lunedì 13 gennaio 2014

CARCERE VILLA FASTIGGI : CONFERMATE LE TANGENTI



Il Resto del Carlino ha pubblicato in questi ultimi giorni due importanti articoli denunzia sul carcere di Pesaro Villa Fastiggi perché dopo 26 anni la Corte dei Conti ha condannato i tecnici che l’avevano costruito. Ho ritenuto di offrire il mio contributo, pubblicato oggi con qualche “taglio” dovuto a problemi di spazio sul giornale.
Resto del Carlino 13 gennaio 2014 (cliccare per ingrandire)
 

Aldo Maturo

(Direttore Casa Circondariale Pesaro 1988-1999)

 


Se invece dello scandalo delle carceri d’oro ci fosse stato quello delle carceri di diamante, Villa Fastiggi avrebbe concorso per i primi posti.
 
Ha fatto con me i suoi primi passi e mi addolora vedere in tv le immagini del rivestimento plastico delle facciate penzolare nel vuoto come lenzuola sporche. Sollevata l’attuale direzione da qualunque responsabilità, lo stato attuale dipende dalle scelte costruttive al risparmio utilizzate ed è già un miracolo che il carcere sia sopravvissuto cinque lustri. E pensare che il costo di oltre trenta miliardi di lire va rapportato al valore di trent’anni fa.
Casa Circondariale Villa Fastiggi



Già dai primi sopralluoghi avevo capito cosa aveva rappresentato quel carcere per lo Stato e cosa sarebbe stato per me, illusomi di venire a riposarmi in un carcere nuovo, dopo anni passati tra terroristi, mafiosi e camorristi. L’attentato delle BR del 1982 era stato addebitato all’erario per 435 milioni di lire per ricostruire la parte danneggiata e oltre sei milioni di lire a settimana per successive spese di guardiania del cantiere. Circa un milione al giorno, fino a quando non me lo hanno consegnato. Inutili le mie proteste sulle numerose sbianchettature riportate sulle relazioni degli impianti tecnologici, presentate come errori di dattilografia. Nessuna spiegazione da parte di chi aveva visto presenti e funzionanti impianti inesistenti, come le luci del camminamento di ronda e delle garitte. Assurda l’installazione di serrature di tipo condominiale e non penitenziario, che mi aveva costretto a sostituirne oltre 200 in meno di un mese. Cosa dire dei radiatori in lamierino, sottili ed inadeguati, per rapporto Kcal/cubatura, a riscaldare ambienti fatti di cemento armato per le pareti e cemento grezzo per pavimento. Formidabile l’idea di comandare a distanza tutti i numerosi cancelli pneumatici di sbarramento, nell’ottica del risparmio di personale, ma senza telecamere per cui l'agente avrebbe dovuto aprire e chiudere a distanza senza vedere chi ci fosse dietro al cancello. L’istituto era stato costruito nel dispregio di qualunque tecnica di edilizia penitenziaria e, al di là dell’apparente imponenza, era un surrogato di soluzioni illogiche per un carcere. Non è un caso che lo Studio Tecnico di Roma, che lo aveva progettato, pare lo avesse disconosciuto perché i suoi disegni erano stati stravolti. 



Di una cosa non si sentiva la mancanza. Di centinaia e centinaia di neon (nella sola caserma agenti ne avevo contati 760), di decine e decine di inutili, costose, doppie porte in ferro tamburato per accedere ai numerosissimi bagni/antibagni, talmente piccoli che le porte si sfioravano tra di loro. Non parlo delle celle, dove le infiltrazioni d’acqua dagli infissi, subito arrugginitisi, e l’umidità delle pareti bagnavano i materassi e ci costringevano a continui interventi manutentori. Le docce, dopo meno di due anni, erano diventate color verderame. Ristrutturate con oltre 100 milioni, si era scoperto che il pavimento non era stato coibentato e che sotto i piatti doccia passavano i cavi elettrici. Che dire dell'alloggio del Direttore dichiarato -  dopo soli due anni - inabitabile ed antigienico, con tanto di verbale Asl.

L’elenco sarebbe lunghissimo. Quello che ho consegnato alla Corte dei Conti e all’A.G l’11 ottobre 1994 era formato da atti per circa duecento pagine. Nonostante tutto siamo andati avanti, con piccoli e grandi interventi, a spese ridotte utilizzando la squadra manutenzione del carcere e grazie alla collaborazione e ai sacrifici del personale, che ha lavorato in condizioni operative difficili, rischiose e penalizzanti. Ha aiutato anche la pazienza dei detenuti che hanno sopportato inevitabili restrizioni durante gli interventi di ripristino e modifiche. Oggi, nonostante tutto, credo che il carcere  sia abbastanza operativo e, pur se in un habitat inadeguato, promuove mille iniziative grazie all’impegno di tutti i suoi operatori.

Per le vicende del passato la Corte dei Conti si è espressa in questi giorni. Indubbiamente in ritardo, di certo in maniera benevola.