Uno strumento di questo genere non poteva non entrare nelle aule di udienza
e salire sul banco degli imputati per i delitti contro la persona.
Aldo Maturo
Non è un mistero che internet è un sistema di comunicazione non solo veloce
e diffuso ma anche abbastanza economico. Con pochi euro di spesa per il
collegamento e agganciandosi a un blog o a un sito ci si può sentire tutti
scrittori, giornalisti, critici o opinionisti.
Con le email, poi, la possibilità di contattare persone anche dall’altra
parte del mondo in pochi secondi supera ogni barriera spazio-temporale.
Le informazioni immesse o il nostro pensiero possono entrare nelle case di
milioni di persone senza che nulla possa più fermarle, ovvero, le procedure
legali per fermarle sono talmente lunghe da essere del tutto ininfluenti
rispetto alla velocità di propagazione del nostro scritto o rispetto ai
danni già fatti.
Uno strumento di questo genere non poteva non entrare nelle aule di udienza
e salire sul banco degli imputati per i delitti contro la persona.
Due sono le previsioni del nostro codice penale:
L’INGIURIA (art.594) “ Chiunque offende l’onore o il decoro di una persona
presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino ad euro
516. Alla spessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione
telegrafica o telefonica o con scritti o disegno diretti alla persona offesa”.
LA DIFFAMAZIONE (art.595) ”Chiunque, comunicando con più persone, offende
l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa
fino ad euro 1.032..omissis..Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con
qualsiasi altro mezzo di pubblicità la pena è della reclusione da sei mesi a
tre anni o della multa non inferiore ad euro 516”.
Che questi reati possano essere commessi anche per via telematica non credo
vi siano molti dubbi. Nel caso delle email, ad esempio, è certamente
perseguibile per ingiuria il soggetto che invia il messaggio atto ad
offendere solo alla persona offesa. Lo stesso soggetto risponderà invece di
diffamazione se il messaggio è indirizzato alla persona offesa e ad altre
persone. Messaggio atto ad offendere, ad esempio, è un’espressione ingiuriosa,
denigratoria, una valutazione poco lusinghiera sulla professionalità del
destinatario, sulle sue capacità cognitive ed intellettive, etc.
Una diversa valutazione del problema si ha quando il soggetto
spedisce un suo intervento a un sito internet – che lo pubblica - e
tale scritto ha un contenuto offensivo o denigratorio per terze persone. In
questo caso la comunicazione è stata effettuata su uno spazio telematico, il
sito appunto, accessibile in linea teorica ad una pluralità di persone, anzi
accessibile da ogni angolo del mondo a chiunque si colleghi a quel sito.
In tal caso si ha uno “sdoppiamento temporale” dell’evento perché, secondo
la Cassazione (sentenza 4741/2000) "…in un primo momento, si avrà
l'inserimento in rete - da parte dell'agente - degli scritti offensivi e/o
delle immagini denigratorie e, solo in un secondo momento (a distanza di
secondi, minuti, ore, giorni ecc.), i terzi, connettendosi con il "sito"
e percependo il messaggio, consentiranno la verificazione dell'evento (la
diffamazione)".
Con sentenza 31392/2008, la stessa Corte ha ribadito che sussiste la
diffamazione aggravata qualora la diffamazione di un testo è avvenuta tramite
internet parificando quindi tale sistema di trasmissione a quello che il codice
penale chiama “altro mezzo di pubblicità”.
Tale tipo di diffamazione trova un limite qualora si stia esercitando
il diritto, costituzionalmente garantito, di esprimere le proprie opinioni,
previsto dall'art. 21 della Costituzione. La possibilità riconosciuta a
qualunque cittadino di esprimere opinioni, riferire fatti, esercitare una
critica, deve essere però contemperata dai limiti previsti per l’esercizio di
tali diritti, limiti riscontrabili nella veridicità e fondatezza dei fatti
esposti e nell’uso di un linguaggio o termini lessicali corretti e non
gratuitamente offensivi o oltraggiosi per la reputazione del soggetto
destinatario dell’intervento.
Secondo la nuova legge sull’editoria (n.62 del 7.3.2001) per
«prodotto editoriale» si intende il prodotto realizzato su supporto cartaceo,
ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione
o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo,
anche elettronico…”
Di recente la Cassazione(sez. V, sentenza n. 46504
del 14.12.2011) ha
confermato che l’ utilizzo di un sito internet per la diffusione di immagini o
scritti atti ad offendere un soggetto è azione idonea a ledere il bene
giuridico dell’onore nonché potenzialmente diretta "erga omnes",
pertanto integra il reato di diffamazione aggravata.
Si è consolidato quindi
l’orientamento, nella giurisprudenza, che il sito Internet - inteso come
insieme di hardware e software mediante il quale si genera un prodotto
editoriale destinato alla trasmissione di flussi di dati - ai sensi
della sopracitata l. n. 62 del 2001 si deve ritenere sottoposto, anche ai fini penali, alla disciplina riservata
alla stampa da cui ne deriva il perseguimento dei casi di diffamazione
commessi utilizzando questo favoloso mezzo di trasmissione globale.