Spesso le verifiche si trasformano in un incubo: per evitarlo basta
ricordare alcuni semplici accorgimenti. Per evitare sgradite sorprese, bisognerebbe tenere presente alcune
precauzioni di base utili per rispondere al meglio ai controlli e alcuni
suggerimenti necessari per impostare il vostro ricorso in caso riteniate di
essere vittima di un errore. Vediamo come con l'aiuto di una guida redatta
dagli esperti de Il Sole 24Ore.
A cura di Ivan Francese- 13/10/2014
Troppo
spesso i controlli e le verifiche del Fisco si trasformano in un incubo per i
contribuenti, confusi da bizantinismi e cavilli giuridici che non di rado si
trasformano in un danno vero e proprio per le tasche dei cittadini.
La prima
regola da tenere presente quando si ha a che fare con il Fisco è
innanzitutto quella di produrre sin dall'inizio tutta la documentazione
disponibile, per risparmiare tempo e fatiche con successive richieste di
integrazioni o rettifiche: inoltre tenete presente che la certificazione di
spese per importi superiori a quelli realmente sborsati costituisce un reato,
come anche la certificazione di spese non sostenute affatto.
Tenete pronti i documenti necessari
Passiamo ora
alle mosse da seguire nel caso riceviate una richiesta di controllo formale,
vale a dire il confronto tra quanto attestato dalla dichiarazione e la
documentazione relativa: nel caso doveste essere raggiunti da un controllo
formale, siete tenuti, entro 30 giorni dalla notifica, a fornire ricevute,
contabili o fatture che attestino le spese sostenute: inoltre vi potrebbe
venire richiesto di produrre ulteriori documenti, come la sentenza del giudice,
per dedurre l'assegno di mantenimento dell'ex coniuge, o alcune prescrizioni
mediche, nel caso di spese rimborsabili, come le cure termali o speciali
materassi terapeutici.
Pagare eventuali debiti
Se il
controllo formale dovesse evidenziare errori nella vostra dichiarazione, è
possibile, pagando entro 30 giorni dalla data di ricevimento dell'avviso con le
nuove imposte, sanzioni ed interessi, beneficiare di sanzioni ridotte dei 2/3.
Il termine dei 30 giorni non vale in caso di versamento rateale (sono previste
fino a 6 rate trimestrali per i debiti non superiori a 5.000 euro e 20 rate
trimestrali per quelli superiori a tale cifra).
Impugnare le cartelle di pagamento
Nel caso
desideriate impugnare l'atto del Fisco, ricordate che non potete farlo con
l'avviso bonario (cioè la comunicazione di irregolarità), ma dovrete aspettare
la cartella di pagamento, che vi deve essere notificata entro il 31
dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la
dichiarazione in esame. In caso di notifiche presentate oltre il termine dei
quattro anni - questo è un punto essenziale - l'atto è da considerarsi
decaduto. La cartella di pagamento si può impugnare per due motivi (o "vizi")
principali: quelli "propri", cioè gli errori commessi nella stesura o
nella notifica della cartella, e quelli "di merito", che riguardano
l'illegittimità o l'infondatezza della pretesa. Nel primo caso dovrete fare
ricorso direttamente all'agente della riscossione, nel secondo invece
all'Agenzia delle Entrate.
Un caso
particolare è costituito dalle cartelle relative a imposte inferiori o pari a
20.000 euro e impugnabili per vizi di merito: in questo caso va soggetta al
reclamo/mediazione. Una volta che avrete inoltrato, oltre al ricorso, l'istanza
di reclamo/mediazione, scatta una sospensione di 90 giorni: in questo
periodo potrete cercare un accordo con il Fisco al fine di evitare la
costituzione in giudizio. Se la mediazione dovesse avere successo, potrete
pagare le sanzioni, entro 20 giorni, con una riduzione del 40%.
Nell'eventualità
invece che vi doveste costituire in giudizio, ricordate di avere 30
giorni dopo aver notificato il ricorso all'Agenzia dell'Entrate e/o a
Equitalia. Dovrete procedere poi al deposito, presso la commissione tributaria
provinciale, del ricorso, degli allegati, della nota di deposito e della copia
del pagamento del contributo unificato, che varia a seconda del valore della
causa.
Tenete
infine presente che una volta presentato ricorso, gli obblighi di
pagamento non vengono sospesi. Impugnando una cartella di pagamento,
dovrete comunque versare le somme richieste entro 60 giorni. Quello che potete
fare è richiedere una sospensione, all'agenzia delle Entrate (amministrativa) o
al giudice con apposita istanza (giudiziale). Sia nell'uno che nell'altro caso,
occorre dimostrare il fumus boni iuris (cioè la "parvenza di buon
diritto", ossia dei presupposti per applicare la sospensione) e il periculum
in mora, (cioè l'esistenza di un rischio reale ai vostri danni in caso il
pagamento non venga sospeso).