Una giornata-tipo di una famiglia
italiana vissuta come se sparissero, all’improvviso, tutti i lavoratori
stranieri.
Sono le otto ma a casa di Gregorio
c’è un silenzio assoluto. Non si sente il gustoso aroma di caffè che ogni
mattina inebria l’aria né il solito chiacchiericcio tra Deborah, la figlia più
grande, e Bogena, la colf polacca. Stranamente non si sente neppure la lagna
del piccolo Alberto che, per non alzarsi, ficca la testa sotto le coperte
facendo i soliti capricci.
Ma cosa succede stamattina? Si alza
di corsa anche Franca, la moglie di Gregorio: “Sono le otto? Ma dove diavolo è
finita Bogena?”. “Boh, vai a a svegliarla, si sarà rotta la sveglia.” Tutti
corrono alla conquista del bagno. La signora Franca va nella camera di Bogena
ma la trova vuota, il letto intatto, le tapparelle abbassate.
“Accidenti e
adesso chi li accompagna i figli a scuola? Gregorio vai tu?” “Io non posso,
devo andare subito in cantiere” “ Va bene, sei sempre il solito. Ma non
possiamo lasciare solo il nonno. Va bene, dai, tanto Felipe ha le chiavi” Dopo
pochi minuti la Franca è in macchina con i bambini. Il traffico è stranamente
ridotto ma davanti alla scuola c’è una gran fila e tante mamme a chiacchierare.
“Ma cosa succede stamattina?”. Le maestre sbarrano l’ingresso: “La scuola è
chiusa, il Provveditorato ha soppresso alcune sezioni per mancanza di bambini” “Sì,
erano per metà stranieri. Sono tutti spariti con le famiglie. Senza bambini non
si raggiunge il numero minimo e le insegnanti rischiano anche il posto”.
La Franca non ha tempo per pensare.
Telefona a casa per sapere se è arrivato Felipe, il filippino che accudisce il
nonno. “Non è arrivato nessuno” risponde il vecchietto “e adesso chi mi
accompagna alla posta a prendere la pensione?” “Ti accompagno io” risponde
Franca. Chiama in ufficio per avvisare del ritardo ma il Capo è imbestialito.
Mancano quasi tutte le impiegate perché le baby-sitters sono sparite e loro
hanno telefonato chiedendo un giorno di permesso perché non sanno a chi
lasciare i bambini.
Franca comincia a perdere la calma.
“Porto il nonno alla posta – pensa – e poi vado a fare io la spesa”. Arriva a
casa e trova il vecchio seduto sul pianerottolo. Si è vestito da solo ma è
senza il calzino sinistro e la camicia ha i bottoni sbilenchi. Lo aiuta a
vestirsi e dopo un po’ raggiunge la Posta dove trovano tanti anziani che fanno
sit-in davanti agli sportelli. Saltellano urlando “Chi-non sal-ta infame-è”.
L’INPS ha bloccato tutte le pensioni
del mese essendo venute a mancare le contribuzioni dei lavoratori immigrati,
scomparsi nel nulla. Perciò niente pensioni fino a nuova disposizione.
La donna prende il nonno che
saltella e lo carica di peso in macchina. Decide di andare al mercato
presagendo che Bogena non lo avrebbe fatto quella mattina. Riparte, solito
traffico fino al mercatino del quartiere. Il mercato è chiuso.
Per mancanza di
operai stagionali, africani e albanesi, le bancarelle non hanno potuto
approvvigionarsi di pomodori, carote, piselli. Le mele del trentino sono
rimaste sugli alberi e nessuno ha raccolto le mele annurche napoletane o
tagliato l’insalatina di Val Trebbia. Franca decide di fare una breve corsa al
vicino supermercato. Chiuso anche quello. Non si sono presentati al lavoro i
commessi senegalesi, le donne delle pulizie capoverdiane, i facchini macedoni.
Franca è distrutta, il nonnetto
comincia a dare i numeri. Bisogna passare a riprendere i bambini parcheggiati
dagli amichetti. Davanti al portone di casa trova il marito, sudato, la bava
alla bocca. E’ tornato prima dal lavoro perché al cantiere non c’è nessuno. Gli
edili marocchini e iugoslavi non si sono presentati al lavoro, due contabili
pakistani assenti, il cantiere è senza controllo perché il ragazzo rumeno
addetto alla guardiania non ha fatto sapere niente.
La moglie gli chiede perché è tutto
sudato. “Perché sono rimasto senza benzina e in tutta la zona i distributori
sono tutti chiusi visto che i benzinai extracomunitari non si sono presentati
al lavoro. Ho fatto dieci chilometri a piedi”
In quel momento esce dalla guardiola
la portiera, in lacrime. Il marito, un bravissimo signore peruviano con cui è
sposata da dodici anni, è sparito anche lui.
Gregorio decide di risollevare il
morale della moglie. “Basta, andiamo a mangiare qualcosa alla pizzeria da
Righetto”. Pochi minuti e sono al locale ma Righetto è solo. Il pizzaiolo e il
cameriere, entrambi egiziani, si sono volatilizzati e il forno è rimasto
spento.
Non si arrende. Qualche passo in più
fino alla vicina trattoria, ma anche questa non lavora perché non ha camerieri.
Il ristorante cinese, dall’altra parte della strada, non ha nemmeno aperto.
Poco male per aver saltato il
pranzo, ma si viene a sapere che 15.000 cinesi sono spariti anche a Prato
lasciando più di duemila telai fermi, proprio loro che lavoravano giorno e
notte, 24 ore su 24, tutti i giorni per fare maglie, borse, cinte, pellami e
fornire migliaia di grossisti e ditte in tutta Italia. Spariti i cinesi nel
Pratese, molte scuole sono rimaste chiuse, i bar sono senza clienti, i negozi
di alimentari non sanno a chi vendere quintali e quintali di riso.
A Mazara del Vallo i pescherecci non
sono usciti per mancanza di tunisini, che rappresentano la maggioranza degli
uomini di equipaggio. Nel Modenese le fabbriche di mattonelle sono ferme perché
gli operai africani non si sono presentati al lavoro, a Mondragone niente
mozzarella perché i ghanesi hanno disertato le fattorie, a Villa Literno,
abbandonata da diecimila stagionali, i pomodori sammarzano marciscono a terra.
Perfino l’Osservatore Romano è
uscito con un titolo a nove colonne: duecento chiese chiuse per mancanza di
preti stranieri. In un paesino del piacentino il sindaco leghista ha rischiato
di essere linciato perché gli abitanti hanno pensato che avesse mandato via lui
gli stranieri.
Gregorio e Franca tornano a casa
distrutti. La famiglia si mette attorno al tavolo per la cena ma la tensione è
alle stelle. Il telegiornale manda in onda le dichiarazioni catastrofiche del
Ministro delle Finanze, il Pil è ai minimi storici, l’Italia è in crisi.
Gregorio dopo cena decide di andare
al bar a bere qualcosa per dimenticare quella terribile giornata. Torna a notte
fonda, la camicia strappata e un occhio pesto. Al buio ha scambiato la bella
farmacista di zona, una vistosa mora di origini romagnole, per un viado
brasiliano.
(Liberamente tratto e rielaborato da
un articolo di Massimo Ghirelli, da Diario n.43, 1999, scritto in occasione del
1° marzo 2010, Prima giornata europea dello sciopero degli stranieri)
Da "Cronache e...dintorni", Aldo Maturo, ediz.Nous, 2014)