dai più famosi magistrati, e da numerosi deputati in
visita. E’ insomma, un centro di potere’’. E un centro di potere, a quanto
emerge dal suo racconto, sarebbe stato l’intero mondo delle tonache nere in
servizio pastorale all’interno delle prigioni. “Curioni – ha detto senza peli
sulla lingua in aula – che per quarant’anni è stato cappellano di San Vittore,
ha fatto e sfatto governi’’.
E noi poliziotti a
preoccuparci delle circolari del DAP, di come deve essere suddiviso il FESI, di
quando sarà bandito il prossimo interpello di trasferimento…
Nelle carceri è
passata la storia dell’Italia. Alcuni aspetti noti, meno noti.
Se si vorrà davvero
fare luce su questa Storia degli ultimi decenni, non si potrà prescindere dal
conoscere e capire cosa è successo e forse succede ancora, in quelle stanze e
in quei corridoi del DAP e in alcune carceri gestite dell’Amministrazione
penitenziaria e suoi dirigenti.
(da www.poliziapenitenziaria.it)