venerdì 10 gennaio 2014

ROCCA COSTANZA - VILLA FASTIGGI : SOLO ANDATA


 
Oggi il Resto del Carlino è uscito con un ampio servizio sul nuovo carcere di Pesaro. Non potevano non affiorarmi alcuni spiacevoli ricordi, che avevo riportato sullo stesso giornale per il 18° compleanno di quell'evento.


Aldo Maturo
Direttore  Casa Circondariale 
Villa Fastiggi
Il Resto del Carlino, marzo 2007


L’appuntamento che la città attendeva da anni era fissato per le ore 11 al nuovo carcere di Villa Fastiggi, ma era un appuntamento silenzioso, fra addetti ai lavori, senza flash e riflettori. 

Con gli Uffici desolatamente sguarniti di qualunque mobilio,  l’incontro sarebbe avvenuto nel piazzale esterno, sotto il primo sole cocente dell’ estate 1988.  Come scrivania il cofano di una macchina di servizio, la Fiat 131 biancastra del Provveditorato Opere Pubbliche di Ancona.



C’erano  i funzionari dell’U.T.E. di Pesaro, l’Impresa costruttrice e alcune  Ditte che avevano realizzato gli impianti interni, invero ancora in corso d’opera. Erano tutti ansiosi di scaricarsi di dosso quella patata bollente del nuovo carcere, partorito nel  1977 in pieno periodo di terrorismo. Dopo una lunga e laboriosa gestazione culminata nell’attentato Br del 1982 (costato al contribuente quasi 500 milioni di lire), finalmente veniva consegnato al Ministero della Giustizia tramite il nuovo Direttore.

ll sole del mattino sparava la sua luce sul quarzo bianco e azzurro dei padiglioni, accentuandone la tonalità e il calore riflesso. Dall’asfalto grigio del piazzale si alzava quell’alone impalpabile che i raggi del sole creano sull’asfalto bollente e la poderosa recinzione in ferro appariva laggiù in fondo sfumata e tremolante.

Un geometra scaricò dal bagagliaio un pacco immenso di planimetrie e lo poggiò sul cofano della macchina. Parlarono prima a lungo tra di loro  poi mi chiesero di avvicinarmi e mi dissero con aria seriosa che il D-Day era arrivato. Mi stavano consegnando formalmente il nuovo carcere, già oggetto di infiniti sopralluoghi e contestazioni da parte mia. I blocchi di planimetrie legate con l’elastico, verbali, certificati di garanzia  ed altri documenti vennero fatti scivolare sul cofano verso di me, quasi a superare la linea di confine tra la loro e la mia sfera di competenza.

 Da uno scatolone sollevarono mazzi di chiavi, “le chiavi di Villa Fastiggi”. Come era prevedibile  erano centinaia, piccole, grandi, a doppia mappa. Non c’erano quelle che avrebbero dovuto esserci, quelle di tipo penitenziario.  Solo più tardi  avrei scoperto il perché. 

“Auguri, ne avrà bisogno” mi aveva detto uno di loro salutandomi, mentre gli si chiudeva alle spalle il grosso cancello scorrevole. Dio sa se aveva ragione sapendo che avrei dovuto organizzare dal niente quella struttura di 40.000 mq. 

Era il 16 giugno 1988. Una data importante. Ne sarebbe seguita un’altra a distanza di qualche mese e sarebbero state le due date storiche nella cronaca penitenziaria di Pesaro: consegna del nuovo carcere e chiusura di Rocca Costanza.  

Avevo preso servizio a Pesaro meno di un mese prima ma il tempo mi era bastato per sentire il “clima” della città, per vedere e capire che dal D-Day sarei passato subito al Day After,non appena che tra i giornali fosse passata la notizia dell’avvenuta consegna.

Le pagine dei  quotidiani locali erano piene da mesi: “Al capezzale di Costanza condannata dal carcere”, “Un mistero tra quattro mura”, “Diventi un luogo di libertà”, “Rocca Costanza forse libera entro due mesi” “Libera e bella”, “Rocca Costanza:carcere addio”. 

Nei giorni successivi scannerizzai ogni angolo di Villa Fastiggi con i miei preziosi collaboratori fino ad arrivare alla conclusione che il carcere non si poteva aprire perché era la sintesi delle più macroscopiche contraddizioni di tecnica penitenziaria. Si passava da soluzioni tecniche proprie di un carcere di massima sicurezza ad ingenuità strutturali da parco giochi.

I mesi che seguirono furono mesi di fuoco e di lotte per apportare nel più breve tempo possibile le modifiche necessarie ad una struttura che comunque era già costata al contribuente circa 30 miliardi di lire. Grazie alle mie relazioni a tutti gli organi competenti, Corte dei Conti compresa, l’istituto sarebbe entrato di lì a qualche mese, con quello di Ancona Montacuto e Ancona Barcaglione, nell’elenco delle carceri d’oro della regione Marche, con gli arresti eccellenti anche di quegli stessi tecnici che me lo avevano consegnato quella mattina d’estate. 

Le disfunzioni dell’istituto erano macroscopiche e la lettura della documentazione ricevuta la mattina del 16 giugno 1988, infatti, riservava ogni giorno singolari sorprese tutte puntualmente segnalate all’A.G. ed alle massime Autorità interessate, fino a diventare col tempo un corposo dossier finito, con risultati tutt’ora ignoti, sulle più alte scrivanie deputate ad intervenire.

Ma intanto, come previsto, nulla poteva frenare la voglia della città di riappropriarsi di Rocca Costanza e scrollarsi di dosso secoli di catene.
Dopo aver lavorato giorno e notte per apportare le modifiche minime indispensabili, con i pochi ma ottimi agenti di Rocca Costanza e di Urbino,dismesso due mesi prima, decidemmo  di dare inizio all’avventura.

La mattina del 1.3.1989 tra i giardinetti della Rocca era un pullulare di carabinieri, poliziotti, agenti del carcere: i pesaresi della piazza videro passare sul vecchio ponte del fossato  un cellulare dopo l’altro. I circa 50 detenuti presenti, avvisati quella stessa mattina, erano stati fatti salire sui furgoni che, a sirene spiegate nel traffico aperto dalle palette delle auto civette, puntavano su Villa Fastiggi.

Poco dopo mezzogiorno i cancelli della Rocca si chiusero dietro l’ultimo furgone mentre si aprivano  quelli del nuovo carcere che, con la fretta dell’ospite consapevolmente indesiderato, lasciava Rocca Costanza a chi da anni la reclamava.
“Finalmente Libera”, “Via dalla Rocca”,”Il giorno più lungo”, titolarono i giornali il giorno dopo.
“…e come sempre accade, dopo ritardi inspiegabili e attese esasperanti, il “regalo” arriva all’improvviso, quasi tra capo e collo, al punto di sentirsi impreparato a riceverlo” scriveva qualcuno.
“Rocca liberata : e ora che fare” si leggeva su un altro giornale e subito dopo “ Diventi un luogo di libertà”.

La città si apriva a prospettive di grande interesse culturale,sociale ed artistico. Rocca Costanza, “libera dalla sua deprimente destinazione rompeva l’isolamento che la separava dalla città”.
Qualcuno si augurava che con poca spesa si sarebbero riaperti i cancelli per consentire l’accesso “….da Pasqua 1989 o   dal 2000?” concludeva provocatoriamente.

E’ cronaca di 18 anni fa. Villa Fastiggi è diventata maggiorenne e ha scritto il suo nome nella storia penitenziaria del Paese con pagine spesso luminose, poche volte opache o inevitabilmente nere.
Rocca Costanza, imponente nella sua luminosità notturna, attende il suo destino accontentandosi di essere, con la Palla, l’icona fotografica della città.


(da "Cronache e...dintorni", Aldo Maturo, Ediz.Nous, 2014)