Cos'è il caporalato, come funziona, le
pene e la confisca dei beni dopo la legge del 2016, le misure per favorire il
lavoro regolare e le prospettive di una nuova riforma.
da www.studiocataldi.it
I 16 morti di Foggia riportano l'attenzione
sul caporalato, un fenomeno nato nel dopoguerra, che colpisce il Nord e
il Sud d'Italia. Lo sfruttamento del lavoro dei migranti e delle fasce più
povere, soprattutto del meridione d'Italia, viene disciplinato per la prima
volta nel 2011, ma è con la legge n. 199/2016, che introduce il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del
lavoro, che si interviene in maniera più decisa.
Dopo soli due anni però,
se la legge ha avuto il pregio di far emergere ancora di più questo illecito
vergognoso, secondo i Ministri competenti deve essere riformata. Pene più
severe e confisca anche per il datore di lavoro, con l'obiettivo di ridare
dignità ai lavoratori di questo settore così complicato.
Indice:
- Cos'è il caporalato
- Come funziona il caporalato
- Il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro
- Confisca dei beni e pene accessorie
- Controllo giudiziario e rimozione condizioni di sfruttamento
- Misure per favorire il lavoro regolare
- Caporalato, verso una nuova riforma?
Cos'è il caporalato
Il termine caporalato discende dal
termine caporale, ossia colui che per conto dei proprietari agricoli reperisce
manodopera a basso costo. Il caporale infatti è un intermediario il cui
guadagno è rappresentato da un compenso corrisposto sia dal committente che dal
lavoratore.
Come funziona il caporalato
Il caporalato è un'attività che si
concentra nelle mani della criminalità organizzata, con lo scopo di sfruttare
il lavoro dei braccianti, anche se non mancano fenomeni simili nell'edilizia,
nel commercio e nella ristorazione. Queste le condizioni a cui devono
sottostare i lavoratori:
- stipendi" decisamente inferiori ai minimi salariali,
- zero contributi e nessuna assicurazione in caso di infortunio;
- orari di lavoro massacranti che possono raggiungere le 12 ore giornaliere.
Le numerose inchieste giornalistiche di
questi anni hanno evidenziato la trasversalità del fenomeno. A chi pensa che le
vittime del caporalato siano solo i migranti di colore si sbaglia. Moltissimi
anche i cittadini dell'est europeo e del sud Italia, tra i quali molte donne,
impiegate soprattutto nella raccolta della frutta. Le Regioni maggiormente
interessate sono la Puglia e la Calabria, anche se non mancano i caporali
neppure in Emilia, Toscana, Lombardia e Piemonte.
Il reato di intermediazione illecita e
sfruttamento del lavoro
Per contrastare il fenomeno del
caporalato nel 2011 viene emanato il D.L. n. 138 (convertito con modificazioni
dalla legge n. 148 del 14/09/2011), che introduce nel codice penale l'art. 603 bis intitolato
"Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro" in seguito
riformato dalla legge n. 199/2016.
Cosa prevede l'art. 603 bis del codice penale?
Esso punisce con la reclusione da uno a
sei anni e con la multa da
500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chi:
"1) recluta manodopera allo scopo
di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento,
approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;
2) utilizza, assume o impiega
manodopera, anche mediante l'attività di intermediazione di cui al numero 1), sottoponendo
i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di
bisogno."
Chi ricorre a violenze e minacce è
punito con la pena della reclusione da cinque a otto anni e con una multa da
1.000 a 2.000 euro, sempre per ogni lavoratore reclutato. L'articolo precisa
che si ha sfruttamento del lavoro in presenza di una o più delle
seguenti condizioni:
1) la reiterata corresponsione di
retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o
territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a
livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità
del lavoro prestato;
2) la reiterata violazione della
normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo
settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie;
3) la sussistenza di violazioni delle
norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;
4) la sottoposizione del lavoratore a
condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative
degradanti.
Rappresentano aggravanti specifiche
del reato d'intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro:
- l'impiego di più 3 lavoratori;
- il fatto che uno o più lavoratori siano minorenni;
- esporre i dipendenti sfruttati in situazioni di grave pericolo, in relazione al tipo di prestazioni e alle condizioni lavorative.
Confisca dei beni e pene accessorie
L'art. 603 bis 2 c.p. prevede
poi che, in caso di condanna o di patteggiamento per i reati di
intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, oltre ai diritti
risarcitori e restitutori che possono essere vantati dalle persone offese, è
sempre obbligatorio procedere alla confisca dei beni
che sono serviti o sono stati destinati
alla commissione del reato o che ne costituiscono il prezzo, prodotto o il
profitto, a meno che non appartengano a una persona estranea al reato. Nel caso
in cui non sia possibile disporre la confisca dei beni suddetti di cui il
responsabile, anche per interposta persona, ha la disponibilità, si devono
confiscare beni di valore corrispondente al prodotto, prezzo o profitto del
reato.
Il successivo art. 603 ter c.p
prevede inoltre che la condanna per il reato di cui all'art. 603 bis comporta
l'applicazione delle seguenti pene accessorie:
- l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche o delle imprese,
- il divieto di concludere contratti di appalto, di cottimo fiduciario, di fornitura di opere, beni o servizi riguardanti la pubblica amministrazione, e relativi sub-contratti;
- l'esclusione per un periodo di 2 anni (5 in caso di recidiva art 99 comma 2 n. 1,2 e 3) da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi da parte dello Stato o di altri enti pubblici, nonché dell'Unione europea, relativi al settore di attività in cui ha avuto luogo lo sfruttamento.
Controllo giudiziario e rimozione
condizioni di sfruttamento
Se sussistono le condizioni per
procedere al sequestro, il giudice può disporre al posto di questa misura, il
controllo giudiziario dell'azienda in cui cui e' stato commesso il reato di
intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro se l'interruzione
dell'attività' può avere riflessi negativi sull'occupazione e sul valore
economico dell'azienda. Il Giudice nomina inoltre uno o più amministratori
giudiziari che devono affiancare l'imprenditore per garantire il rispetto delle
regole, impedire la reiterazione del reato di sfruttamento e regolarizzare i
lavoratori.
Misure per favorire il lavoro regolare
La legge del 2016 tenta inoltre di
incentivare la regolarità del lavoro agricolo:
- ampliando il novero dei soggetti coinvolti nell'intermediazione dei lavoratori che, tramite convenzioni, possono aderire alla Rete del lavoro agricolo di qualità;
- incrementando i controlli periodici sull'andamento del mercato del lavoro agricolo;
- promuovendo politiche attive del lavoro e di contrasto al lavoro nero;
- incentivando con varie misure il trasporto regolare dei lavoratori agricoli.
Piani di intervento anche per la
sistemazione logistica e il supporto dei lavoratori agricoli stagionali e
obiettivi di riallineamento retributivo nel settore agricolo.
Caporalato, verso una nuova riforma?
Secondo i Ministri degli Interni e
delle Politiche Agricole la legge del 2016 sul caporalato deve essere
riformata.
Pene più severe per tutti i soggetti
coinvolti. Non è sufficiente aumentare la durata della reclusione e le sanzioni
pecuniarie, ma estendere la confisca ai datori di lavoro consapevoli dello
sfruttamento. Il Movimento 5 Stelle, meno critico sui risultati, riconosce la
necessità di rafforzare alcuni punti della legge soprattutto per dare dignità a
chi lavora nell'agricoltura.
(Annamaria Villafrate)
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