Ma che cosa è
accaduto esattamente 25 anni fa? E’ possibile che da un momento all’altro è
cambiato il mondo? Quale è stato il ruolo di Riccardo Ehrman, giornalista
italiano, corrispondente dell’Ansa da Berlino?
La Porta di Brandeburgo |
Dopo la 2^ Guerra
Mondiale la Germania fu divisa in quattro aree, ciascuna controllata da una
potenza diversa, Stati Uniti, Inghilterra, Francia e Russia cui spettò il
controllo della parte Est della Germania.
Fino al 1953 la
situazione rimase abbastanza calma. A poco a poco, però, i tedeschi - e i
berlinesi in particolare - cominciarono a protestare per le disastrose
condizioni economiche del Paese. Le proteste furono soffocate con l’arrivo dei
carri armati russi e lo scontro tra Russia e America si concentrò soprattutto a
Berlino, diventata epicentro di due mondi.
Per evitare fughe di
massa sempre più numerose, il governo della DDR, nel 1961, costruì un muro alto
tre metri circa nel centro di Berlino per impedire “attacchi americani”. In
realtà il muro serviva a bloccare le fughe dei berlinesi verso la parte Ovest
della città.
Le fughe
continuarono e la conta dei berlinesi uccisi nell’atto di fuggire aumentarono
di anno in anno.
L’arrivo di
Gorbaciov a Capo dell’Unione Sovietica (1985) segnò l’avvio della
stagione del rinnovamento dell’Unione Sovietica, caratterizzata dalle parole
d’ordine “Glàsnost” (trasparenza) e “Perestròika” (ristrutturazione). La Russia
era sfinita dalle conseguenze della Guerra Fredda e l’economia era allo sbando.
Quel 1989 Gorbaciov
– durante una visita a Berlino Est – aveva detto ai berlinesi dell’Est: “Chi
non cambia, muore”. Aveva preso atto, infatti, che da molte settimane in
Germania c’erano proteste contro il governo della DDR. La gente voleva più
libertà, era stanca di essere controllata dalla Stasi (la polizia segreta),
aveva voglia di spostarsi e di viaggiare. Con quella frase, Gorbaciov è come se
avesse detto ai tedeschi dell’ Est : svegliatevi, fate tutto da soli.
Qualche giorno dopo,
il 9 novembre 1989, durante una conferenza stampa, il Ministro della Propaganda
della Germania Est, Schabowski, seguendo la linea politica di Gorbaciov,
annunciò che sarebbero stati aperti i posti di blocco per i Paesi occidentali.
I giornalisti,
increduli, non capirono se la notizia era da prendere sul serio o se era una
bufala politica detta per compiacere Gorbaciov.
Tra i giornalisti
presenti c’era un italiano, Riccardo Ehrman, corrispondente dell’ANSA da
Berlino. Quando Schabowski disse in modo vago dell’apertura delle frontiere,
Ehrman gli chiese: «sì, ma da quando?». Schabowski cadde in confusione, cercò
la risposta sul foglio che aveva davanti ma il Politburò non lo aveva
specificato. Allora, disarmato, rispose: «per quel che ne so io, anche da
adesso, subito».
Pochi minuti dopo
cinquanta cittadini di Berlino Est si presentarono al passaggio di frontiera di
Bornholmer straße chiedendo di attraversarla. Le guardie di frontiera dissero
che non era possibile, ma la gente protestava, dicendo che lo aveva detto
Schabowski in televisione. E poi iniziarono a gridare una frase che è
diventata celebre e che ripetevano già nelle manifestazioni in piazza nelle
settimane precedenti: «Noi siamo il popolo».
Gridavano anche «Torneremo»,
perché il timore delle guardie era che andassero all’Ovest e non tornassero
più. Ma la maggior parte della gente voleva andare solo di là a vedere com’era
fatto questo Ovest, riabbracciare i parenti che non incontravano dal ’61.
I cinquanta
diventarono presto cinquecento e le guardie di frontiere, che non erano
preparate a contenere tutta questa gente – mai tutta questa gente aveva trovato
il coraggio per presentarsi alla frontiera, – li lasciarono andare con l’ordine
della Stasi di segnarsi i nomi di tutti quelli che varcavano la
frontiera. Ma quando diventarono troppi, le guardie non ebbero più il tempo
e la forza di controllare i documenti. I tentativi di passare la frontiera
seguirono intanto anche in altri punti della città, per esempio alla Porta di
Brandeburgo, che è dove sono state scattate tutte le fotografie famose della
caduta del Muro. Per i primi i cittadini dell’Ovest, e poi quelli dell’Est, si
arrampicarono sul Muro per passare da una parte all’altra. Tutto sotto gli
occhi attoniti, increduli, disarmati, delle guardie di frontiera, che
realizzarono, sotto i loro occhi, che la storia stava cambiando e che loro
erano diventati improvvisamente inutili, come quel Muro che per mesi venne
picconato fino ad essere distrutto.
(Liberamente tratto
da un articolo di Roberto Moliterni – Giorni Moderni – 6.11.2014, “Se il Muro
di Berlino è caduto grazie a un italiano”)