sabato 5 ottobre 2013

UNO TSUNAMI DI DISPERATI

Aldo Maturo




 Chi può immaginare di poter arginare  con le espulsioni l’invasione di immigrati in  Italia  e in Europa quando di 6 miliardi e mezzo di abitanti sul pianeta  solo  960 milioni risiedono nei Paesi sviluppati?


Uno studio delle Nazioni Unite ha fatto delle proiezioni demografiche calcolando che al ritmo di nascite attuali nel 2050 la popolazione della Terra sarà di 8,9 miliardi di persone.


Riuscirà la Terra a sopportare un tale carico di vita, ad alimentare quasi nove miliardi di persone?



Con l’attuale distribuzione delle risorse sul pianeta, sicuramente no se è vero che oltre 800 milioni di persone soffrono la fame più nera e tra questi ci sono 200 milioni di bambini. Non stanno meglio in altri 32 Paesi dove 2 miliardi di abitanti hanno ogni giorno  problemi di emergenza alimentare ed 1 miliardo non ha accesso all’acqua potabile.

E’ un dato impressionante ove si pensi che in Europa e negli Stati Uniti si spendono 17 miliardi di euro per gli animali domestici e  solo in Europa 11 miliardi di euro nel mercato dei gelati.



In India ci sono 35 città con più di un milione di abitanti – ed  altre 45 in Cina -  che vivono in maggioranza alle soglie della povertà e della fame con un totale di 204 e 164 milioni di persone denutrite. Una tale caratteristica  le accomuna agli abitanti di alcuni Paesi del Medio oriente e dell’Africa dove in alcun regioni l’80% ha gli stessi problemi di sopravvivenza quotidiana che si aggiungono alla mancanza di libertà, di diritti, di giustizia, di democrazia.



Sono Paesi in cui l’unica prospettiva è morire per fame o morire per guerre volute da altri, dalle oligarchie del potere, da quelle delle armi e delle risorse naturali.



Ed allora questa gente può solo correre, correre, correre impazzita verso il nord, verso il mediterraneo, verso orizzonti migliori.



E’ uno tsunami umano da dimensioni bibliche e noi pretendiamo di fermarlo barricandoci a Lampedusa o nelle nostre coste felici?



Come si può pensare di combattere con i decreti  le masse che vivono in uno stato di degrado e di povertà assoluta, che hanno ancora negli occhi il terrore delle loro terre devastate dalla fame, dalla guerra, dalla carestia, dai cadaveri dei loro cari, da una traversata che è stata l’ultima scommessa per la vita?



Secondo la Caritas  sarebbero 192 milioni le persone  che vagano in cerca di “un posto al sole”. Bisogna pensare che è ancora ben poca cosa rispetto a quelli che si metteranno in marcia quando la disperazione li farà scegliere tra mettersi in movimento o morire di fame a casa loro.



In  Europa questa invasione è  iniziata da tempo e su circa 500 milioni di abitanti quasi 50 milioni sono cittadini stranieri, provenienti in buona parte dalla Russia ed altri Paesi dell’Est,Turchia,  Balcani, Africa,Cina, India, Sudamerica.



 Noi, con la nostra posizione geografica protesa verso l’Africa, siamo uno dei Paesi europei con la più massiccia presenza di immigrati. Li accogliamo e li respingiamo a migliaia anche se poi in realtà solo 3 su 10 lasciano il Paese per puntare, dopo un gran giro,  verso altri lidi.



Il Sole24 ore ha scritto che “l’irregolarità degli stranieri abita in tutta Italia ma fa più paura al Nord che assorbe, con il Centro, la maggioranza dei 650.000 “irregolari”.



Ci sono italiani a cui questa situazione fa comodo perché li utilizza come manodopera a buon prezzo, non raramente a  zero prezzo, sapendo che non possono rivendicare nulla perché sarebbero immediatamente espulsi.



E’ un problema maledettamente serio che va risolto con scelte politiche mirate, facendo confluire, ad esempio, in quei Paesi parte di tanti miliardi utilizzati per motivi meno nobili e creare in loco  condizioni di vita idonee ad evitare queste migrazioni di interi popoli.



 Il V.Direttore Generale della FAO, Ghanem, ha previsto essere necessari interventi tampone per 30 miliardi di dollari l’anno. Nella logica mondiale dei numeri non è un’enormità visto che la guerra in Iraq pare sia costata solo agli Stati Uniti  due trilioni di dollari  che tradotto in lire diventa uno scioglilingua  e, rapportata al minuto, è stata pari più o meno a  122 mila dollari. Se si pensa che 1 miliardo e 400 milioni di gente vive con meno di due dollari al giorno allora per ogni minuto in meno di guerra in Iraq si sarebbe potuto migliorare il vitto ad almeno 610.000 persone. E ciò avrebbe contribuito anche a ridurre l’inquinamento visto che su quei campi di battaglia  si è utilizzata ogni giorno tanta benzina quanta ne servirebbe per riempire  i serbatoi di un milione 125 mila auto.



Non si può stare a guardare né ci si può illudere di risolvere il problema da soli senza una cooperazione internazionale che non sia la solita passerella tv con immancabile foto ricordo dei grandi della Terra. Abbiamo il diritto-dovere di proteggerci dalle orde di criminali che si infiltrano tra questi disperati, ma non possiamo arginare con i decreti e le espulsioni un fenomeno che trova la sua origine nell’istinto di sopravvivenza di masse che esondano da terre lontane come un immenso tsunami, travolgendo steccati e culture, per dirigersi in maniera inarrestabile lì dove pensano di poter trovare semplicemente la vita.