Il numero dei migranti
globali nel 2050 ammonterà - secondo l'Onu - a oltre 400 milioni, ma cifre meno
"politicamente corrette" parlano di oltre un 1 miliardo di
persone che sarà costretta a lasciare il proprio Paese per fuggire non
solo da situazioni di conflitto dichiaratamente bellico, ma dai disastri
direttamente o indirettamente provocati dal cambiamento climatico.
Alessandro Gilioli – Dal Blog “Piovono Rane “ – L’Espresso – 14.6.2015
Carissimi africani,
come va? Qui è l’Europa che vi parla! Da Bruxelles, avete presente?
Pensate che proprio da qui, giusto un secolo e mezzo fa, ci si divertiva a farvi lavorare gratis nelle piantagioni e nelle miniere per la maggior ricchezza di re Leopoldo, però dai, ragazzi, noi ci si conosceva già da parecchio prima: quando tutti insieme – inglesi, olandesi, portoghesi, spagnoli etc – abbiamo messo in catene 12 milioni di voi per venderli in America, e anche lì è stato un bel business.
Pensate che proprio da qui, giusto un secolo e mezzo fa, ci si divertiva a farvi lavorare gratis nelle piantagioni e nelle miniere per la maggior ricchezza di re Leopoldo, però dai, ragazzi, noi ci si conosceva già da parecchio prima: quando tutti insieme – inglesi, olandesi, portoghesi, spagnoli etc – abbiamo messo in catene 12 milioni di voi per venderli in America, e anche lì è stato un bel business.
D’accordo, un paio
di milioni ci sono rimasti durante la navigazione, ma pazienza: su quel
lucrosissimo commercio triangolare abbiamo costruito la nostra rivoluzione
industriale, quella che voi non avete avuto.
Poi
però portarvi di là in catene non ci bastava più e allora abbiamo pensato di
prendere direttamente le vostre terre, perché abbiamo scoperto che erano piene
di roba che ci poteva essere utile.
I francesi hanno
iniziato dal nord e gli inglesi da sud, un po’ di stragi a schioppettate ed è
diventato tutto roba nostra. Anche i belgi, si diceva, si sono dati da fare,
pensate che a un certo punto il loro impero era composto al 98 per cento di
terre africane. Poi si sono mossi i tedeschi, infine gli italiani, insomma dopo
un po’ non c’era più un fazzoletto di continente che fosse vostro, che ridere.
A proposito degli
italiani, come sempre sono arrivati ultimi, però si sono rifatti con il record
di prima nazione al mondo che ha usato i gas sui civili, a un certo punto donne
e bambini si ritrovavano dentro una nuvola di iprite e morivano a migliaia tra
orrendi spasmi. «Mica vorranno che gli buttiamo giù confetti», disse il
generale De Bono, che simpatico burlone. Il bello è che chi si trovava nei
dintorni moriva anche una settimana dopo, il corpo pieno di devastanti piaghe,
per aver bevuto l’acqua dei laghi piena di veleno, che fresconi che siete stati
a non accorgervene.
Finito il
colonialismo – ormai vi avevamo rubato quasi tutto, dai diamanti alle antiche
pergamene amhare – non è che ci andasse proprio di levare le tende e allora
abbiamo continuato a controllare la vostra politica e la vostra economia,
riempiendo d’armi i dittatori che ci facevano contratti favorevoli, quindi
comprando a un cazzo e un barattolo quello che ci serviva in Europa, devastando
i vostri territori e imponendo le nostre multinazionali per quello che abbiamo
deciso dovesse essere il vostro sviluppo. Voi creduloni ci siete cascati ancora
e ci siamo divertiti così per un altro secolo.
Se poi un dittatore
si montava un po’ la testa e pensava di fare da solo, niente di grave: lo
cambiavamo con un altro, dopo aver bombardato un po’ di città e aver rifornito
di cannoni le milizie che ci stavano simpatiche per massacrare quelle che ci
stavano antipatiche. Del resto da qualche parte le mitragliatrici o i
carrarmati che produciamo li dobbiamo pure piazzare, qui in Europa siamo in
pace da settant’anni e mica possiamo rinunciare a un settore così florido.
Negli ultimi
venti-trent’anni poi abbiamo creato un modello nuovo che si chiama
iperconsumismo e globalizzazione, allora abbiamo scoperto che l’Africa era
perfetta per comprarsi tutto quello che noi non volevamo più perché noi
dovevamo possedere roba nuova e con più funzioni, così abbiamo trasformato il
porto di Lomé in un immenso centro di svendita dei nostri vecchi telefonini e
delle nostre vecchie tivù, tanto voi sciocchini vi comprate tutto pur di
cercare di essere come noi.
Già che c’eravamo,
abbiamo usato i vostri Paesi come discarica dei nostri prodotti elettronici
ormai inutilizzabili, quelli che nemmeno voi potevate usare. Pensate che
curiosa, la vita di un nostro accrocco digitale: inizia grazie al coltan per
cui vi ammazzate nelle vostre miniere e finisce bruciando tra gas cancerogeni
nelle vostre discariche; in mezzo ci siamo noi che intanto ci siamo divertiti o
magari abbiamo scritto post come questo.
Insomma, ragazzi,
siete nella merda fino al collo e ci siete da tre-quattrocento anni, ma a noi
di avere avuto qualche ruolo in questa merda non importa proprio niente, non
abbiamo voglia di pensarci e abbiamo altro da fare.
Negli ultimi tempi
poi, con questa storia dei televisori, dei computer e delle parabole
satellitari, purtroppo siete cascati in un altro increscioso equivoco, e cioè
vi siete messi in testa che qui in Europa si sta meglio: ma come fa a venirvi
in mente che vivere in una casa con l’acqua corrente e l’elettricità sia meglio
di stare in mezzo al fango e tra quattro pareti di lamiera ondulata? Bah, che
strani che siete. Anche questa cosa che avere un ospedale è meglio che morire
di parto, o che uscire di casa a prendere un autobus sia meglio che uscire di
casa e prendere una mina, o che mangiare tre volte al giorno sia meglio che
morire di dissenteria per malnutrizione, che noia, mamma mia.
Così alcuni di voi,
di solito i più sfigati, hanno iniziato a lasciare la baracca e le bombe per
attraversare prima il deserto poi il mare e venire qui a rompere i coglioni a
noi.
D’accordo, quelli
che lo fanno alla fine sono poche decine di migliaia rispetto a oltre un
miliardo di voi, perché non a tutti piace l’idea di morire nella sabbia o in
acqua, e gli emigranti sono pochini anche rispetto a noi, che siamo mezzo
miliardo, ma insomma, ve lo dobbiamo dire: ci stanno sui coglioni lo stesso e
quindi non li vogliamo, perciò abbiamo deciso che devono tornare nel buco di
culo di posto da cui vengono, anche se lì c’è la guerra, la fame, la malaria e
tutto il resto di quelle cose lì. Tanto più che quelli che vengono qui mica
stanno sempre bene, alcuni hanno pure la scabbia, e a noi non è che ci
interessa perché hanno la scabbia, ci interessa che non vengano qui, è chiaro?
Concludendo, con
tutta l’amicizia e senza nessun razzismo – ci mancherebbe, noi non siamo
razzisti – dovreste gentilmente stare fuori dalle palle e vivere tutta la vita
nell’inferno che vi abbiamo creato. E se fate i bravi, un lavoro in un cantiere
di Addis o in una miniera di Mbomou per due dollari al giorno potete anche
trovarlo, con un po’ di culo, purché naturalmente a quella cifra lavoriate
dieci ore dal lunedì al sabato a chiamata giornaliera, e non diciate troppo in
giro quanta gente ci schiatta ogni giorno.
Se poi trasportate
sacchi anche la domenica full time vi diamo qualcosa di più, così magari tra un
po’ potete comprarvi un altro nostro televisore di scarto, però – mi raccomando
– da usare lì, nella baracca piena di merda di capra in cui vivete.
Contenti?"