Oggi il
Resto del Carlino è uscito con un ampio servizio sul nuovo carcere di Pesaro.
Non potevano non affiorarmi alcuni spiacevoli ricordi, che avevo riportato
sullo stesso giornale per il 18° compleanno di quell'evento.
Dr.Aldo Maturo
Direttore Casa Circondariale
Villa Fastiggi dal 1989 al 1999
Il Resto del Carlino, marzo 2007
L’appuntamento che
la città attendeva da anni era fissato per le ore 11 al nuovo carcere di Villa
Fastiggi, ma era un appuntamento silenzioso, fra addetti ai lavori, senza flash
e riflettori.
Con gli Uffici
desolatamente sguarniti di qualunque mobilio, l’incontro sarebbe avvenuto
nel piazzale esterno, sotto il primo sole cocente dell’ estate 1988. Come
scrivania il cofano di una macchina di servizio, la Fiat 131 biancastra del
Provveditorato Opere Pubbliche di Ancona.
C’erano i
funzionari dell’U.T.E. di Pesaro, l’Impresa costruttrice e alcune Ditte
che avevano realizzato gli impianti interni, invero ancora in corso d’opera.
Erano tutti ansiosi di scaricarsi di dosso quella patata bollente del nuovo
carcere, partorito nel 1977 in pieno periodo di terrorismo. Dopo una
lunga e laboriosa gestazione culminata nell’attentato Br del 1982 (costato al
contribuente quasi 500 milioni di lire), finalmente veniva consegnato al
Ministero della Giustizia tramite il nuovo Direttore.
ll sole del mattino
sparava la sua luce sul quarzo bianco e azzurro dei padiglioni, accentuandone
la tonalità e il calore riflesso. Dall’asfalto grigio del piazzale si alzava
quell’alone impalpabile che i raggi del sole creano sull’asfalto bollente e la
poderosa recinzione in ferro appariva laggiù in fondo sfumata e tremolante.
Un geometra scaricò
dal bagagliaio un pacco immenso di planimetrie e lo poggiò sul cofano della
macchina. Parlarono prima a lungo tra di loro poi mi chiesero di
avvicinarmi e mi dissero con aria seriosa che il D-Day era arrivato. Mi stavano
consegnando formalmente il nuovo carcere, già oggetto di infiniti sopralluoghi
e contestazioni da parte mia. I blocchi di planimetrie legate con l’elastico,
verbali, certificati di garanzia ed altri documenti vennero fatti
scivolare sul cofano verso di me, quasi a superare la linea di confine tra la
loro e la mia sfera di competenza.
Da uno
scatolone sollevarono mazzi di chiavi, “le chiavi di Villa Fastiggi”. Come era
prevedibile erano centinaia, piccole, grandi, a doppia mappa. Non c’erano
quelle che avrebbero dovuto esserci, quelle di tipo penitenziario. Solo
più tardi avrei scoperto il perché.
“Auguri, ne avrà
bisogno” mi aveva detto uno di loro salutandomi, mentre gli si chiudeva alle
spalle il grosso cancello scorrevole. Dio sa se aveva ragione sapendo che avrei
dovuto organizzare dal niente quella struttura di 40.000 mq.
Era il 16 giugno
1988. Una data importante. Ne sarebbe seguita un’altra a distanza di qualche
mese e sarebbero state le due date storiche nella cronaca penitenziaria di
Pesaro: consegna del nuovo carcere e chiusura di Rocca Costanza.
Avevo preso servizio
a Pesaro meno di un mese prima ma il tempo mi era bastato per sentire il
“clima” della città, per vedere e capire che dal D-Day sarei passato subito al
Day After,non appena che tra i giornali fosse passata la notizia dell’avvenuta
consegna.
Le pagine dei
quotidiani locali erano piene da mesi: “Al capezzale di Costanza condannata
dal carcere”, “Un mistero tra quattro mura”, “Diventi un luogo di libertà”,
“Rocca Costanza forse libera entro due mesi” “Libera e bella”, “Rocca
Costanza:carcere addio”.
Nei giorni
successivi scannerizzai ogni angolo di Villa Fastiggi con i miei preziosi
collaboratori fino ad arrivare alla conclusione che il carcere non si poteva
aprire perché era la sintesi delle più macroscopiche contraddizioni di tecnica
penitenziaria. Si passava da soluzioni tecniche proprie di un carcere di
massima sicurezza ad ingenuità strutturali da parco giochi.
I mesi che seguirono
furono mesi di fuoco e di lotte per apportare nel più breve tempo possibile le
modifiche necessarie ad una struttura che comunque era già costata al
contribuente circa 30 miliardi di lire. Grazie alle mie relazioni a tutti gli
organi competenti, Corte dei Conti compresa, l’istituto sarebbe entrato di lì a
qualche mese, con quello di Ancona Montacuto e Ancona Barcaglione, nell’elenco
delle carceri d’oro della regione Marche, con gli arresti eccellenti anche di
quegli stessi tecnici che me lo avevano consegnato quella mattina
d’estate.
Le disfunzioni
dell’istituto erano macroscopiche e la lettura della documentazione ricevuta la
mattina del 16 giugno 1988, infatti, riservava ogni giorno singolari sorprese
tutte puntualmente segnalate all’A.G. ed alle massime Autorità interessate,
fino a diventare col tempo un corposo dossier finito, con risultati tutt’ora
ignoti, sulle più alte scrivanie deputate ad intervenire.
Ma intanto, come
previsto, nulla poteva frenare la voglia della città di riappropriarsi di Rocca
Costanza e scrollarsi di dosso secoli di catene.
Dopo aver lavorato
giorno e notte per apportare le modifiche minime indispensabili, con i pochi ma
ottimi agenti di Rocca Costanza e di Urbino,dismesso due mesi prima,
decidemmo di dare inizio all’avventura.
La mattina del
1.3.1989 tra i giardinetti della Rocca era un pullulare di carabinieri,
poliziotti, agenti del carcere: i pesaresi della piazza videro passare sul
vecchio ponte del fossato un cellulare dopo l’altro. I circa 50 detenuti
presenti, avvisati quella stessa mattina, erano stati fatti salire sui furgoni
che, a sirene spiegate nel traffico aperto dalle palette delle auto civette,
puntavano su Villa Fastiggi.
Poco dopo
mezzogiorno i cancelli della Rocca si chiusero dietro l’ultimo furgone mentre
si aprivano quelli del nuovo carcere che, con la fretta dell’ospite
consapevolmente indesiderato, lasciava Rocca Costanza a chi da anni la
reclamava.
“Finalmente Libera”,
“Via dalla Rocca”,”Il giorno più lungo”, titolarono i giornali il giorno dopo.
“…e come sempre
accade, dopo ritardi inspiegabili e attese esasperanti, il “regalo” arriva
all’improvviso, quasi tra capo e collo, al punto di sentirsi impreparato a
riceverlo” scriveva qualcuno.
“Rocca liberata : e
ora che fare” si leggeva su un altro giornale e subito dopo “ Diventi un
luogo di libertà”.
La città si apriva a
prospettive di grande interesse culturale,sociale ed artistico. Rocca Costanza,
“libera dalla sua deprimente destinazione rompeva l’isolamento
che la separava dalla città”.
Qualcuno si augurava
che con poca spesa si sarebbero riaperti i cancelli per consentire l’accesso
“….da Pasqua 1989 o dal 2000?” concludeva provocatoriamente.
E’ cronaca di 18
anni fa. Villa Fastiggi è diventata maggiorenne e ha scritto il suo nome
nella storia penitenziaria del Paese con pagine spesso luminose, poche volte
opache o inevitabilmente nere.
Rocca Costanza,
imponente nella sua luminosità notturna, attende il suo destino accontentandosi
di essere, con la Palla, l’icona fotografica della città.
(da "Cronache
e...dintorni", Aldo Maturo, Ediz.Nous, 2014)