Dopo poche ore sono state arrestate seimila persone,
altre seimila stanno per essere arrestate. Destituiti 2750 giudici, 52 alti
ufficiali, migliaia e migliaia di soldati e poliziotti.
Gwynne Dyer - "Internazionale", 16.7.2016
La gente si arrampica su un carro
armato abbandonato dai militari golpisti che si sono arresi sul ponte sul
Bosforo a Istanbul, in Turchia, il 16 luglio 2016. (Yagiz Karahan,
Reuters/Contrasto)
La democrazia turca è morta. In realtà
stava già morendo da quando il presidente Recep Tayyib Erdoğan ha assunto il
controllo dei mezzi di informazione, ha cominciato ad arrestare oppositori
politici e giornalisti e, lo scorso autunno, per vincere le elezioni ha perfino
ripreso la guerra con i curdi.
Non è stato un golpe molto efficiente. In questi casi la
prima regola è arrestare o uccidere la persona che si vuole spodestare. Gli
ideatori del colpo di stato avrebbero potuto facilmente prendere Erdoğan, che
era in vacanza nella località turistica di Marmaris, ma non lo hanno fatto.
Non hanno bloccato internet e i social
media, e quindi Erdoğan ha potuto usare un cellulare per trasmettere su
FaceTime il messaggio in cui invitava i suoi sostenitori a sfidare i soldati
nelle strade di Istanbul e di Ankara.
Non hanno bloccato neanche la
televisione di stato, che ha diramato il messaggio di Erdoğan. Sono passate tre
ore prima che occupassero gli studi della Trt, l’emittente nazionale turca, e
sono stati cacciati via meno di un’ora dopo. Non hanno chiuso nemmeno le reti
televisive private, che hanno un pubblico molto più vasto.
Hanno assunto il controllo
dell’aeroporto di Istanbul, ma anche da lì sono stati cacciati via dai
sostenitori di Erdoğan e il presidente è riuscito a tornare in città.
Forse i colonnelli (i generali erano
già nelle mani dei fedeli a Erdoğan) non avevano abbastanza uomini per assumere
il controllo di tutto quello che serviva per la riuscita del golpe. Può anche
darsi che avessero paura di ordinare un massacro perché l’esercito turco è
costituito da soldati di leva, molti dei quali sono giovani – praticamente
civili in uniforme per un anno – e avrebbero potuto rifiutarsi di uccidere
tanti loro concittadini. Comunque sia, presto sono stati costretti alla
ritirata. Ma questa storia non può avere un lieto fine.
Erdoğan coglierà l’occasione per
cercare di controllare le maggiori istituzioni statali e i mezzi di informazione
Ovviamente, se i ribelli avessero
vinto, la democrazia sarebbe morta. Alle ultime elezioni, quasi metà della
popolazione turca ha votato per Erdoğan, quindi un regime militare avrebbe
dovuto rimanere al potere per molto tempo perché non avrebbe avuto il coraggio
di indire libere elezioni e rischiare che tornasse al potere. Sarebbe morta
anche se il golpe fosse riuscito in parte e l’esercito si fosse spaccato,
perché questo avrebbe significato la guerra civile. Per fortuna, questa
possibilità è stata scongiurata, ma in Turchia la democrazia è morta anche se
il golpe è fallito.
Dopo questo trionfo, Erdoğan coglierà
l’occasione per considerare la possibilità di assumere il controllo di tutte le
maggiori istituzioni statali e dei mezzi di informazione, e di diventare
veramente il “Sultano” della Turchia (come i suoi seguaci spesso già lo
chiamano). Questa è una tragedia, perché cinque o dieci anni fa il paese
sembrava sulla buona strada per diventare una sorta di democrazia, dove
l’informazione è libera e regna la legalità, e dove un golpe simile sarebbe
stato inconcepibile.
Quando nel 2002 Erdoğan vinse le
elezioni promettendo di eliminare tutte le limitazioni imposte ai musulmani più
religiosi da una costituzione rigorosamente laica, sembrava un passo avanti nel
processo di democratizzazione. Erdoğan ha mantenuto quelle promesse, ma
gradualmente è andato oltre e ha cercato di islamizzare il paese contro la
volontà di metà della popolazione che preferirebbe uno stato laico.
Per sua fortuna, in quel momento
l’economia turca era in pieno boom, e quindi ha continuato a vincere le
elezioni e a concentrare tutto il potere che poteva sulla sua carica. Ha
estromesso tutti i funzionari che non erano suoi convinti sostenitori,
attaccato la libertà di informazione e impegnato il paese a dare il suo
appoggio incondizionato ai ribelli islamisti della vicina Siria.
Il paese aveva un presidente che temeva
e odiava, ma aveva anche i mezzi legali e pacifici per mandarlo via
Gli ufficiali dell’esercito che si sono
ribellati forse volevano fermare tutto questo, ma hanno commesso un terribile
errore per il quale saranno severamente puniti. Come lo sarà chiunque verrà
anche minimamente sospettato di aver simpatizzato con loro, ed Erdoğan ne
uscirà come l’onnipotente “Sultano” della Turchia post-democratica.
Gli organizzatori del golpe hanno
commesso lo stesso errore che fecero i liberali egiziani quando chiesero
all’esercito di rovesciare il regime del presidente eletto Morsi nel 2013. Il
paese aveva un presidente che temeva e odiava, ma aveva anche una democrazia
che forniva mezzi legali e pacifici per mandarlo via. L’errore dei golpisti è
stato quello di non avere la pazienza di lasciare agire quegli strumenti.
Con il tempo, Erdoğan sarebbe diventato
sempre meno popolare. L’economia turca è stagnante, la sua politica siriana
disastrosa, ed è sempre più difficile ignorare la palese corruzione delle
persone che lo circondano. Prima o poi avrebbe perso le elezioni. Ma come i
liberali egiziani, gli ufficiali turchi non avevano abbastanza fiducia nella
democrazia per aspettare.
(Traduzione di Bruna
Tortorella)