Il pittoresco non può mai
davvero farsi Stato, nemmeno nell’Italia sguaiata che ha conosciuto il dito
medio di Umberto Bossi e la presenza di Cicciolina in Parlamento. Come quel Cavalier
Ferrini di Catania che da muratore si fece imprenditore e con coerenza divenne
uomo di potere politico e di grandi clientele: al comizio gridava “concittadini!
Se io ‘sarei’ eletto…” e al segretario che gli mormorava “fossi, cavaliere,
fossi”, rispondeva urlando: “Ma quali fossi, sicuru è!”
Salvatore Merlo, su LINKINCHIESTA, 4.5.2013
E hanno ragione Beppe
Grillo e Gianroberto Casaleggio che non li vogliono nei salotti televisivi.
Ogni qual volta sgusciano fuori dall’ombra di silenzio e mistero dove vengono a
stento trattenuti, i parlamentari del Movimento 5 Stelle si rivelano uguali
agli altri abitanti dello strapaese, che siano deputati o no. Divertenti come
quel tale Marino Mastrangeli, il senatore espulso perché andava a Canale 5 da
Barbara d’Urso, il nodo della cravatta troppo grosso, la camicia a rigoni o a
quadrettoni, l’italiano stentato, l’aria arruffata degli omaccioni che nei
paesi di mare dopo una giornata passata sul molo si ripuliscono per la festa
del battesimo.
Guai a bandire il pittoresco, ma il pittoresco non può mai davvero farsi Stato, nemmeno nell’Italia sguaiata che ha conosciuto il dito
medio di Umberto Bossi e quella candidatura di Cicciolina in Parlamento alla
quale non credeva neppure Pannella, se non – appunto – come sberleffo al
Parlamento stesso e al regime di allora. «Ma siamo nel mondo o nell’anti mondo?»,
si chiede Mastrangeli l’espulso, «sono sempre stato qui a lavorare mica sono
andato a zonzo in Mesopotamia». E chissà cosa crede che sia la Mesopotamia.
Questa è l’antropologia
nuova che può rivoltare l’Italia come
un calzino e restituirla a migliori costumi, o piuttosto i Mastrangeli di
Grillo non sono che lo specchio dell’Italia moderna, come lo sono i gemelli
Berlusconi e Santoro, o come fa parte del paesaggio degradato anche lo yacht di
Bossi Jr attraccato ad Hammamet, orribile nemesi, laddove morì Craxi mentre
Bossi padre sventolava il cappio a Montecitorio? Li abbiamo sentiti parlare in
Aula, i Cinque stelle, alla Camera e a Palazzo Madama hanno votato contro la
fiducia al governo di Enrico Letta.
E finalmente li abbiamo visti, ci si sono
rivelati con la stessa mediocrità oratoria della politica di sempre, una
cantilena monocorde, nessuno che parla a braccio, tutti leggono rapidissimi (ma
sull’Ipad) e nessuno capisce, proprio come succede agli altri deputati e
senatori, quelli che non sono a Cinque Stelle, i parlamentari semplici, quelli
del Pdl, quelli dell’Udc o del Pd: discorsi spesso tremendi, senza sfumature,
triti, “scongelatevi”, “siete ammuffiti”, con pause e accenti sbagliati. E se c’è
una parola in una lingua straniera, questa cadrà certamente vittima di efferata
violenza. Chi parla male, pensa male e dunque governa male. Come quel Cavalier
Ferrini di Catania che da muratore si fece imprenditore e con coerenza divenne
uomo di potere politico e di grandi clientele: al comizio gridava “concittadini!
Se io ‘sarei’ eletto…” e al segretario che gli mormorava “fossi, cavaliere,
fossi”, rispondeva urlando: “Ma quali fossi, sicuru è!”.
E dunque Mastrangeli,
che non ha una brutta faccia ed è certamente un uomo per bene, è la nostra
rappresentanza parlamentare classica, il moderno sottoproletariato culturale di
massa elevato al rango di senatore e deputato. Niente di nuovo, solo tutto un
po’ più evoluto nell’epoca del pasticcio democratico via streaming. Ecco, quasi
nessuno dei grillini è riuscito a completarlo il suo discorso in Parlamento, a
restare dentro i tre minuti di tempo previsti dalle regole, ma quasi tutti,
come molti uomini e donne del Pdl e del Pd, sono stati interrotti, nel massimo
disordine intellettuale, con il discorso troncato a metà, tra inciampi sulla
sintassi, sulle regole della logica e della grammatica minima. Senza codice
come i Domenico Scilipoti e gli Antonio Razzi, ruspanti come i "Giggino a’
Purpetta", come quel senatore Gramazio che mangiò la mortadella in Aula
per dileggiare Prodi, o furbi del contado come Antonio Di Pietro, il Calandrino
che per vent’anni, assieme al Cavaliere, ha costretto l’Italia a saltare nei
suoi cerchi di fuoco giudiziario. “Uno vale uno”, dicono dalle parti di Grillo.
E così anche se ci fosse (e sicuramente c’è), nell’indistinto l’eccellenza
muore. Uno vale mille.
La nuova specie d’italiani
che tutto vuole cambiare, non si distingue dal
resto dei signor qualunque dell’Italia contemporanea, dentro e fuori del
Parlamento. Il sottoproletariato di massa è cosa diversa dal popolo inteso in
senso classico, non ci sono infatti braccia forti e belle mani callose, ma un’umanità
qualsiasi, modernizzata, internettizzata, vittima di un blog totemico, ma che
pure per lo più si esprime ancora annaspando nella sua stessa lingua, alla
meglio, agitando le mani e infilando un “cioè” dietro l’altro. Ascoltateli, se
potete. Mastrangeli, per dire, ha scritto una lettera indirizzata a Grillo, una
missiva a suo modo drammatica, accorata, un appello al perdono come le lettere
che le vittime del terrore staliniano scrivevano al loro boia. Si conclude così:
«Io rimarrò per sempre nel gruppo parlamentare del Movimento cinque stelle di
cui faccio orgogliosamente parte! Firmato Mastrangeli Marino». E sembra Totò
con Peppino De Filippo che scrivono alla malafemmena, «salutandovi
indistintamente i fratelli Caponi (che siamo noi i Fratelli Caponi)». Ora si
capisce perché Grillo e Casaleggio hanno scelto Vito Crimi e Roberta Lombardi.
A confronto sembrano Lord Brummel e Isidora Duncan.