Giorgio Giacinti - (Foto Il Menestrello) |
A Fossombrone per
tutti era “Giorgio” e non serviva altro per indicarlo. Se proprio era
necessario si aggiungeva “ ‘el fiol del ciavattin”, identità di certo più nota
rispetto all’anagrafico Giacinti.
Con la sua
personalità è stato uno dei personaggi più caratteristici e noti di
Fossombrone, per molti un amico, per tanti un simpatico “caciaron”.
Messo Comunale,
svolgeva il suo ruolo con dignitosa professionalità. Il suo tavolo di lavoro,
in un angolo buio del salone centrale del Municipio, era punto di riferimento
per tanta gente semplice, che da lui passava per essere guidata nei corridoi
della burocrazia. Il ruolo lo gratificava e, a chi lo ringraziava per la sua
disponibilità, dava una paccata sulla spalla accompagnata dall’ immancabile
“..va là, lascia gì..”.
Nel pomeriggio, era
difficile vederlo da solo, più facile trovarlo al bar o dal suo amico del
cuore, Mario l’oroluger, ‘el Gnugn per gli amici, nella bottega del Corso di
fronte alla Chiesa di San Filippo.
Giorgio e Mario
Simoncelli sono state le prime persone che ho frequentato a Fossombrone.
Umili ma ricche di umanità, di loro ho apprezzato la semplicità e la
fedele amicizia. Mi hanno aiutato ad inserirmi in quella comunità e mi
hanno guidato nella storia del paese giorno per giorno. Attraverso di loro ho
conosciuto persone, cultura, tradizione e dialetto locale, che ho imparato
grazie alla loro disponibilità di tradurmi contestualmente in italiano quello
che altrimenti non avrei potuto capire in dialetto.
Il passaggio serale
dal “Gnugn” era l’appuntamento fisso di una giornata che volgeva al
termine. Luogo di socialità e di gossip paesano, fra quelle mure impregnate
di Malboro si attendeva la serata, da spendere in qualche trattoria. “Gim giò’”
significava invece andare alla “Marina”, tra le luci di Riccione.
La sensibilità di
Giorgio la si apprezzava anche nei suoi hobby di orafo e di pittore.
Negli anni ’80 aveva aperto un suo laboratorio in Via Roma, a pochi passi
dal semaforo del Ponte, e lì passava interi pomeriggi a creare bellissimi
anelli e monili, veri pezzi unici in stile azteco. La sua passione
poliedrica per l’arte la esprimeva anche nella pittura, dove riportava
fedelmente su tela gli angoli più suggestivi dei posti che amava, o nei
pannelli di rame, che lavorava pazientemente con immagini in
bassorilievo riprese dalla mitologia.
La sua voglia di
vivere era stata penalizzata negli ultimi anni da qualche parentesi
negativa, superata solo grazie all’affetto della sua famiglia. Quando sembrava
che la vita gli risorridesse era arrivata la svolta finale, il male
che ha combattuto coraggiosamente perdendo inevitabilmente quest’ultima
partita.
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Da "Cronache e...dintorni" - Aldo Maturo - Ed.Nous 2014