domenica 25 giugno 2017

INCENDI: I REATI E LA TUTELA


I boschi ed i pascoli che siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio, per almeno quindici anni.

  Avv. Aldo Maturo, per



 
Secondo l’Unione Europea il 95% degli incendi in Italia è attribuibile all’uomo.  A causa dei nostri incendi boschivi, nel 2015 sono spariti 25mila ettari di boschi, diventati 27mila nel 2016. La geografia degli incendi dolosi non risparmia alcuna regione. Si va tranquillamente dal Lazio alla Sicilia, senza escludere naturalmente le regioni intermedie, e non si risparmia il nord, con  Piemonte e Liguria in testa.




Incendio boschivo (art.423 bis c.p.)

E pensare che il legislatore, con la legge L.353/2000, non era stato indulgente quando aveva previsto, per chi incendia dolosamente i boschi, selve o foreste,  la pena della reclusione da quattro a dieci anni, individuando l’incendio boschivo come autonoma figura di reato e non più come aggravante al reato di incendio (reclusione da tre a sette anni). Alla pena vanno aggiunte le spese sostenute per lo spegnimento e per il risarcimento danni.
Le pene sono aumentate della metà (da sei a quindici anni) se dall’incendio deriva un danno grave, esteso e persistente all’ambiente.

Incendio boschivo colposo (Art.449 c.p.)

Il codice penale punisce anche la condotta di chi, recatosi in un bosco per una passeggiata o per un pic-nic, a causa del suo comportamento incivile ed irresponsabile ovvero per negligenza, imprudenza o imperizia, provoca un incendio.
In questo caso la pena prevista è della reclusione da uno a cinque anni.

La severità legislativa è stata abbastanza virtuale. Dal 2000 al 2013 sono state segnalate complessivamente all'Autorità Giudiziaria, per incendio boschivo, 5.302 persone, mentre solo 171 sono state tratte in arresto o sottoposte a misure di custodia cautelare. (Fonte Corpo Forestale dello Stato).  L’effetto deterrente della pena deve essere stato irrilevante, viste le ricorrenti cronache estive.


Tutela delle aree incendiate

Il legislatore, forse consapevole delle scappatoie del nostro codice penale, era stato lungimirante ed aveva previsto che i boschi ed i pascoli che siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio, per almeno quindici anni.


E’ inoltre vietata per dieci anni, sui predetti suoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive. E’ come dire: Tu mi dai fuoco a zone panoramiche o paesaggistiche con l’intento di poterci poi costruire insediamenti e ville ma io non ti ci faccio costruire per quindici anni (a meno che la licenza non era stata concessa prima dell’incendio). Nel caso di trasgressioni al divieto di realizzare edifici, strutture o infrastrutture, il giudice, nella sentenza di condanna, dispone la demolizione dell’opera e il ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile.

La legge voleva essere un freno contro le speculazioni edilizie: ottima intenzione, ma la cosa ancora una volta non è così scontata e le varie scappatoie del codice hanno vanificato l’apparente fermezza normativa. Vedansi le misure alternative previste dall’ordinamento penitenziario, l’applicazione della condizionale e alcune recenti leggi (Es. DL 92/2014) secondo cui  non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o la detenzione domiciliare se il giudice ritiene che, con la sentenza, possa essere concessa la sospensione della pena.

Competenze dei Comuni

Ma le restrizioni  a tutela dell’ambiente devastato dagli incendi scattano solo se i Comuni fanno annualmente il censimento delle aree percorse dal fuoco, affinchè siano rese note ed ufficiali. Una tale mappatura si scontra con mancanza di personale e priorità di altri interventi e anche in questo caso si resta nel regno delle buone intenzioni.

L’industria dell’incendio

Intanto l’industria dell’incendio e il suo indotto va a gonfie vele e può diventare un vero business per tanti privati. Infatti accanto al personale delle istituzioni deputate ad intervenire (VV.FF., C.F.S. assorbito dall’Arma dei CC dal 1.1.2017 e FF.OO), intervengono con i loro automezzi anche imprese private e migliaia e migliaia di uomini pagati a vario titolo per fronteggiare queste calamità.
I costi per lo Stato sono altissimi, sia in termini di patrimonio ambientale perduto che strettamente economici. Basti pensare che il volo di un Canadair costa 10.000 euro all’ora e quello di un grosso elicottero che porta 10.000 litri di acqua è di circa 5.000 euro l’ora.