La
Conferenza episcopale americana (la CEI italiana), in uno studio commissionato
nel 2004, aveva scoperto che il 4% dei sacerdoti e diaconi in America – pari a
109.694 unità – negli ultimi 50 anni era stato accusato di crimini a sfondo
sessuale con minori.
Aldo Maturo
I delitti più gravi
commessi contro i costumi o nella celebrazione dei sacramenti sono giudicati
quindi da questa Congregazione, che rappresenta il Supremo Tribunale Apostolico
della Chiesa.
Le
sue sentenze, emesse nei limiti della propria competenza, non sono soggette
all’approvazione del Sommo Pontefice. Il Collegio è presieduto dal Prefetto o
dal Segretario della Congregazione, che nomina gli altri cinque giudici.
L’accusa e la difesa sono affidate a sacerdoti dottori in diritto canonico
mentre un altro sacerdote svolge le funzioni di cancelliere.
La Congregazione
ha facoltà di deferire direttamente alla decisione del Sommo Pontefice i
casi più gravi, specialmente quando si è accertato che il delitto è
manifestamente avvenuto ed è stata data al reo la facoltà di difendersi. Al
Papa è affidata la decisione in merito alla dimissione dallo stato clericale o
alla deposizione, insieme alla dispensa dalla legge del celibato. Le cause di
questo genere sono soggette al segreto pontificio.
Queste alcune delle
norme procedurali contenute “De gravioribus delicti”, la normativa che
disciplina i delitti più gravi, rivisitati dalla Congregazione per la Dottrina
della Fede e approvati dal Papa il 21 maggio 2010.
Di particolare
importanza il comma 1 dell’ Art. 6, ove si legge che i delitti gravi
contro i costumi, riservati alla giurisdizione della Congregazione, sono:
1° Il delitto contro
il sesto comandamento (non commettere atti impuri) commesso da un chierico con
un minore di diciotto anni ( = pedofilia). Viene equiparata al minore la
persona che abitualmente ha un uso imperfetto della ragione;
2° L’acquisizione o la detenzione o la divulgazione, a fine di libidine, di immagini pornografiche di minori sotto i quattordici anni da parte di un chierico, in qualunque modo e con qualunque strumento.
Quelli dell’art.6
sono quindi considerati delitti particolarmente gravi. Il prete che li compie è
punito anche con la dimissione o la deposizione. La prescrizione per questi
delitti è di 10 anni ma per quelli commessi da un chierico a danno di minore la
prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il minore ha compiuto il
18° anno di età.
Alla 61ª Assemblea
Generale dei Vescovi italiani, svoltasi a maggio 2010, il Card. Bagnasco
aveva sottolineato che la pedofilia è “un peccato terrificante, un reato che
riguarda sia la società che la Chiesa, che fa parte della società”, aggiungendo
che “…i sacerdoti sono ogni giorno a servizio del bene di tutti” e “i
casi di indegnità non possono oscurare il luminoso impegno che il clero
italiano nel suo complesso, da tempo immemore, svolge in ogni angolo del
Paese”.
In teoria la Chiesa
si è dotata degli strumenti giuridici idonei per perseguire questi reati. In
realtà il fenomeno persiste.E’ un crimine enorme, per dirla con il
dimissionario Papa Ratzinger o è terrificante, per dirla con il Cardinale
Bagnasco. Il Segretario della CEI ha ammesso che nell’ultimo decennio ci sono
stati in Italia un centinaio di casi. E non sarebbe poco se pure fossero tutti.
La Conferenza
episcopale americana (la CEI italiana) in uno studio commissionato nel 2004
aveva scoperto che il 4% dei sacerdoti e diaconi in America – pari a 109.694
unità – negli ultimi 50 anni era stato accusato di crimini a sfondo sessuale
con minori.