“Il
Sud è un luogo che non esiste da solo ma soltanto se riferito a uno che lo
sovrasta”
Mario Bonanno – 26.11.2012 – Sololibri.net
Recensione del libro "Mai più terroni" di Pino Aprile - Piemme editore,2012
Dimenticate le coppole, le valigie con lo spago,
i treni della speranza, i pomodori coltivati nelle vasche da bagno, le nidiate
di figli, le donne “nel nero del lutto di sempre” (è di Rino Gaetano):
la Terronia non esiste più, il passaggio dalla società industriale alla società
tecnologica ne ha smarginato i confini, azzerato i topoi storico-leggendari. La
questione meridionale è un concetto obsoleto, buono per la propaganda razzista
e/o per i libri sul passato: se a sostenerlo, nel provocatorio “Mai più
terroni” (Piemme, 2012) è Pino Aprile - giornalista e scrittore pugliese, autore
del fresco bestseller “Terroni” (Piemme, 2010) - c’è da fidarsi.
Tra un ragazzetto telematizzato di Cinisi e un
qualunque Chang Lee con gli occhi a mandorla, non c’è alcuna differenza (se non
quelle, ovvio, di natura culturale): tutto merito della rete che ha livellato
chilometri e opportunità, proponendosi come spazio comunicativo-globale per
eccellenza, (non) luogo di incontro e di occasioni, anche per i
“geograficamente marginali”, per i figli degli ex "Napoli" della
Penisola: si parte lo stesso, ma è soltanto una spola (Sud-Europa), la
rivoluzione informatica consente di esserci ovunque e comunque, col medesimo
risultato. Prova ne siano i diversi casi-emblema (“cervelli meridionali” di
ritorno) citati da Aprile nelle pagine del suo pamphlet: ricercatori, ingegneri
elettronici, biofisici, informatici.
Finiti i tempi delle valigie di cartone preludio
alla catena di montaggio, ciò che conta è il talento: se il figlio
(informatizzato) del Meridione ne ha da vendere, il gioco è fatto, si lavora a
prescindere.
“Il
Sud è un luogo che non esiste da solo – scrive Aprile – ma soltanto se riferito
a uno che lo sovrasta”
Pace fatta, dunque: lo spazio virtuale scombina
gli stereotipi, azzera le distanze, con un clic. Che si condivida o meno
l’ottimismo dell’assunto (“la fine della questione meridionale”, come
recita il sottotitolo) la lettura di questo libro resta caldamente consigliata,
non solo perché - in controtendenza con il trend velenoso-virulento dei saggi a
tesi - trae il suo punto di forza dalla pars costruens, ma anche per lo stile
appassionato/documentato che convince senza eccessive forzature. 127 pagine che
palesano il velo di Maya sulla finta (o comunque strumentalizzata ad hoc)
emergenza-Sud, tenuta in piedi - a destra come a sinistra, da settentrionalisti
come da meridionalisti - per pigrizia mentale, ignoranza o al solo scopo
elettorale. L’ultima parola - noblesse oblige - a Pino Aprile:
“Ogni
generazione (o ciclo di generazioni) è figlia della sua tecnologia. Noi siamo
gli ultiumi esemplari di “homo sapiens sapiens” cresciuti nella civiltà della
meccanica, prima artigianale (…), poi industriale (…). Nel nostro mondo, le
cose si fanno con le mani, gli attrezzi, i macchinari si toccano; gli altri
uomini e gli altri posti si raggiungono in un certo tempo (…) Mentre i nostri
figli appartengono alla tribù informatica: l’altro e l’altrove si raggiungono
in un ‘clic’ o un ‘touch’” .
Difficile obiettare, no?