La Cassazione non fa sconti ai genitori di un figlio
indisciplinato che tra l’altro guida il motorino senza casco.
Aldo Maturo, per
Con l’avvicinarsi dell’estate le nostre strade si riempiono di
motorini guidati, in massima parte, da ragazzi minorenni e non è difficile,
soprattutto in alcune regioni, incrociare giovanissimi centauri che sfrecciano
senza casco o ignorando, nelle loro evoluzioni, le più elementari norme del
codice della strada. Alla normale preoccupazione per l’incolumità dei loro
figli, i genitori dovrebbero aggiungere la consapevolezza che la
Cassazione non fa sconti ai genitori di un figlio indisciplinato che, per
esempio, guida il motorino senza casco. In caso d’incidente pagano i
danni, colpevoli di non averlo saputo educare e di non averlo sorvegliato
nella sua vita di relazione.
I fatti riguardano un incidente stradale avvenuto su una strada
del sud e che aveva visto coinvolto uno scooter ed una Vespa 50 guidata da un
minorenne con a bordo un suo amico.
A seguito delle ferite riportate il ragazzo dello scooter era
morto dopo pochi giorni ed inevitabilmente i suoi genitori avevano attivato
tutta la procedura per il risarcimento dei danni richiesto ai genitori del
ragazzo minorenne alla guida della Vespa.
In primo grado il giudice, valutati i fatti, aveva attribuito al
minorenne una responsabilità del 70% e aveva condannato i suoi genitori al
risarcimento dei danni ed alle spese. Era seguito processo in Appello ed infine
in Cassazione.
In quella sede i genitori del minorenne, tramite il proprio
legale, avevano evidenziato di non essere responsabili, come previsto
dall’art.2048 codice civile, dei danni cagionati dal figlio (Il padre e la
madre sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori
non emancipati che abitano con essi. Sono liberate dalla responsabilità
soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto) perché ritenevano di
aver dimostrato al giudice di aver adempiuto all’obbligo di educarlo.
D’altra parte, avevano asserito, il ragazzo al momento
dell’incidente era quasi maggiorenne (aveva 17 anni e 10 mesi) e quindi era in
grado di agire e rispondere da solo delle proprie azioni. Prova ne era, tra
l’altro, che aveva già lavorato presso un fabbro e un carrozziere.
La tesi difensiva non è stata condivisa dai giudici (sentenza
9556/2009). A loro avviso i genitori non possono ritenere
di aver educato adeguatamente il figlio specialmente ove si consideri che al
momento dell’incidente sia il ragazzo che il suo passeggero non avevano il
casco. La tal cosa conferma l’omessa vigilanza, ai fini educativi, sul
comportamento del figlio.
I genitori avrebbero dovuto dimostrare che era stata impartita al
figlio un’educazione normalmente sufficiente ad impostare una corretta vita di
relazione in rapporto al suo ambiente, alle sue abitudini, alla sua
personalità.
Non ha rilievo, a loro avviso, il fatto che il figlio fosse
quasi diciottenne al momento del sinistro perché l’art.2048 – sopra richiamato
– si riferisce al figlio comunque minorenne verso il quale i doveri dell’educazione
sono inderogabili e finalizzati a correggere comportamenti scorretti e quindi
“meritevoli di costante opera educativa onde realizzare una personalità
equilibrata, consapevole della relazionalità della propria esistenza e della
protezione della propria ed altrui persona da ogni accadimento consapevolmente
illecito”.
Lo stato d’immaturità del figlio si desume anche dal fatto che
il ragazzo non indossasse il casco, anche se aveva dimestichezza con i veicoli
proprio per aver lavorato come carrozziere.
Il fatto che non indossasse il casco era da attribuire, secondo
i giudici, alla cattiva educazione impartita dai genitori che, in sede
processuale, avrebbero dovuto provare non solo di averlo saputo educare come è
richiesto a un genitore, ai sensi dell’art.147 codice civile, ma anche di
averlo controllato adeguatamente per renderlo consapevole delle proprie azioni,
del rispetto per la propria e per l’altrui persona, delle conseguenze di fatti
illeciti da lui commessi consapevolmente.