venerdì 3 maggio 2013

GUIDA PERICOLOSA: LE COLPE DI MAMMA E PAPA'

 
Aldo Maturo
 
Con l’avvicinarsi dell’estate le nostre strade si riempiono di motorini guidati, in massima parte, da ragazzi minorenni e non è difficile incrociare, soprattutto in alcune zone del sud, giovanissimi centauri che sfrecciano senza casco o ignorando, nelle loro evoluzioni, le più elementari norme del codice della strada. Alla normale preoccupazione per l’incolumità dei loro figli, i genitori dovrebbero aggiungere la consapevolezza che  la Cassazione non fa sconti ai genitori di un figlio indisciplinato  che, per esempio, guida il motorino senza casco.  In caso di incidente pagano i danni, colpevoli di non averlo saputo educare  e di non averlo sorvegliato nella sua vita di relazione.



I fatti oggetto della sentenza 9556/09 riguardano un incidente stradale avvenuto su una strada del sud e che aveva visto coinvolto uno scooter ed una Vespa 50 guidata da un minorenne con a bordo un suo amico.
 
A seguito delle ferite riportate il ragazzo dello scooter era morto dopo pochi giorni ed inevitabilmente i suoi genitori avevano attivato tutta la procedura per il risarcimento dei danni richiesto ai genitori del ragazzo minorenne alla guida della Vespa.
In primo grado il giudice, valutati i fatti, aveva attribuito al minorenne una responsabilità del 70% e aveva condannato i suoi genitori  al risarcimento dei danni ed alle spese. Era seguito processo in Appello ed infine in Cassazione.
In quella sede i genitori del minorenne, tramite il proprio legale, avevano evidenziato di non essere responsabili, come previsto dall’art.2048 codice civile, dei danni cagionati dal figlio (Il padre e la madre sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati che abitano con essi. Sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto) perché ritenevano di aver dimostrato al giudice di aver adempiuto all’obbligo di educarlo.
D’altra parte, avevano asserito, il ragazzo al momento dell’incidente era quasi maggiorenne (aveva 17 anni e 10 mesi) e quindi era in grado di agire e rispondere da solo delle proprie azioni. Prova ne era, tra l’altro, che aveva già lavorato presso un fabbro e un carrozziere.
La tesi difensiva non è stata condivisa dai giudici.  A loro avviso i genitori non possono ritenere di aver educato adeguatamente il figlio specialmente ove si consideri che al momento dell’incidente sia il ragazzo che il suo passeggero non avevano il casco. La tal cosa conferma l’omessa vigilanza, ai fini educativi, sul comportamento del figlio.
I genitori avrebbero dovuto dimostrare che era stata impartita al figlio un’educazione normalmente sufficiente ad impostare una corretta vita di relazione in rapporto al suo ambiente, alle sue abitudini,alla sua personalità.
Non ha rilievo, a loro avviso, il fatto che il figlio fosse quasi diciottenne al momento del sinistro perché l’art.2048 – sopra richiamato – si riferisce al figlio comunque minorenne verso il quale i doveri della educazione sono inderogabili e finalizzati a correggere comportamenti scorretti e quindi “meritevoli di costante opera educativa onde realizzare una personalità equilibrata, consapevole della relazionalità della propria esistenza e della protezione della propria ed altrui persona da ogni accadimento consapevolmente illecito”.
Lo stato di immaturità del figlio si desume anche dal fatto che il ragazzo non indossasse il casco, anche se aveva dimestichezza con i veicoli proprio per aver lavorato  come carrozziere.
Il fatto che non indossasse il casco era da attribuire, secondo i giudici, alla cattiva educazione impartita dai genitori che, in sede processuale, avrebbero dovuto provare non solo di averlo saputo educare come è richiesto a un genitore, ai sensi dell’art.147 codice civile, ma anche di averlo controllato adeguatamente per renderlo consapevole delle proprie azioni, del rispetto per la propria e per l’altrui persona, delle conseguenze di fatti illeciti da lui commessi consapevolmente.