Aldo Maturo
Con l’avvicinarsi
dell’estate le nostre strade si riempiono di motorini guidati, in massima
parte, da ragazzi minorenni e non è difficile incrociare, soprattutto in alcune
zone del sud, giovanissimi centauri che sfrecciano senza casco o ignorando,
nelle loro evoluzioni, le più elementari norme del codice della strada. Alla
normale preoccupazione per l’incolumità dei loro figli, i genitori dovrebbero
aggiungere la consapevolezza che la Cassazione non fa sconti ai genitori
di un figlio indisciplinato che, per esempio, guida il motorino senza
casco. In caso di incidente pagano i danni, colpevoli di non averlo
saputo educare e di non averlo sorvegliato nella sua vita di relazione.
I fatti oggetto della sentenza 9556/09
riguardano un incidente stradale avvenuto su una strada del sud e che aveva
visto coinvolto uno scooter ed una Vespa 50 guidata da un minorenne con a bordo
un suo amico.
A seguito delle
ferite riportate il ragazzo dello scooter era morto dopo pochi giorni ed
inevitabilmente i suoi genitori avevano attivato tutta la procedura per il
risarcimento dei danni richiesto ai genitori del ragazzo minorenne alla guida
della Vespa.
In primo grado il
giudice, valutati i fatti, aveva attribuito al minorenne una responsabilità del
70% e aveva condannato i suoi genitori al risarcimento dei danni ed alle
spese. Era seguito processo in Appello ed infine in Cassazione.
In quella sede i
genitori del minorenne, tramite il proprio legale, avevano evidenziato di non
essere responsabili, come previsto dall’art.2048 codice civile, dei danni
cagionati dal figlio (Il padre e la madre sono responsabili del danno cagionato
dal fatto illecito dei figli minori non emancipati che abitano con essi. Sono
liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire
il fatto) perché ritenevano di aver dimostrato al giudice di aver adempiuto
all’obbligo di educarlo.
D’altra parte,
avevano asserito, il ragazzo al momento dell’incidente era quasi maggiorenne
(aveva 17 anni e 10 mesi) e quindi era in grado di agire e rispondere da solo
delle proprie azioni. Prova ne era, tra l’altro, che aveva già lavorato presso
un fabbro e un carrozziere.
La tesi difensiva
non è stata condivisa dai giudici. A loro avviso i genitori non possono
ritenere di aver educato adeguatamente il figlio specialmente ove si consideri
che al momento dell’incidente sia il ragazzo che il suo passeggero non avevano
il casco. La tal cosa conferma l’omessa vigilanza, ai fini educativi, sul
comportamento del figlio.
I genitori avrebbero
dovuto dimostrare che era stata impartita al figlio un’educazione normalmente
sufficiente ad impostare una corretta vita di relazione in rapporto al suo
ambiente, alle sue abitudini,alla sua personalità.
Non ha rilievo, a
loro avviso, il fatto che il figlio fosse quasi diciottenne al momento del
sinistro perché l’art.2048 – sopra richiamato – si riferisce al figlio comunque
minorenne verso il quale i doveri della educazione sono inderogabili e
finalizzati a correggere comportamenti scorretti e quindi “meritevoli di
costante opera educativa onde realizzare una personalità equilibrata,
consapevole della relazionalità della propria esistenza e della protezione
della propria ed altrui persona da ogni accadimento consapevolmente illecito”.
Lo stato di
immaturità del figlio si desume anche dal fatto che il ragazzo non indossasse
il casco, anche se aveva dimestichezza con i veicoli proprio per aver
lavorato come carrozziere.
Il fatto che non
indossasse il casco era da attribuire, secondo i giudici, alla cattiva
educazione impartita dai genitori che, in sede processuale, avrebbero dovuto
provare non solo di averlo saputo educare come è richiesto a un genitore, ai
sensi dell’art.147 codice civile, ma anche di averlo controllato adeguatamente
per renderlo consapevole delle proprie azioni, del rispetto per la propria e
per l’altrui persona, delle conseguenze di fatti illeciti da lui commessi
consapevolmente.