I riprovevoli safari della morte con i cecchini di Sarajevo. “Pum, una gamba. Pum, una spalla. Pum, un bambino: 100mila euro”. Prendevano la mira con i loro fucili col cannocchiale ad alta precisione e uccidevano i cittadini che erano andati a comprare qualche verdura e qualche frutto nella piazza del mercato. La gente cadeva a terra come pere cotte. Sparare ed uccidere esseri umani, come fossero trofei di caccia: la procura di Milano indaga su “turisti di guerra” italiani che, durante l’assedio di Sarajevo, avrebbero pagato per assassinare impunemente.
Alessandro
Agostinelli – da Il Riformista
30 Novembre 2025
Le parole vorrebbero descrivere azioni che non hanno modo di essere comprese. Si fatica a riconoscere di appartenere alla stessa specie, perché se l’umanità non è buona per natura (checché ne dicesse Rousseau) e se la violenza fa parte di noi, l’essere abietto che paga per andare a uccidere per gioco un altro essere umano non può far parte del consesso sociale. Caino uccide il fratello Abele per gelosia. Alessandro Magno uccide l’amico Clito per rabbia e ubriachezza. Perfino Himmler rispondeva a un’etica: quella oscena e terribile dello sterminio ebraico, un’industria di morte irricevibile. Eppure non era un gioco.
Il tiro al bersaglio. Un bambino: 100mila euro. Così guadagnava l’esercito serbo
Non so come sia possibile pagare dei soldi per partire dalla cucina di casa propria, una casa dove ci sarà un frigorifero con le stesse cose da mangiare che ci sono nei frigoriferi, delle sedie, un letto, una tv e uno specchio in bagno dove controllare il rasoio che scorre sotto il mento e taglia la barba. Gestivano questo schifoso circo militari serbi che provvedevano a trasportare in elicottero i cecchini turistici fino alle colline sopra Sarajevo. Poi ci si apposta in un luogo sicuro da dove si osservano bene le prede giù in fondo, si imbraccia il fucile di precisione, si accosta il mirino all’occhio buono. Pum, militare, 60mila euro. Pum, civile adulto, gratis. Pum, bambino, 100mila euro. E l’esercito serbo guadagnava soldi in questa maniera, facendo uccidere “nemici” indifesi per gioco.
Safari della morte, la testimonianza
Sarajevo sta al fondo di un catino. Intorno c’è una collana di alture che incombono sulla città. Da lì sopra i serbi hanno messo sotto assedio il luogo più facile del Mondo da mettere sotto assedio. Quando sono arrivato in città nell’estate del 2000 c’era ancora il puzzo della guerra. Parcheggiata l’auto mi incamminai verso la piazza del mercato, che era stata protagonista di uno degli eccidi più odiosi mai visti: i cecchini prendevano la mira con i loro fucili col cannocchiale ad alta precisione e uccidevano i cittadini che erano andati a comprare qualche verdura e qualche frutto nella piazza del mercato. La gente cadeva a terra come pere cotte. Svoltato un angolo vidi passare un’utilitaria a velocità sostenuta in una strada stretta. Inchiodò a 30 metri da me, davanti all’entrata di un bar. Dal finestrino uscì un braccio che impugnava una pistola. Sparò 4 colpi. Sgommò e fuggì. Mi ero appiccicato al muro. Sul marciapiedi davanti una vecchia era ferma col carrellino della spesa, due ragazze correvano via, un signore accucciato teneva le mani sulla testa di qualcuno. Dal bar uscirono due uomini urlando, tenevano in braccio una ragazza che lasciava una strisciata di sangue in terra. Fermarono una macchina che stava passando. Caricarono la donna e sparirono lungo la strada.
Sarajevo non era più una città
In questo posto che non era più una città, dove alcuni edifici (come la stazione centrale e la biblioteca) erano bombardati e altri bucherellati dai proiettili peggio di un groviera, ci sono stati dei viaggi di divertimento, chiamati “safari della morte” in cui gentaglia pagava per far fuori persone inermi, che diventavano soltanto bersagli, pezzi di corpo. Pum, una gamba. Pum, una spalla. Pum, il torace, il cuore. Bersaglio colpito. Obiettivo terminato. Questa dei cecchini di Sarajevo è la cosa più riprovevole, infame e merdosa che abbia udito nell’arco della mia esistenza.
Vedi anche :
https://www.balcanicaucaso.org/cp_article/sarajevo-safari-una-testimonianza-dal-campo/



