Il volo di un aereo
Canadair costa 14.000 euro all’ora e quello di un grosso elicottero che porta
10.000 litri d’acqua è di circa 6.000 euro l’ora.
Aldo Maturo
L’Italia brucia,
come sempre, come ogni estate. Le regioni più esposte sono Sicilia,
Campania, Calabria, Puglia, Toscana, Lazio ma poche si salvano.
E pensare che il legislatore non è stato indulgente quando ha previsto,
per chi incendia i boschi, selve o foreste, la pena della reclusione da
quattro a dieci anni (art.423 bis c.p.). Dal 2000 l’incendio boschivo è
un’autonoma figura di reato “delitto contro la pubblica incolumità” (pena da
quattro a dieci anni) e non più un’aggravante del reato di
incendio (pena da tre a sette anni).
Ma evidentemente
l’effetto deterrente della pena è stato irrilevante. Secondo l’Unione Europea
il 95% degli incendi in Italia è attribuibile all’uomo. Ma le carceri italiane
di certo non sono piene di detenuti incendiari.
La severità
legislativa è stata quindi virtuale. Ammesso che si riesca ad arrestare uno di
questi personaggi, scattano immediatamente tutte le norme di procedura penale
che vincolano il magistrato nell’applicazione della custodia in carcere. Ci
rimarrà solo se il magistrato riterrà che il soggetto rimesso in libertà
possa darsi alla fuga o dia fuoco ad altri boschi o che possa
inquinare le prove a suo carico. Troppi “se” e questo significa che il nostro
soggetto dopo pochi giorni, se non ore, ha grosse speranze di ritornare in
libertà.
A suo carico resta
la pendenza del processo e prima o poi gli sarà presentato il conto. Purtroppo
anche stavolta il sistema penale offre spazio ad altre soluzioni. Il
nostro incendiario concorderà con il suo avvocato una strategia difensiva
e potrà ricorrere ad uno dei riti previsti dai procedimenti speciali
(patteggiamento, rito abbreviato), godendo della riduzione di un terzo della
pena prevista.
Si pensa che almeno
quello che resta della pena irrogata, già oggetto di sconto, lo porti al
carcere. Non è così. Se non ha potuto godere immediatamente dei
benefici della condizionale (perché ha avuto ad esempio una
pena non superiore a due anni) suppliscono i benefici
dell’ordinamento penitenziario e quindi, se è stato condannato ad una pena non
superiore a tre anni (ipotesi verosimile) potrà sempre richiedere
l’affidamento in prova al servizio sociale, che significa restare libero,
svolgere il proprio lavoro, la propria vita sociale con l’unico limite di avere
periodicamente dei colloqui con un’assistente sociale.
Se ha più di 60 anni
ed è inabile parzialmente (cosa probabile) potrà sempre richiedere la
detenzione domiciliare per le pene fino a 4 anni.
Conclusione: il
carcere è rimasto solo uno spauracchio dissoltosi nel nulla, il nostro sistema
giuridico ha dato l’ennesima prova di schizofrenia con un legislatore che
aggrava le pene e un altro che offre il sistema per eluderle. E
l’Italia continua impunemente a bruciare dalle Alpi alla Sicilia.
Quando gli
incendi non sono riconducibili alla prospettiva di creare occupazione
nell’ambito delle attività di vigilanza antincendio o spegnimento degli stessi,
spesso derivano dalla previsione errata che le aree verdi distrutte dal
fuoco possano essere utilizzate successivamente a vantaggio di interessi
specifici, connessi alla speculazione edilizia, al bracconaggio,
all’ampliamento della superficie agraria.
Previsione errata
perché la legge 353/2000, in materia d’incendi boschivi, prevede
all’art.10 che i boschi ed i pascoli che siano stati percorsi dal fuoco non
possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per
almeno quindici anni.
È inoltre vietata
per dieci anni, sui predetti suoli, la realizzazione di edifici nonché di
strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività
produttive. Tu mi dai fuoco a zone panoramiche o paesaggistiche con l’intento
di poterci poi costruire insediamenti e ville ma io non ti ci faccio costruire
per 15 anni (a meno che la licenza non era già stata concessa prima
dell’incendio).
La legge voleva
essere un freno contro le speculazioni edilizie: ottima intenzione, ma la cosa
ancora una volta non è così scontata.
Per poter scattare i
divieti di costruzione sulle aree incendiate è indispensabile che il Comune
faccia annualmente il censimento delle aree percorse dal fuoco - il
Catasto Incendi - affinché siano rese note ed ufficiali. In realtà questa
mappatura non viene fatta o ne viene iniziato l’iter in poche realtà urbane. I
motivi? Mancanza di personale, omissioni, negligenza e non poche volte
complicità.
Intanto l’industria
dell’incendio e il suo indotto va a gonfie vele e può diventare un vero
business per quanti sono chiamati ad intervenire e non fanno parte
dell’istituzione. I costi ricadono su tutti noi. Basti pensare che il
volo di un aereo Canadair costa 14.000 euro all’ora e quello di un grosso
elicottero che porta 10.000 litri d’acqua è di circa 6.000 euro l’ora.
E’ stato calcolato
che mediamente si spendono 500 milioni di euro all’anno pari a circa 968
miliardi di lire. Più di due miliardi e seicentocinquanta milioni al giorno.
Senza calcolare gli incalcolabili danni ambientali, la distruzione di
milioni di alberi e la devastazione di migliaia di ettari di verde.