Non si capisce bene cosa voglia
la Lega sulla legittima difesa. I casi più recenti e noti, come quello del benzinaio Stacchio, sono finiti
quasi tutti con un'archiviazione. L’Italia ha
sottoscritto una serie di convenzioni internazionali per i diritti umani
secondo cui è lecito uccidere una persona soltanto per proteggere la propria
incolumità, non per tutelare dei beni materiali. In altre parole, a meno di
grandi cambiamenti che oggi sembrano proprio improbabili, anche in
futuro i giudici potranno continuare a condannare chi non è minacciato e
uccide un ladro che sta scappando.
da IL POST – 13 marzo 2017
Nella notte tra giovedì e
venerdì un uomo residente in provincia di Lodi, Mario Cattaneo, titolare di un
bar tabaccheria, ha
sparato e ucciso uno dei quattro ladri che erano entrati nel suo negozio.
Cattaneo ha detto di non aver sparato per uccidere, e che anzi il colpo è
partito accidentalmente durante una colluttazione con il ladro. I dettagli su
quanto è successo non sono ancora chiari; è stata aperta intanto
un’indagine per omicidio volontario.
Il caso ha riaperto il vecchio
dibattito sulla legittima difesa, con tutto il centrodestra schierato a favore
di Cattaneo.
Il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, è tornato a
chiedere che la difesa venga «sempre considerata legittima». Secondo Salvini,
infatti, la legge in vigore sulla legittima difesa non tutela abbastanza
chi cerca di difendersi. In realtà però gli ultimi e più noti casi di cronaca
simili a quello di Cattaneo sembrano mostrare che chi si difende ha buone
possibilità di vedersi riconosciuto dai giudici il proprio diritto a
proteggersi con le armi.
Il caso Stacchio
La sera del 3 febbraio 2015 in provincia di Vicenza un gruppo di rapinatori
assaltò una gioielleria vicino alla pompa di benzina gestita da Graziano
Stacchio, 66 anni. «Sono scesi da due macchine verso le sette di sera con i
passamontagna», aveva raccontato Stacchio. «Erano armati e hanno
iniziato a picchiare sulla porta della gioielleria come barbari. Le macchine
suonavano i clacson, “è una rapina”, dicevano, ma nessuno poteva fare nulla e
ai banditi non importava: spaccavano tutto». All’interno della gioielleria
c’era una delle commesse, così Stacchio decise di andare a prendere la sua
arma: «Sono entrato in casa, ho preso la chiave dell’armadietto dove tengo il
fucile e sono uscito. Erano ancora lì. Ho sparato un colpo in aria. L’uomo che
faceva da palo ha risposto al fuoco e io ho tirato altre due volte sulla
macchina vuota. Poi lui si è avvicinato a me, puntandomi con l’arma e gli ho
tirato alle gambe e sono andati via». L’uomo, Alban Cassol, 41 anni, morì
dissanguato poco dopo; il suo corpo fu ritrovato dentro l’auto poi
abbandonata dai rapinatori.
Il caso Stacchio è probabilmente
il più celebre di questo genere degli ultimi anni, è stato affrontato in decine
di talk show e articoli, attirando molta attenzione. Diversi politici di
centrodestra hanno cavalcato la storia, sia per sottolineare un ipotetico
aumento dei reati (le statistiche mostrano che le rapine sono in calo in
Italia, anche se in alcune zone possono essere in aumento) e, soprattutto, per
sostenere la necessità di modificare la legge sulla legittima difesa. Come
disse all’epoca il segretario della Lega Salvini: «La proposta della Lega è
cambiare l’eccesso di legittima difesa: in Italia persone come Stacchio fanno
quello che ogni cittadino libero e responsabile deve fare, cioè difendere la
propria vita e quella altrui».
In realtà fin dall’inizio avvocati
ed esperti avevano pochi dubbi su come si sarebbero concluse le indagini su
Stacchio. Il suo sembrava un caso da manuale di legittima difesa: i rapinatori
erano armati e stavano minacciando la vita di una persona, la commessa.
Stacchio ha cercato di farli desistere prima sparando in aria, e poi
aveva sparato ad altezza d’uomo soltanto per rispondere al fuoco. Nel
giugno del 2016, dopo la richiesta della procura, il suo caso è stato archiviato
prima ancora di arrivare alla fase processuale.
Il caso Corazzo
Un altro caso il cui esito è sembrato abbastanza scontato da subito è
quello del gioielliere Rodolfo Corazzo, che dopo essere stato aggredito e
minacciato insieme alla sua famiglia uccise uno dei tre rapinatori che lo
avevano sequestrato. Corazzo venne aggredito da tre persone il 24 novembre del
2015, mentre stava rientrando a casa. Venne sequestrato con la sua famiglia,
picchiato e obbligato a rivelare dove nascondeva i gioielli. Durante la rapina,
che durò in tutto due ore, i ladri minacciarono anche sua figlia di dieci anni.
Alla fine Corazzo riuscì a raggiungere la sua pistola. Dopo aver sparato un
colpo in aria per spaventare i rapinatori, iniziò un breve scontro a fuoco. I
rapinatori spararono sette colpi, Corazzo tre, due dei quali ferirono a morte
Valentin Frrokaj, un cittadino albanese già condannato all’ergastolo e
all’epoca latitante.
Corazzo fu indagato per eccesso di
legittima difesa, ma i magistrati da subito dissero ai giornalisti che era un
“atto di garanzia” per lo stesso Corazzo. Il quotidiano Il Giorno scrisse
pochi giorni dopo il sequestro che i magistrati ritenevano che si trattasse
di un autentico caso di “legittima difesa”. Anche Corazzo mostrò sin
dall’inizio una certa tranquillità: «Il mio assistito non è turbato dal fatto
di essere indagato», disse il suo avvocato. Lo scorso settembre il caso è stato
archiviato.
Il caso Sicignano
Il caso di Francesco Sicignano, un pensionato di Vaprio in provincia di Milano,
che il 20 ottobre del 2015 uccise un ladro all’interno della sua villetta, non
fu altrettanto lineare. Sicignano raccontò ai magistrati di aver trovato il
ladro dentro casa sua e di avergli sparato da vicino, credendo di
essere aggredito. Dopo le prime indagini, però, la ricostruzione di
Sicignano non sembrò credibile ai magistrati. Il corpo del ladro venne
ritrovato infatti fuori dalla villetta, su una scala. All’interno dell’appartamento
non vennero trovate tracce di sangue, mentre il colpo che aveva ucciso il ladro
sembrava aver attraversato suo corpo dall’alto verso il basso. La procura
ipotizzò che Sicignano si fosse accorto dell’intrusione prima che il ladro
avesse il tempo di entrare in casa, che si fosse appostato sul pianerottolo e
che gli avesse sparato da lì.
Sicignano fu indagato per omicidio
volontario, ma gli accertamenti successivi confermarono
la sua versione. In un proiettile trovato nella cucina della casa fu
rivenuto il DNA del ladro, mentre una perizia medica stabilì che era possibile
che il ladro fosse riuscito a trascinarsi fuori dall’appartamento dopo essere
stato ferito. I medici spiegarono l’assenza di tracce di sangue in casa con il
fatto che la ferita che aveva subìto non causa necessariamente un copioso
sanguinamento immediato. Lo scorso primo giugno la procura ha chiesto
l’archiviazione per Sicignano.
Il caso Birolo
Le cose andarono diversamente nel caso di Franco Birolo, che nella notte tra il
25 e il 26 aprile 2012 uccise uno dei tre ladri che erano entrati nella sua
tabaccheria. Birolo è stato condannato per eccesso di legittima difesa in primo
grado, ed è stato condannato 2 anni e 8 mesi di carcere e a un risarcimento di
325 mila euro. La sentenza d’appello, pronunciata lunedì 13 marzo, ha ribaltato
l’esito di primo grado, portando alla sua assoluzione. La particolarità nel
caso di Birolo sta nel fatto che, a differenza degli altri episodi, il giudice
di primo grado ha ritenuto che il tabaccaio non si stesse difendendo da un
aggressione ma stesse cercando di recuperare la refurtiva.
Secondo la ricostruzione emersa
dalla sentenza
di primo grado, nella notte tra il 25 e il 26 aprile 2012 Birolo sentì dei
rumori provenire dalla tabaccheria situata sotto il suo appartamento.
Presa la sua pistola, Birolo scese per controllare cosa stava accadendo. Una
volta arrivato si trovò davanti a tre ladri e sparò ferendo Igor Ursu, un
cittadino moldavo di 23 anni, che morì poco dopo. Poi Birolo immobilizzò
un altro ladro, legandolo e incappucciandolo. Secondo il giudice che lo ha
condannato, quando sparò Birolo non aveva alcuna necessità di difendersi.
Quando sentì i rumori al piano di
sotto, la sua incolumità non era minacciata e avrebbe potuto appostarsi sulla
porta di casa sua per difendere la sua famiglia. Birolo però –
legittimamente, sottolinea il giudice – decise di scendere nel negozio per
tutelare i suoi beni, esponendosi così al rischio di un’aggressione. Secondo la
difesa a quel punto Birolo avrebbe visto delle ombre, si sarebbe
spaventato e, preso dal panico, avrebbe sparato contro i ladri. Il giudice
sostiene invece che Birolo abbia sparato mentre il ladro si trovava già
sulla porta e stava fuggendo con la refurtiva. Il pm aveva chiesto
l’assoluzione, sostenendo che in quei momenti concitati Birolo si era creduto
aggredito anche se i ladri stavano fuggendo, ma la giudice ha respinto questa
interpretazione sostenendo invece che Birolo abbia sparato proprio con
l’intento di bloccare il ladro in fuga, non per proteggersi e nemmeno per
errore. Il giudice d’appello ha invece deciso di assolvere Birolo. Non sono
state ancora pubblicate le motivazioni della sentenza, quindi non sono ancora
chiare le ragioni che lo hanno spinto a questa decisione.
Le proposte di
modifica alla legge
Nei principali casi di cronaca del genere degli ultimi anni, la posizione
giudiziaria di chi ha ucciso un ladro è stata spesso archiviata ancora
prima del processo. In almeno un caso si è arrivati al processo e alla condanna
di primo grado, ma sembra improbabile che la proposta
per cambiare la legge sostenuta dalla Lega possa cambiare gli esiti di
processi come quelli che hanno riguardato Birolo.
Nel 2015, infatti, la lega
proposte di introdurre un nuovo comma all’articolo 52 del codice penale:
«Si presume, altresì, che abbia
agito per difesa legittima colui che compie un atto per respingere l’ingresso,
mediante effrazione o contro la volontà del proprietario, con violenza o
minaccia di uso di armi da parte di persona travisata o di più persone riunite,
in un’abitazione privata, o in ogni altro luogo ove sia esercitata un’attività
commerciale, professionale o imprenditoriale»
In base a questo comma sarebbe
automaticamente da considerare legittima difesa qualsiasi gesto compiuto per
impedire l’entrata di persone non autorizzate nella propria abitazione o posto
di lavoro. Questa disposizione non sembra però riguardare i casi come
quello di Birolo, in cui secondo il giudice il tabaccaio sparò solo dopo
che i ladri erano già entrati e mentre stavano scappando. La proposta della
Lega, peraltro, è stata poi abbandonata dopo le critiche di
vari esperti. Al momento il partito di Salvini ha detto di aver intenzione
di tornare sul tema ma non ha una nuova proposta.
Inoltre, bisogna considerare che
le capacità della politica di intervenire con nuove leggi sulla legittima
difesa è comunque limitata. L’Italia ha sottoscritto una serie di
convenzioni internazionali per i diritti umani secondo cui è lecito uccidere
una persona soltanto per proteggere la propria incolumità, non per tutelare dei
beni materiali. In altre parole, a meno di grandi cambiamenti che oggi sembrano
proprio improbabili, anche in futuro i giudici potranno continuare a
condannare chi non è minacciato e uccide un ladro che sta scappando.