Quali sono le condizioni al ricorrere
delle quali un lavoratore ha diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina
al domicilio della persona da assistere.
Domanda: "I lavoratori
hanno diritto ad essere trasferiti per assistere un familiare disabile?"
Risposta: "L'articolo
33 della legge
104/1992, al comma 5, stabilisce che il lavoratore che assiste
un familiare con handicap in situazione di gravità ha il diritto a
scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della
persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra
sede.
I beneficiari di tale diritto, più nel
dettaglio, sono i lavoratori dipendenti, pubblici o privati, che assistono una
persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro
il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge
della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i
sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie
invalidanti o siano deceduti o mancanti.
Ai fini dei diritti di scelta e di non
trasferimento, la legge numero 53/2000 ha da qualche anno eliminato il requisito
prima richiesto della convivenza con la persona da assistere, ma è comunque
necessario che quest'ultima sia in possesso della certificazione di
portatore di handicap in condizioni di gravità e non sia ricoverata a tempo
pieno.
Nella esatta delimitazione dei confini
dei diritti sanciti dall'articolo 33 un ruolo fondamentale è sempre stato
ricoperto dalla Corte di cassazione, nella cui giurisprudenza è possibile
rinvenire una risposta al quesito posto.
Si pensi ad esempio a quanto sancito
dalla sentenza numero 23526/2006 che, facendosi specchio dell'orientamento
interpretativo preminente, ha affermato che il lavoratore (pubblico) che
accetta un posto di lavoro fuori dalla propria sede, non può rivendicare in via
prioritaria il diritto al trasferimento se la necessità di assistere il
familiare handicappato sussisteva anche al momento dell'accettazione del
posto. In generale, infatti, i giudici ritengono che la norma di cui
all'articolo 33 della legge
104 garantisca la scelta della sede non anche a rapporto già
costituito, ma solo in sede di prima assunzione o in caso di sopravvenienza
della situazione invalidante del familiare.
Certo è però che, in alcuni casi, può
accadere che le condizioni del familiare peggiorino e l'assistenza un tempo
gestibile anche a distanza inizi a richiedere degli sforzi in più. In
simili casi non sarebbe ragionevole che il predetto orientamento
giurisprudenziale si adeguasse e cedesse al sopravvenuto e accentuato
interesse della persona che riceve la tutela, garantito dall'articolo 3
della Costituzione, da considerarsi prevalente rispetto ai principi sanciti
dagli articoli 41 e 97?
Del resto la stessa giurisprudenza se,
da un lato, nega il diritto del familiare a essere trasferito a rapporto di
lavoro già instaurato per assistere un familiare per il quale si beneficiava
delle tutele di cui alla legge
104 in sede di assunzione, lo concede invece se il soggetto in
posizione svantaggiata è il lavoratore stesso (Cass. n. 3896/2009). Chiaramente
in via di principio sussistono delle differenze che legittimano questa
distinzione, ma tali differenze si riducono indubbiamente laddove alla base
della richiesta di trasferimento del lavoratore che assiste un disabile vi sia
l'aggravarsi delle condizioni dell'assistito.
Per completezza va notato, poi, che la legge
104, nel sancire il diritto del lavoratore a scegliere la sede di
lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere, inserisce la
locuzione "ove possibile", di fatto decretando la necessità che il
trasferimento non rechi comunque danno al datore di lavoro.
Quest'ultimo, però, può respingere
la domanda del lavoratore solo dimostrando la sussistenza di straordinarie
esigenze produttive che ostano al suo accoglimento (v. Cass. n. 5900/2016
che ha confermato la condanna di una società a risarcire il danno subito dal
dipendente costretto ad andare in aspettativa per accudire il parente portatore
di handicap). Del resto, anche la circolare del Dipartimento Funzione Pubblica
n. 13/2010, a seguito dell'emanazione della legge numero 183/2010, ha chiarito
che la norma accorda al lavoratore un diritto che può essere mitigato solo
"in presenza di circostanze oggettive impeditive, come ad esempio la
mancanza di posto corrispondente nella dotazione organica di sede, mentre non
può essere subordinato a valutazioni discrezionali o di opportunità
dell'amministrazione".
Vanno menzionate, poi, le sentenze
numero 12692/2002 e numero 22323/2010 con le quali i giudici della Cassazione
hanno affermato che l'esercizio del diritto alla scelta della sede deve
comunque essere compatibile con l'interesse comune e non può pregiudicare le
esigenze economiche e organizzative del datore di lavoro.
Si segnala infine che, come precisato
dalla Circolare del Ministero per la Funzione Pubblica numero 90543/7/448 del
26 giugno 1992, nel pubblico impiego il diritto di scegliere la sede di
lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere vale soltanto
nell'ambito della medesima amministrazione o del medesimo ente di appartenenza".
Fonte: Legge 104: quando scatta il diritto al trasferimento per assistere il familiare disabile?
(www.StudioCataldi.it)